Mantenere la possibilità di attuare interventi di sostituzione edilizia in centri storici, aree di pregio e tutelate, sempre nel pieno rispetto dei vincoli e garantendo la massima qualità, anche attraverso il ricorso ai concorsi di progettazione. È questo, a grandi linee, l’obiettivo degli emendamenti al Decreto Semplificazioni (il Dl 76/2020) avanzate dagli Ordini degli Architetti di Roma, Milano, Bologna, Catania, Como, Palermo, Salerno, Sondrio.
Gli architetti, in sostanza, bocciano – e cercano di allentare con proposte di modifica mirate – il blocco pressoché totale di qualsiasi tipo di intervento «contemporaneo» in centri storici ed aree tutelate che scaturirebbe dall’applicazione della versione attuale dell’articolo 10 del Dl 76/2020 (Modifiche al T.U. Edilizia – Dpr 380/01).
I prevedibili effetti della suddetta previsione legislativa, che attua una ulteriore stretta sugli interventi di demolizione e ricostruzione nei contesti tutelati e di pregio (prevedendo, ad esempio, il mantenimento di sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche degli edifici preesistenti) – sottolineano gli Ordini firmatari degli emendamenti – «sono da ritenersi penalizzanti e contraddittori rispetto agli obiettivi dichiarati dallo stesso Dl Semplificazioni, tra i quali spiccano la semplificazione amministrativa e la rigenerazione urbana».
Sottoporre, in modo generalizzato, «il progetto demo/ricostruttivo al rigoroso rispetto della preesistenza, pena la riconduzione dell’intervento alla fattispecie della nuova edificazione, significa impedire di fatto la proposizione dell’intervento stesso». Il risultato sarebbe «la grave penalizzazione dei progetti volti al recupero del patrimonio edilizio esistente e delle iniziative che mirano a conseguire gli obiettivi della stagione urbanistica del futuro, orientata al consumo di suolo zero».
Il rischio denunciato dagli ordini professionali è anche – mantenendo la versione attuale del decreto – quello di difendere, paradossalmente, il «falso storico», tutelando anche edifici che non hanno pregio. Al contrario, osservano gli architetti, «tenuto conto dello scenario edilizio italiano del dopoguerra, che ha visto edificazioni frammentarie, incontrollate e spesso legittimate in via postuma da piani di recupero o condoni edilizi, si pone l’obbligo morale di consentire la sostituzione edilizia di edifici non di pregio, ma comunque esistenti all’interno dei contesti di tutela».
La strada da seguire, inoltre, per alcuni interventi nelle aree tutelate – in termini di conservazione, ma anche di fruibilità – migliorando l’inserimento di volumi esistenti attraverso il recupero – potrebbe essere, laddove possibile, quella del concorso di progettazione (oggetto della proposta di modifica dell’articolo 3, comma 1, lettera d) del Dpr 380/2001): lo strumento più adatto a garantire la massima qualità dei progetti. (FN)