Disorganicità delle norme, incertezze procedurali, differenze tra i territori sempre più accentuate, ma anche gravi contrasti giurisprudenziali, mancanza di visione da parte del pubblico e nessun incentivo per gli investitori privati. Il quadro sul tema della rigenerazione urbana, a livello nazionale, si fa sempre più complesso e confuso: senza un legge nazionale – attesa da decenni -, tra le proteste e le preoccupazioni degli addetti ai lavori, professionisti in testa, con situazioni di stallo e criticità sul territorio: dai piccoli borghi alle grandi città come Roma, dove tutto è fermo, e Milano, dove l’inchiesta della magistratura in corso ha generato un vero e proprio blocco urbanistico.
Sono questi i temi che hanno animato la giornata organizzata dall’Ordine degli Architetti PPC di Roma e provincia lo scorso 10 luglio alla Casa dell’Architettura. L’evento, dal titolo «Le nuove frontiere della rigenerazione urbana – I casi di Roma e Milano» – con il coordinamento scientifico di Lorenzo Busnengo, consigliere OAR – ha visto la partecipazione dei professionisti , architetti e ingegneri, ma anche avvocati, rappresentanti delle amministrazioni pubbliche, delle imprese di costruzione, degli investitori, ed esponenti del mondo della politica. Ed è proprio alla tavola rotonda tra i politici che è stata annunciata, per la prossima settimana, la presentazione al Senato di un testo unificato che sintetizza le proposte di legge avanzate finora dai gruppi dei diversi schieramenti: un possibile punto di ripartenza.
A rimarcare l’urgenza che il Parlamento «metta finalmente ordine sul fronte della rigenerazione urbana – «tema che incide concretamente sulla vita delle persone e sulle possibili trasformazioni di intere aree delle nostre città» -, è stato il presidente dell’Ordine degli Architetti di Roma, Alessandro Panci, sottolineando come «rigenerare sia complesso, in quanto si interviene spesso in zone già edificate, abitate, con specifiche esigenze, tra norme desuete e orientamenti di giurisprudenza contrastanti che alimentano il caos. Serve al più presto una legge nazionale organica». Panci si è poi soffermato sui casi specifici di Roma e Milano approfonditi nel corso dell’evento: «Li mettiamo a confronto perché spesso guardiamo al capoluogo lombardo come città che più di altre in Italia è riuscita a rigenerarsi e a trovare forme per recuperare interi quartieri, per dare respiro alla città stessa. In questo momento emergono, però, tutte le problematiche di applicazione della norma, con una situazione giunta allo stallo totale, senza contare la vicenda del cosiddetto ‘Salva Milano’. Su Roma, le problematiche sono diverse: vogliamo tutti che la città possa crescere, possa rigenerarsi, ma bisogna comprendere le differenze che esistono». Oggi – ha proseguito – vediamo più fermento, rispetto all’immobilismo di cui si è parlato in passato, grazie ai finanziamenti legati alle opere pubbliche, dal Pnrr al Giubileo, cui si aggiungono gli interventi privati». Le difficoltà legate ai tempi, nella Capitale, si legano in parte alla natura delle aree in cui si va a lavorare: «a Milano – sottolinea il presidente OAR – si è trattato spesso di aree industriali dismesse, aree private; nel caso romano parliamo di aree in gran parte pubbliche, dove il processo di modifica e trasformazione è più lungo. Nella Capitale, inoltre, ci si deve anche confrontare con un tessuto storico archeologico estremamente importante, anche all’interno delle nostre periferie. Ovviamente vogliamo andare oltre, vogliamo che la città si trasformi, inizi a ripensarsi. Prima di tutto attraverso la mobilità, comprendendo come possa rigenerarsi con un sistema di spostamento alternativo e funzionante. Riteniamo – ha poi concluso – che uno strumento importante, anche in termini di rigenerazione, debba e possa essere il ricorso ai concorsi di progettazione».
La situazione milanese, quanto mai critica, è stata descritta dal presidente dell’Ordine degli Architetti di Milano e provincia, Federico Aldini: «La rigenerazione urbana è un tema molto delicato in questo momento per la nostra città, perché i casi degli ultimi mesi hanno messo in crisi tutto e diventa urgentissimo intervenire per avere una nuova legge urbanistica nazionale che riveda quella del 1942 e metta ordine nella normativa, così come una nuova scrittura della 380. Le problematiche di contrasto in termini di interpretazione normativa tra leggi nazionali, regionali e comunali stanno sostanzialmente bloccando lo sviluppo a Milano. Per questo serve uno strumento semplice è chiaro, perché sennò questa cosa potrà succedere altre mille volte. Molti professionisti si ritrovano in una situazione paradossale: pur avendo rispettato alla lettera le normative vigenti hanno ricevuto avvisi di garanzia a causa di interpretazioni diverse da quelle che si sono seguite negli ultimi dieci anni. Si tratta di casi di rigenerazione urbana in cui vengono messi in discussione sostanzialmente due argomenti: il primo è la necessità o meno di procedere con dei piani attuativi nei casi di edifici superiori ai 25 metri o con volumetrie superiori a 3 metri cubi per metro quadro, il secondo riguarda proprio la descrizione e la qualifica di intervento di ristrutturazione edilizia: negli ultimi anni tale qualifica è andata a inglobare argomenti inerenti la rigenerazione urbana, e cioè la possibilità di demolire un fabbricato e ricostruirlo con diversa sagoma, sedime, facciate».
