Il cosiddetto “Salva-casa” entra nella fase operativa: la Regione Lazio dovrà adeguare la normativa regionale, partendo dalla definizione di “variazione essenziale”. Saranno pubblicati chiarimenti, circolari da parte delle amministrazioni centrali e locali, insieme alla nuova modulistica. Positivo il giudizio complessivo sulle nuove disposizioni, che vanno nella direzione della semplificazione, ora l’Ordine degli Architetti di Roma e Provincia seguirà le evoluzioni e sarà a servizio degli architetti e delle amministrazioni per risolvere le criticità operative, dando già appuntamento per l’11 dicembre con un nuovo webinar per fare il punto sullo stato dell’arte delle novità normative e dei relativi chiarimenti.
È quanto è emerso dal primo incontro dedicato alle tante novità del “Salva casa”, organizzato dall’Ordine degli Architetti di Roma e Provincia e che ha coinvolto tecnici delle amministrazioni e avvocati amministrativisti. Un incontro nato per fare luce sulle novità e iniziare a ragionare, insieme agli esperti, sui punti della legge che sono più difficili da interpretare.
Positivo l’intervento normativo, ma serve una riforma organica del Testo unico dell’edilizia
«A questo incontro ne seguiranno altri non appena si avranno sentenze, chiarimenti, pareri che ci aiuteranno a fare chiarezza su alcuni punti della norma», ha affermato Alessandro Panci, presidente dell’Ordine degli Architetti di Roma, che giudica «positivi alcuni interventi normativi» inseriti nel Salva-casa, ma «sarebbe stato auspicabile – ha sottolineato – avere una riforma organica del Tu dell’edilizia»
«Abbiamo lavorato insieme ad altri Ordini – ha proseguito il presidente – per modificare il Testo unico dell’edilizia, senza sconvolgerlo, ma inserendo una serie di princìpi in un testo organico in modo che permettesse di operare in modo più cosciente sul nostro patrimonio», ha ricordato ancora Panci. Se l’impegno degli Ordini per la revisione dell’intero testo unico non ha ancora sortito effetti; più fortunato è stato il lavoro che ha puntato a rettificare il “Salva-casa” nella sua fase di conversione. Un’azione che ha portato alla eliminazione dell’obbligo per il professionista – nel caso delle tolleranze – di verificare che l’applicazione di queste non comportasse limitazioni dei diritti dei terzi. Un esito che il presidente Panci ha rivendicato con orgoglio, ricordando «il lavoro svolto all’unisono con altri Ordini».
«Le modifiche al Tu ad opera del Salva casa proprio perché non fanno parte di una riforma organica creano alcune problematiche di lettura. Siamo tutti convinti che per alcuni aspetti il “Salva-casa” abbia un carattere innovativo che va verso la semplificazione e verso lo sblocco di una serie di situazioni che rendevano in alcuni casi impossibile trasformare la città e giungere ad una progettazione di qualità», ha rimarcato il consigliere dell’OAR, Lorenzo Busnengo, che ha poi ha illustrato in modo puntuale e dettagliato i diversi articoli modificati, evidenziando alcune le criticità a cui i relatori chiamati ad intervenire hanno cercato di dare un’interpretazione.
«Il “Salva-casa” è un ottimo punto di partenza: esprime la consapevolezza che dal punto di vista urbanistico qualcosa deve cambiare», secondo Franco Romano, membro del Comitato tecnico per la formazione dell’OAR, mettendo subito dopo in evidenza la necessità di avere chiarimenti dagli organi competenti, anche da parte dei comuni. L’architetto ha poi ricordato la data del prossimo webinar che si terrà l’11 dicembre, cui seguirà un altro appuntamento con il nuovo anno.
Criticità interpretative sullo stato legittimo
Si sofferma sulle modifiche alla definizione di stato legittimo, Piero Presutti, dirigente del dipartimento Programmazione e attuazione urbanistica di Roma Capitale. In particolare, sotto la lente finisce una condizione specifica, quella che consente di utilizzare, per la definizione dello stato legittimo, l’ultimo titolo abilitativo che ha interessato l’intero immobile o l’intera unità immobiliare. Questa possibilità, che permette di non andare a ricercare titoli risalenti, si può far valere «a condizione – dice la legge – che l’amministrazione competente, in sede di rilascio del medesimo, abbia verificato la legittimità dei titoli pregressi». Un passaggio, questo, che si presta a interpretazioni.
«Le amministrazioni su questo punto dovranno prendere una decisione, sperando che il governo ci anticipi magari con una circolare esplicativa, perché è presente un’incoerenza che salta subito agli occhi: nella prima parte (del comma 1-bis, articolo 9-bis del Tu, nda) si parla di titolo rilasciato o assentito, facendo riferimento espresso anche alle Scia; non solo ai titoli espressamente rilasciati, successivamente – nello stabilire la condizione che consente di far valere l’ultimo titolo – la legge sembra far riferimento solo ai titoli espressi e non ai titoli assentiti», rileva Presutti. «Bisogna fare una lettura sistematica della norma, cercando di capire quale fosse il fine del legislatore», aggiunge. Da tale lettura, secondo l’ingegnere «si può ragionevolmente dire che i titoli assentiti sono sottoposti alla condizione che il tecnico asseverante abbia correttamente dichiarato nella modulistica unificata, da quando c’è, e precedentemente nella relazione asseverata, l’elenco dei titoli pregressi che hanno autorizzato la costruzione dell’immobile. Se questa dichiarazione non c’è, secondo me la Scia non può essere utilizzata per lo stato legittimo (questo nel caso in cui si voglia far valere l’ultimo titolo che ha interessato l’intero immobile o l’intera unità immobiliare, nda)».
