Se fosse realizzato sarebbe il più lungo al mondo. La realizzazione del Ponte sullo Stretto solleva, da sempre, questioni di ogni genere sui piani più diversi – tecniche, tecnologiche, sociali, economiche, geologiche, ambientali, burocratiche -, coinvolgendo il più ampio ventaglio di competenze e professionalità. Se ne parla da decenni, ma adesso sembra rientrare nelle intenzioni del Governo, con il primo passo compiuto attraverso la riattivazione della Stretto di Messina Spa integrata nella Finanziaria.
A fare il punto sulla vicenda – con un particolare focus sugli aspetti tecnici, ma non solo, connessi alla realizzazione della grande opera – è stato lo scorso «Il Ponte sullo Stretto di Messina – Una grande sfida tecnica e tecnologica», seminario organizzato dall’Ordine degli Ingegneri della provincia di Roma presso la propria sede, in collaborazione con l’Ordine degli Architetti PPC di Roma e provincia e la Fondazione dell’Ordine degli Ingegneri di Roma. L’appuntamento formativo è stato scandito dall’alternarsi degli interventi di esperti che seguono da anni l’evoluzione e le vicissitudini connesse alla progettazione del «Ponte», entrando «in modo puntuale – si legge nella presentazione dell’evento – sulle problematiche che una simile opera comporta sia dal punto di vista della forma testata nella galleria del vento, che dei materiali da utilizzare, per sua la difficile ubicazione».
A introdurre i lavori, riprendendo i fili che si connettono alla possibile ripartenza dell’iter della grande opera è stato Massimo Cerri, presidente dell’Ordine degli Ingegneri della provincia di Roma. «Per poter realmente rilanciare il Ponte sullo Stretto e restare nei tempi previsti per la realizzazione bisogna pensare ad un intervento legislativo che confermi lo Stretto di Messina Spa nel ruolo di concessionario e consenta il ripristino del quadro contrattuale che ad oggi appare congelato». Così il presidente OIR ha sintetizzato le azioni concrete da intraprendere partendo da alcuni presupposti: «Dopo quarant’anni di studi si è visto come la ‘campata unica’ sia la soluzione di riferimento per la costruzione del Ponte – ha detto -. Su questo fronte la disponibilità di un progetto definitivo è un fondamentale passaggio autorizzativo già superato. Come abbiamo scritto lo scorso febbraio al Governo, riteniamo che per ipotizzare la realizzazione dell’opera con orizzonte 2030 sia necessaria la rimozione del blocco intervenuto a causa della caducazione introdotta dal cosiddetto ‘decreto Passera’. Ciò significherebbe non dovere ripartire da zero, dalla identificazione di committenza e contraente generale, dalla ipotesi di individuare l’impresa affidataria. Dichiarando l’interesse nazionale, la Finanziaria ha già introdotto la possibilità di revocare lo stato di liquidazione della società contraente, entro 90 giorni dal 1° gennaio, ed entro altri 30 giorni, identificare gli organi sociali e rimettere in moto macchina. Forse – ora – è necessario un ulteriore passo: identificare obiettivi specifici, modalità di realizzazione dell’opera che prevedano il partenariato (project financing), una visione più strettamente operativa». Ribadendo la piena disponibilità dei professionisti a offrire le proprie competenze (in tutti i campi dell’ingegneria interessati, tra cui civile, industriale, delle informazioni), Cerri ha ricordato, da una parte, la complessità e, dall’altra, le potenzialità di «un’opera molto sfidante, che con giungerebbe le due sponde di uno stretto la cui distanza varia tra i 3 e i 16 chilometri, con fondali dai 70 ai 2.000 metri, forti correnti marine, presenza di faglie. D’altra parte porterebbe l’Italia – e quindi l’Europa – al centro del Mediterraneo, generando un’occupazione stimata di 118mila risorse, con un investimento complessivo considerando anche le opere connesse di oltre 7 miliardi di euro».
L’impegno a condividere competenze ed esperienze per «fare squadra, attraverso scambi e confronti» è stato ribadito da Alessandro Panci, presidente OAR, sottolineando «l’importanza della collaborazione tra architetti e ingegneri, in particolare in un contesto complesso come l’area metropolitana di Roma». Per quanto riguarda il Ponte sullo Stretto, la riflessione ha innanzitutto allargato lo sguardo su problematiche che, in generale, frenano o bloccano la realizzazione di grandi opere nel nostro Paese. Prima tra tutte il nodo della burocrazia: «Nel caso di una infrastruttura complessa, come il Ponte sullo Stretto, a pesare nel corso degli anni sono state – da una parte – le questioni di carattere burocratico e – dall’altra – la politica. Bisogna fare attenzione: oggi attraverso programmazione e legislazione, sia su Codice Contratti che su Pnrr, sembrerebbe che a far perdere tempo siano progettisti e imprese, così si tagliano sempre più i tempi per progettare e realizzare. Non si intaccano, invece, i tempi burocratici di rilascio nullaosta e di verifica per tutti gli adempimenti necessari». Come Ordine, ad esempio – prosegue – «guardiamo ai concorsi di progettazione, il cui calendario non è quasi mai intaccato dalla progettazione bensì dai tempi per verifiche e nullaosta vari. Anche per il Ponte sullo Stretto, se andiamo a controllare, ci rendiamo conto che è così. Spendere e correre senza avere investito il tempo giusto per progettare e realizzare nel modo migliore, però – conclude -, è molto rischioso e rischia di ripercuotersi sulla qualità delle opere».
Contributo fondamentale per la realizzazione del seminario lo ha dato l’architetto Silvio Salvini, già promotore di un convegno sul Ponte sullo Stretto: questa volta – ha detto – «si approfondiscono gli aspetti tecnici riguardanti la realizzazione di un’opera dalle caratteristiche eccezionali, in termini di complessità e dimensioni: basti pensare alla cantierizzazione necessaria alla sistemazione del ‘cavo’ da ancorare alle due sponde, che potrebbe avere un diametro di 1,3 metri. Tema cruciale – ha aggiunto Salvini – sarà anche la scelta e la qualità dei materiali, con la ricerca scientifica che in questo momento ci propone materiali diversi e resistenti come le fibre. Il seminario scende nei particolari per capire come si realizza una infrastruttura di tale portata, che darebbe una incredibile visibilità anche al territorio siciliano».
A illustrare gli aspetti di cui tenere conto per riprendere il ragionamento sulla realizzazione di una «opera totalmente fuori scala rispetto a quelle concepite fino ad adesso» e sulle difficoltà che la caratterizzano dal punto di vista tecnologico e costruttivo è stato l’ingegnere Fabrizio Averardi Ripari, riprendendo i temi al centro degli interventi che si sono alternati nel corso dell’evento formativo, tra cui: l’iter progettuale, le ragioni e la scelta della soluzione a campata unica, analisi del progetto definitivo, forma e stabilità aerodinamica, geologia e geotettonica, tecnologie costruttive. (FN)