di Redazione OAR
Trasformare i tanti cinema dismessi sul territorio nazionale, e a Roma in particolare, in veri e propri «hub culturali», preservando la vocazione cinematorgrafica delle sale ma rivitalizzandole con attività che spazino dai servizi culturali alla ristorazione, dal coworking all’artigianato, fino all’incubazione di nuove start up. È la proposta lanciata dall’Ordine degli Architetti di Roma in occasione – il 24 ottobre 2021 – della prima Giornata nazionale dello Spettacolo, con l’obiettivo di spingere sul fronte della rigenerazione urbana, – quanto mai attuale in tempi di ripresa post Covid19 -, consolidando il legame sinergico e complementare tra ambito dello spettacolo, inteso nel senso più ampio, e architettura.
Quest’anno, osserva Alessandro Panci, presidente dell’Ordine degli Architetti di Roma, «si celebra, per la prima volta a livello nazionale, un giorno dedicato allo Spettacolo, con l’intento – oltre a promuoverne sviluppo, diffusione e fruizione – di riconoscerne il ruolo sociale e il contributo allo sviluppo e all’arricchimento del patrimonio culturale e spirituale della società italiana. Spettacolo e architettura sono due realtà artistiche ed economiche da sempre sinergiche e fortemente complementari, le cui relazioni sono fortissime, a partire dall’ambito cinematografico».
Proprio i cinema, però, attraversano una crisi che appare inarrestabile e che si inserisce in un quadro generale di degrado culturale ed edilizio del nostro Paese: chiusure, abbandono e trasformazione delle sale cinematografiche procedono da anni a un ritmo serrato. I numeri parlano chiaro, come riportato in un recente articolo sulla rivista Micromega (a firma di Silvano Curcio, che sul tema ha diretto e realizzato, in collaborazione – tra l’altro – con gli studenti della Facoltà di Architettura della Sapienza, il docufilm «Fantasmi Urbani», presentato già nel 2013 al Festival internazionale del film di Roma): su tutto il nostro territorio nazionale sono stati chiusi più di 2.000 cinema negli ultimi venti anni; solo a Roma hanno subito la stessa sorte oltre 100 cinema, di cui più di 50 negli ultimissimi anni. E solo lo scorso anno (in piena pandemia da Covid19), i residui 3.440 schermi cinematografici attivi nei superstiti 1.220 cinema mono e multisala si sono ulteriormente ridotti di 500 unità.
In virtù di un simile scenario, «bisogna allargare la riflessione e alla luce delle citate mutate condizioni di diffusione e consumo del prodotto filmico, e interrogarsi se la sala cinematografica abbia ancora un senso e se valga ancora la pena di sedere in sala e far parte del pubblico: noi siamo convinti di sì», afferma il presidente OAR. E avanza una proposta: «In un’ottica di rigenerazione urbana i cinema dismessi, pur conservando la propria vocazione cinematografica, potrebbero diventare dei veri e propri hub culturali, multifunzionali, in grado di ospitare attività che spaziano dalla sperimentazione artistica (teatro, musica) alla ristorazione, da aree per il coworking a spazi per convegni e laboratori, fino a incubatori per start up innovative».
Nel quadro di una «progressiva desertificazione socio-culturale, nella quale, oltre ai cinema, chiudono librerie, teatri, biblioteche – conclude Panci -, gli architetti possono mettere a disposizione le proprie competenze per intervenire su questi spazi, che sono luoghi della memoria collettiva, per recuperarli, restaurarli, conservarli, favorire un loro rilancio». (FN)