Varianti ante ’77, nel Lazio serve definire le variazioni essenziali
Come già rimarcato dai precedenti relatori, anche Alessandro Falasca, avvocato, torna sulla necessità di modificare la legge regionale per definire cos’è la “variazione essenziale”. Lo fa in riferimento all’articolo 34-ter che introduce la possibilità di regolarizzare le varianti in corso d’opera che costituiscono parziale difformità dal titolo rilasciato prima della data di entrata in vigore della legge Bucalossi (legge 10 del 1977). «Invito la Regione – afferma – a chiarire ciò che è variazione essenziale, perché questa definizione è il discrimine tra la comprensione o meno di un intervento all’interno dell’articolo 34-ter, in quanto tale articolo non comprende la possibilità di regolarizzare le variazioni essenziali».
Regime esteso per le tolleranze
L’avvocato Falasca esamina anche un’altra novità introdotta dall’articolo 34-ter, che estende il regime delle tolleranze alle parziali difformità realizzate durante i lavori assentiti da un titolo abilitativo, purché sia stata rilasciata l’agibilità o l’abitabilità e a condizione che le difformità siano state accertate all’esito di sopralluogo o ispezione dai funzionari incaricati di effettuare verifiche di conformità edilizia. Inoltre, alle verifiche non deve essere scaturito un ordine di demolizione o di riduzione in pristino.
«Ricordiamo che – sottolinea Falasca – i funzionari comunali fino al ’95 erano deputati a svolgere le attività propedeutiche al rilascio del certificato di agibilità che, dopo il ’95, con l’entrata in vigore del Dpr 425 del 1994, sono state devolute al direttore dei lavori». Dunque, la citata disposizione che estende il regime delle tolleranze è – chiarisce sempre Falasca – «valevole fino al ’94».
La nuova disposizione afferma anche che la certificazione di abitabilità o di agibilità nelle forme previste dalla legge, deve essere non annullabile ai sensi dell’articolo 21-nonies della legge 7 agosto 1990, n. 241. Si tratta – secondo Falasca – di una «previsione non ridondante che precisa che l’agibilità o abitabilità deve essere un titolo legittimo e quindi non annullabile ai sensi art. 21 nonies. La ridondanza potrebbe apparire nel fatto che qualsiasi provvedimento amministrativo, agibilità e abitabilità comprese, possono rilevare ai fini della disposizione di legge. Qui il legislatore ha forse inteso dare un ammonimento agli operatori affinché verifichino bene che i titoli conseguiti ai fini dell’applicazione di questa norma non abbiano dei vizi di false attestazioni o false dichiarazioni che superano il limite dei 12 mesi dell’annullamento di autotutela previsto dalla legge 241 del 1990».
La modulistica unica
Affronta il tema dei modelli unici standardizzati, Salvatore Di Bacco, membro del Comitato scientifico Unitel – Unione nazionale italiana tecnici enti locali.
Di Bacco ricorda «l’accordo della Presidenza del Consiglio dei ministri siglato nella Conferenza unificata del 2017 che riporta, integrando il famoso Dlgs 222 del 2016 e 126 del 2016, un accordo per l’adozione di moduli unificati e standardizzati per la presentazione delle segnalazioni, comunicazioni e istanze. La riforma Madia ha obbligato le regioni e i comuni a recepire e pubblicare sui loro siti istituzionali i modelli unificati e standardizzati». «Il primo elemento critico che ho segnalato sin dall’inizio – prosegue – è la necessità di avere un modello unico digitale edilizia aggiornato con il “Salva casa”, poiché questo stravolge totalmente i vecchi moduli».
Accertamento di conformità (art- 36-bis)
Passa ad esaminare il nuovo accertamento di conformità in sanatoria, Livio Lavitola, avvocato amministrativista, docente alla Luiss Business School e consulente dell’OAR
Secondo l’avvocato, sulla conformità alla disciplina edilizia, il comma 3 dell’articolo 36-bis «non è esaustivo, ma quanto meno indicativo. Si chiede la dichiarazione resa con riferimento alle norme tecniche vigenti al momento della realizzazione». Ma cosa sono le norme tecniche? «Anche studiosi tecnici – afferma Lavotola – dicono che rientrano nel regime dell’edilizia, e quindi a questo dobbiamo essere conformi, tutte quelle norme di carattere tecnico necessarie per eseguire la costruzione, senza invasività sull’aspetto urbanistico». «Per esempio – prosegue -, le norme tecniche oggi sono classificate e cristallizzate nel Dm Mit 17 gennaio 2018 e comprendono: le disposizioni sulla progettazione sismica, sull’efficientamento energetico, le disposizioni igienico-sanitarie, cioè tutto ciò che va letto in senso squisitamente tecnico». « Queste sono valutazioni, argomentazioni che stanno emergendo – avverte – ma non ho certezza che si possa interpretare così, ho voluto darvi alcuni spunti, sarà la giurisprudenza a farci capire se siamo nell’ambito di questo range».
Riguardo sempre al nuovo accertamento di conformità, secondo Lavitola ci sarebbero «criticità anche per la possibilità da parte dello sportello unico dell’edilizia di dare delle prescrizioni, condizionando il rilascio o il perfezionamento della Scia, nell’ambito della sanatoria postuma, ad alcuni interventi». «Qui c’è un tema incombente molto importante – rileva Lavitola – che crea anche problemi di tempistiche e carico di lavoro allo sportello unico dell’edilizia oltre che un obbligo ma non un limite alla discrezionalità. Non vorrei mettermi al posto del tecnico – afferma – quando dovrà dare indicazioni che afferiscono agli ambiti strutturali, perché tra l’altro c’è un tema di competenza perché allo sportello unico non sempre troviamo strutturisti, mi riferisco soprattutto alle amministrazioni comunali più piccole, che non hanno tanti dipendenti».