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24 Maggio 2023

OAR | VI edizione della Giornata della Legalità: la lotta alla criminalità passa anche per l’impegno degli architetti

Giunge alla sua VI edizione la Giornata della Legalità dell’Ordine degli Architetti PPC di Roma, un’iniziativa nata da una sfida lanciata da Franco La Torre (figlio di Pio) nel 2018 ed ora invece sostenuta dal Comitato d’onore per il “23 maggio” costituito da Maurizio Artale | Presidente del Centro di Accoglienza Padre Nostro fondato dal Beato Giuseppe Puglisi, Francesco Clementi | Professore di Diritto Costituzionale Italiano e Comparato Università la Sapienza di Roma, Cinzia Esposito | Dirigente presso Roma Capitale, Renato Natale | Sindaco di Casal di Principe e componente Ufficio di Presidenza di Avviso Pubblico, Luigi Savina | Prefetto, Franco La Torre e Christian Rocchi | Past President OAR.

«Guai ad illudersi che possa essere solo un problema di polizia. Bisogna invece risanare e rinnovare lo Stato per dare colpi al sistema mafioso. Occorre una programmazione democratica dell’economia che sposti le risorse dalle attività improduttive a quelle produttive (agricoltura, turismo, industrie). Bisogna instaurare forme di controllo e far crescere una nuova, sana imprenditorialità».

Queste le parole pronunciate nel 1979 da Pio La Torre, politico e sindacalista simbolo della lotta alla mafia assassinato nel 1982, che hanno ispirato la giornata in memoria della strage di Capaci.

Dopo aver affrontato negli anni tematiche come la rigenerazione urbana, la memoria, i giovani, il giornalismo, l’inclusione, è ora la volta delle problematiche tangibili connesse al mondo mafioso e delle potenziali soluzioni per il miglioramento delle condizioni sociali ed economiche, compresi il terzo settore e i beni confiscati alla mafia come strumenti estremamente efficaci di contrasto alla criminalità organizzata ed all’associazione illecita.

“La legalità non è uno strumento retorico, ma di azione nel presente secondo i dettami della Costituzione – ricorda Christian Rocchi – I beni confiscati alle mafie hanno una connotazione iconica attraverso il loro essere un risarcimento postumo alla società divenendo un bene pubblico ed orizzonti di salvezza ed offrendo servizi alla collettività”.

Numerose le esperienze di rigenerazione di immobili di provenienza illecita divenuti servizi utili e attività produttive in grado di generare un potente motore socioeconomico. Tra queste le buone pratiche della Tenuta di Suvignano a Siena sottratta al boss Vincenzo Piazza e gestita dall’Arci Siena aps, ente di terzo settore e Libera Masseria di Cisliano, un’area di 10mila mq trasformata in presidio di giustizia sociale e presa in gestione da Una Casa Anche Per Te Onlus, dove in questi anni sono stati accolti 13mila ragazzi.

Un esempio forte è il poliambulatorio di prossimità di Brancaccio, quartiere palermitano tristemente noto per l’uccisione di Padre Pino Puglisi da sempre impegnato nella lotta alla mafia locale, in un bene sottratto alla malavita, che può fare la differenza tra la vita e la morte in un quartiere in cui dilaga il disagio sociale.

È tuttavia sulla burocrazia che i beni confiscati alla mafia trovano la resistenza maggiore.

“Le lungaggini burocratiche riducono l’efficacia della norma – spiega Maurizio Artale – Un bene sequestrato rimane terra di nessuno per molti anni prima di trovare un reale utilizzo. Prima venivano dati ai Comuni e riassegnati a privati secondo il libero arbitrio spesso sulla base di favoritismi. Poi, per un affidamento più trasparente, sono subentrati i bandi che hanno allungato i tempi fino a cedere all’incuria il bene, dando il fianco alla mafia per gioire dell’insuccesso dello Stato. Ora, con l’avvento dell’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, ai Comuni viene tolta l’incombenza di occuparsene e vengono messi a bando sia la gestione dell’immobile che le risorse finanziarie per ristrutturarlo”.

