Raccogliere segnalazioni per discriminazioni o violazioni dei diritti delle persone con disabilità e vigilare sul rispetto dei princìpi giuridici e delle norme in materia di disabilità. Eseguire verifiche (d’ufficio o attivate da segnalazioni) e formulare raccomandazioni per le amministrazioni e i concessionari di servizi pubblici affinché superino le criticità riscontrate. Sono alcuni dei compiti assegnati al Garante nazionale dei diritti delle persone con disabilità. Una figura o, meglio, un organo del tutto nuovo, introdotto dal Dlgs (n. 20 del 2024) che entra in vigore oggi, mercoledì 20 marzo. Le nuove disposizioni danno il via alla costituzione del nuovo organo, che dotato di un suo ufficio, dovrà essere operativo dal 1° gennaio 2025.
Il Garante potrà anche intervenire per sollecitare l’adeguamento ai Piani per l’eliminazione delle barriere architettoniche (Peba), proponendo un cronoprogramma e, in caso di inerzia del soggetto inadempiente, potrà rivolgersi ai giudici amministrativi. Dopo il Dlgs sulla riqualificazione dei servizi pubblici per l’inclusione e l’accessibilità (qui l’articolo dedicato all’argomento), il provvedimento sull’istituzione del Garante è il secondo che entra in vigore in attuazione della legge delega sulla disabilità (legge 227 del 2021) che, a sua volta, costituisce una milestone del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr).
Peba: il Garante può intervenire in caso di inadempienze
Il Garante vigilerà sul rispetto dei diritti delle persone con disabilità, dei princìpi della Convenzione delle nazioni unite del 13 dicembre 2006 e dei trattati internazionali, nonché delle leggi e dei regolamenti in materia di disabilità. Riceverà segnalazioni da associazioni, singoli cittadini, persone con disabilità e loro familiari, da pubbliche amministrazioni, a seguito delle quali potrà effettuare approfondimenti e verifiche sull’esistenza di fenomeni discriminatori e di criticità da superare.
Quando queste verifiche riguarderanno il mancato adeguamento ai Piani per l’eliminazione di barriere architettoniche cui sono soggetti edifici pubblici o privati, aperti al pubblico, oppure l’eliminazione di barriere sensopercettive o che impediscano alle persone con disabilità di avere accesso alle strutture in condizione di pari opportunità con gli altri cittadini, il Garante potrà proporre all’amministrazione competente un cronoprogramma per rimuovere le barriere e vigilare sullo stato di avanzamento dei relativi lavori. In caso di inerzia da parte della Pa o dei concessionari di pubblici servizi, il Garante potrà ricorrere al giudice amministrativo e del ricorso dovrà dare immediata notizia sul proprio sito istituzionale.
In sintesi, il Dlgs consente al Garante di ricorrere al giudice amministrativo in caso di mancata o non corretta adesione, da parte delle pubbliche amministrazioni o dei concessionari di servizi pubblici, alle proposte prospettate nell’ambito del proprio parere elaborato in risposta a provvedimenti o atti amministrativi che determinano discriminazioni o violazioni dei diritti e degli interessi delle persone con disabilità.
I piani per l’eliminazione delle barriere architettoniche – va ricordato – nascono con la legge finanziaria del 1986, poi integrati nel 1992 (legge 104), ma hanno subito gravi ritardi e diffuse sono ancora le inadempienze. Già la legge del 1986 prevedeva che per i Comuni e le provincie inadempienti la Regione competente nominasse un commissario ad hoc per la predisposizione dei Peba. Esistono anche iniziative regionali di monitoraggio, ma non sempre efficaci e portate avanti con decisione.
Come detto, il Garante avrà un suo ruolo specifico sui Piani per l’eliminazione delle barriere architettoniche, ma la strada da fare è senz’altro ancora molto lunga. Si pensi che in riferimento alle scuole, da quanto si apprende dalla relazione tecnica che accompagnava lo schema di Dlgs, inviata dal Governo al Parlamento: «solo il 31,5% delle strutture ha abbattuto le barriere fisiche e sono ancora meno, il 17,5%, quelle che hanno eliminato le barriere sensopercettive. E, le differenze territoriali sono molto marcate: l’accessibilità fisica è assicurata dal 66,2% delle scuole della Valle d’Aosta e soltanto dal 21,6% di quelle della Campania; l’accessibilità sensopercettiva dal 38,4% delle scuole della Provincia Autonoma di Bolzano e soltanto dall’8,5% di quelle della Calabria».
Il Garante può suggerire misure, interventi e accomodamenti ragionevoli
Nel tutelare i diritti delle persone con disabilità e nel vigilare sul rispetto di trattati, convenzioni, leggi e regolamenti, il Garante ha anche il potere di formulare raccomandazioni alle amministrazioni e ai concessionari pubblici interessati, anche proponendo o sollecitando interventi, misure o accomodamenti ragionevoli idonei a superare le criticità riscontrate. Per “accomodamento ragionevole” – va ricordato – si intendono le modifiche e gli adattamenti necessari ed appropriati che non impongano un onere sproporzionato o eccessivo. Sono adottati per garantire alle persone con disabilità il godimento e l’esercizio, su base di uguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali.
Il Garante ha, inoltre, anche il compito di promuovere la cultura del rispetto dei diritti delle persone con disabilità attraverso campagne di sensibilizzazione e comunicazione, progetti e iniziative, in particolare nelle scuole.
Il Garante: un organo collegiale con un ufficio alle sue dipendenze
Per poter tutelare i diritti delle persone con disabilità, al Garante e al suo ufficio sono attribuiti poteri autonomi di organizzazione e indipendenza amministrativa. Il Garante si identifica non con un’unica persona, bensì è un organo collegiale composto dal presidente e da due componenti, scelti tra «persone di notoria indipendenza e di specifiche e comprovate professionalità, competenze o esperienze nel campo della tutela e della promozione dei diritti umani e in materia di contrasto delle forme di discriminazione nei confronti delle persone con disabilità». I componenti dovranno dedicarsi esclusivamente ai compiti che vengono loro affidati: non possono esercitare alcuna altra attività lavorativa o professionale, nemmeno di consulenza. Durano in carica quattro anni (rinnovabili una sola volta) e devono essere nominati con determinazione adottata dal Parlamento.
Il Dlgs prevede che l’ufficio del Garante abbia una sua dotazione organica. La squadra sarà composta da due dirigenti e altre 20 unità di personale non dirigenziale. L’ufficio potrà inoltre avvalersi di massimo otto esperti di elevata competenza. La squadra effettiva che farà parte del nuovo organo potrà essere attiva – secondo quanto previsto dal Dlgs e dalle relative coperture – non prima del 1° gennaio 2026. Ma, nel frattempo, per consentire l’immediato avvio delle attività, il Garante potrà avvalersi di un primo contingente provvisorio (massimo nove componenti) selezionato tra il personale della Pa.
Il Garante e il suo ufficio avranno sede a Roma. Sarà un Dpcm – da adottarsi entro il prossimo 30 settembre – a decidere dove.