Qui la video-intervista doppia al presidente OAR, Alessandro Panci, e al presidente dell’Ordine di Milano, Federico Aldini
A fare una prima sintesi dello scenario emerso è stato Lorenzo Busnengo, consigliere OAR e coordinatore scientifico del convegno. «Come professionisti – ha affermato – viviamo quotidianamente questi problemi eppure non c’è nessuno che li affronta, non c’è un momento di confronto collettivo, un’assenza totale della politica. Quali sono le visioni di trasformazione della nostra città? Cosa vogliamo fare a Roma, a Milano, nei piccoli centri? È necessario mettere in campo gli strumenti adatti ad avviare una trasformazione effettiva. In questo vuoto di visione doblbiamo occupare questi spazi. Superare leggi desuete: una del 1942, l’altra del 1968. Ci sono sentenze del Consiglio di Stato che fanno riferimento a un concetto di rigenerazione che non c’è più, non in termini giurisprudenziali o normativi, ma culturali. Bisogna potare avanti, dunque, una riflessione culturale». Nessuno, oggi – ha concluso – «può credere nella espansione delle città, per le quali l’unica trasformazione possibile è la rigenerazione. Per questo bisogna riscrivere le norme in materia».
La necessità di non poter rinviare ulteriormente l’approvazione di una normativa nazionale, chiara ed efficace, è stata condivisa e rilanciata dai relatori che si sono alternati nel corso del convegno in rappresentanza dei professionisti: dal Presidente dell’Ordine degli Ingegneri di Roma, Massimo Cerri, alla Presidente dell’Ordine degli Architetti di Torino, Maria Cristina Milanese, dal Coordinatore degli Ordini degli Architetti del Sud, Francesco Livadoti, al Segretario della Consulta regionale Ordini Architetti Lombardia, Cristiano Guernieri e a Raffaele Fusco, Federazione interregionale Ordini Architetti Piemonte e Regione Autonoma Valle d’Aosta. Ma anche negli interventi di rappresentanti della pubblica amministrazione, come l’assessore alla Rigenerazione Urbana del Comune di Milano, Giancarlo Tancredi, o del mondo dell’imprenditoria, come Benedetta Bonifati, vicepresidente Ance Roma – Acer.
Ad affrontare i principali nodi degli intricati aspetti giurisprudenziali riguardanti la rigenerazione urbana sono stati gli avvocati Alfredo Stoppa, Alessandro Falasca e Livio Lavitola, indicando i punti focali su cui concentrare la riflessione: il perseguimento delle finalità di rigenerazione urbana, tra discrezionalità e arresti giurisprudenziali; gli interventi di sostituzione edilizia, in particolare sull’incerto confine della giurisprudenza; i limiti alla densificazione e alle altezze come nodo da risolvere per sbloccare la rigenerazione urbana. Il passaggio prioritario per superare l’attuale situazione caotica – hanno concluso i legali – è puntare innanzitutto su una normativa ordinaria e strutturale, superando la logica della straordinarietà e del regime di deroga».
Dal decreto «Salva Casa», all’esame della Camera, al dibattito sugli interventi frammentari riguardanti la riforma del Testo Unico dell’Edilizia (il Dpr 380/2001), fino alla vecchissima legge urbanistica (del 1942), scavalcata da leggi regionali sia in modo organico che su singoli aspetti: gli elementi emersi nel corso del dibattito hanno tratteggiato una situazione di caos di cui la legge sulla rigenerazione è soltanto un tassello. Il momento conclusivo della giornata, la tavola rotonda con i politici, ha però offerto su quest’ultimo punto un possibile punto di ripartenza: il senatore Maurizio Gasparri (Forza Italia) ha infatti annunciato che la prossima settimana sarà presentato – dal senatore Roberto Rosso, relatore della proposta di legge sulla rigenerazione urbana a Palazzo Madama – un testo unificato, che tenta una sintesi delle proposte presentate finora dai diversi gruppi parlamentari, con l’obiettivo di raccogliere un consenso trasversale e accorciare i tempi di approvazione in Aula («entro fine anno sarebbe un grande risultato», ha detto Gasparri). Per la senatrice Anna Rossomando (Pd), se da una parte è fondamentale «approvare una legge che produca omogeneità di disciplina su tutto il territorio nazionale» (anche se «in una direzione opposta all’autonomia differenziata votata dalla maggioranza», ha rimarcato), dall’altra «vanno ritenuti assolutamente inscindibili i temi della rigenerazione urbana e dello stop al consumo del suolo». Nell’approvazione di una legge nazionale omogenea – ha infine osservato il senatore Andrea De Priamo (Fdi) «bisognerà tenere conto anche delle identità e delle specificità dei singoli luoghi». (FN)
Video-interviste e fotografie di Francesco Nariello – Montaggio e post produzione a cura di Giuseppe Felici