Un meccanismo dunque complesso, seppur virtuoso, per garantire che l’affidamento vada davvero a buon fine, ma che spesso si incastra nella maglia delle procedure per colpa di soggetti che tentano di appropriarsene per scopi illeciti.

Snellire i procedimenti iniziali di recupero e di gestione è un tassello imprescindibile per colpire la mafia nei suoi sistemi di potere e possesso, senza dimenticare il potere della cultura che combatte l’ignoranza fortemente spalleggiata dall’illegalità.

Questo il meccanismo che Maurizio Artale vuole scardinare, portando i ragazzi del Centro di Accoglienza Padre Nostro in vacanza in Svizzera per aprire la mente, conoscere realtà diverse e toccare con mano una diversa normalità.

Formazione e scuole diventano dunque indispensabili per convincere le persone con un certo vissuto che un mondo profondamente diverso è possibile.

Ricordava Pio La Torre che l’art. 416 bis, che istituisce il reato dell’associazione a delinquere di stampo mafioso, impone di colpire, oltre le associazioni colluse, anche appalti e concessioni, a riprova di come il ruolo dell’architetto sia fondamentale affinché il malaffare non si impadronisca del patrimonio pubblico, contrariamente a quanto successe negli anni ’50 quando, assessore Ciancimino, furono firmate 2 mila concessioni edilizie in una notte, dando vita al sacco di Palermo.

“Rigenerare città e riqualificare territori sono strumenti per evitare che forme di mafia si annidino – osserva Alessandro Panci | Presidente dell’Ordine degli Architetti PPC di Roma – Gli architetti intervengono anche in maniera diretta nella lotta alla criminalità attraverso il recupero dei beni confiscati. Contribuiamo alla legalità ogni giorno intervenendo sugli spazi di vita dei cittadini”.

Sono dunque molte le strategie che gli architetti, insieme ad altre professionalità, possono mettere in campo per trasformare i non luoghi fisici, spesso di pari passo con i vuoti sociali e dell’anima, in spazi urbani compiuti e di fermento vitale. Basti pensare a quello che sarebbe stato oggi Corviale, se dietro avesse avuto un ragionamento sociopolitico compiuto che impedisse di ghettizzare, ma che anzi favorisse la mescola sociale. L’architetto quindi assunto a demiurgo che riceve diverse spinte e le trasforma in miglioramento vero.

Si chiama a sostegno la modernizzazione e la semplificazione della norma, a favore di processi certi e chiari che favoriscono la legalità.

“È necessario riformare la legge urbanistica per colmare il gap che ci separa dal 1942, anno dell’emanazione – osserva Giovanni Maria Flick | Presidente emerito Corte costituzionale – L’architetto ricopre una posizione essenziale che mette al centro della professione la condizione umana e la solidarietà, in un’era in cui tempo, spazio e relazioni sono ridotte per la diffusa logica del profitto. Necessario anche appianare il divario tra quotidianità del lavoro di architettura e archistar, riscoprendo l’impegno sociale”.

Molteplici, dunque, le professionalità che possono contribuire alla lotta alla mafia, nella piena convinzione che la forza è nell’impegno del singolo che diviene vittoria collettiva.

“La Giornata della Legalità è memoria ed al tempo stesso futuro nella scelta di impegno che parte dall’idea che responsabilità e partecipazione vanno di pari passo in un’Italia migliore – commenta Francesco Clemente | Professore di diritto Costituzionale Italiano e Comparato Università la Sapienza di Roma – L’iniziativa dell’OAR consente di riflettere su tre punti: ricordare chi ha dato la vita per aver reso un esempio il lavorare a servizio del Paese; trasformare la memoria delle gesta e delle scelte di queste grandi figure in realtà concreta e in speranza per il futuro, come ha auspicato il Presidente Mattarella; traghettare sotto i vari aspetti la dimostrazione che legalità è innanzitutto partecipazione alla vita della comunità”.

di Giulia Villani

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