Concorsi di progettazione messi al margine. Ricorso generalizzato all’appalto integrato, ossia all’affidamento congiunto dell’esecutivo e dei lavori. E, innalzamento delle soglie entro cui si fa ricorso all’affidamento diretto e alla procedura negoziata senza pubblicazione del bando. Il nuovo Codice appalti, che ha ottenuto il via libera definitivo dal Consiglio dei ministri (il testo è in attesa della pubblicazione in Gazzetta ufficiale), pone limiti al confronto concorrenziale e mette al margine la qualità e la centralità della progettazione.
Diverse le iniziative che l’Ordine degli Architetti di Roma ha messo in atto affinché vi fosse una correzione di rotta, che ponesse la qualità del progetto in primo piano insieme alle opere strategiche per le future generazioni. Tra questi una lettera, indirizzata alla presidente del Consiglio dei ministri, Giorgia Meloni e all’Esecutivo, sottoscritta con altri Ordini provinciali e pubblicata sul Corriere della Sera, cui ha fatto seguito una richiesta da parte dell’Oar di un incontro con i vertici governativi e, infine, una memoria inviata alla Commissione Ambiente della Camera con la richiesta di precise correzioni, volte ad escludere l’utilizzo dell’appalto integrato almeno nel sotto soglia e a rendere obbligatoria la procedura del concorso per la progettazione di «opere di rilevanza sotto il profilo architettonico, ambientale, paesaggistico, storico-artistico, nonché di valore sociale e culturale». Appelli, purtroppo, rimasti inascoltati.
Il Codice andrà in vigore dal 1° aprile 2023, ma le disposizioni in esso contenute acquisteranno efficacia dal 1° luglio 2023. Data quest’ultima che segna l’abrogazione del Dlgs 50 del 2016 che, però, continuerà ad applicarsi ai procedimenti in corso. Più nel dettaglio, per procedimenti in corso si intendono le procedure e i contratti per i quali i bandi o gli avvisi siano stati pubblicati prima del 1° luglio o per i quali siano stati inviati, sempre entro tale data, gli avvisi a presentare le offerte. Tra le novità rispetto ai Codici precedenti, vi è l’autoesecutività: non ci sarà bisogno di provvedimenti attuativi perché l’attuazione è affidata ad un cospicuo numero di allegati.
Aggiornamento del 31 marzo 2023
Il testo del nuovo Codice appalti (Dlgs 36 del 2023) è stato pubblicato in Gazzetta ufficiale
Freno ai concorsi di progettazione
Il nuovo Codice Appalti sbarra la strada al ricorso ampio ai concorsi di progettazione e di idee. In particolare, viene cancellata l’attuale disposizione secondo cui per la progettazione dei lavori di particolare rilevanza sotto il profilo dell’architettura, ambientale, paesaggistico, agronomico e forestale, storico-artistico e conservativo, nonché tecnologico, le stazioni appaltanti, se non dotate di idonee professionalità interne, ricorrono al concorso di progettazione o di idee.
Per la disciplina dei concorsi, si rimanda principalmente alle direttive comunitarie sugli appalti pubblici e sui settori speciali. Nel nuovo testo sono pochissime le disposizioni aggiuntive rispetto alle direttive Ue. Il concorso è sempre finalizzato all’acquisizione di un progetto di fattibilità tecnica ed economica, ma viene meno la possibilità di raggiungere tale livello in fasi successive, consentendo ai concorrenti di sviluppare il documento di fattibilità delle alternative progettuali.
Il nuovo Codice dei Contratti prevede inoltre un ricorso preferenziale alla procedura in un’unica fase. Previsione che si pone, tra l’altro, in controtendenza rispetto a quanto avviene oggi con la diffusione di bandi tipo e le piattaforme che hanno consentito in questi anni, grazie all’azione degli Ordini degli Architetti, tra cui l’Oar, e del Consiglio nazionale, un’ampia diffusione della procedura che più di ogni altra premia il merito, ponendo al centro la qualità del progetto. Ormai la stragrande maggioranza dei concorsi banditi prevede infatti una prima fase a cui si partecipa consegnando una proposta ideativa, non troppo impegnativa, e le migliori accedono alla seconda fase concentrata sulla redazione di un progetto di fattibilità tecnica ed economica. Un meccanismo che permette di remunerare, tramite premi, chi partecipa al secondo grado.
Appalto integrato libero
Un altro attacco alla centralità e alla qualità del progetto arriva dalla liberalizzazione dell’appalto integrato. Il nuovo Codice dei Contratti elimina il divieto di appalto integrato, oggi vigente al netto degli appalti del Pnrr e del Pnc (per i quali l’affidamento della progettazione e dell’esecuzione è ammesso), delle disposizioni che lo pongono in stand-by fino al 30 giugno 2023 e di alcune deroghe (attualmente sono esclusi dal divieto gli affidamenti a contraente generale, con finanza di progetto, in concessione, in partenariato pubblico privato, con contratto di disponibilità o locazione finanziaria e gli affidamenti per le opere di urbanizzazione a scomputo). A fronte della richiesta della legge delega di individuare le «ipotesi in cui le stazioni appaltanti possono ricorrere all’affidamento congiunto della progettazione e dell’esecuzione dei lavori», il nuovo Codice individua un unico paletto: l’appalto integrato non può essere utilizzato solo nel caso di appalti di opere di manutenzione ordinaria. Negli altri casi, la stazione appaltante, se qualificata, può optare per l’appalto integrato, motivando la scelta «con riferimento alle esigenze tecniche, tenendo sempre conto del rischio di eventuali scostamenti di costo nella fase esecutiva rispetto a quanto contrattualmente previsto».
Viene poi inserito un principio di specializzazione professionale per gli operatori economici da ammettere alla procedura. In particolare, gli operatori economici devono possedere i requisiti prescritti per i progettisti, oppure avvalersi di progettisti qualificati, da indicare nell’offerta, o partecipare in raggruppamento con soggetti qualificati per la progettazione. La qualificazione per la progettazione comprende anche l’uso di metodi e strumenti Bim. Le offerte devono essere valutate esclusivamente utilizzando il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa e deve essere indicato distintamente il corrispettivo richiesto per la progettazione e per l’esecuzione dei lavori.
Analogamente a quanto previsto dal Codice del 2016, viene introdotta una sorta di garanzia a favore dei progettisti, prevedendo la possibilità di pagamento diretto da parte della stazione appaltante, la quale ne specifica le modalità per la corresponsione nei documenti di gara. Si tratta di una disposizione che ricalca fedelmente uno dei punti della legge delega, secondo cui nei casi in cui l’operatore economico si avvalga di uno o più soggetti qualificati alla redazione del progetto, la stazione appaltante indica, fin dai documenti di gara, le modalità per la corresponsione diretta al progettista degli oneri relativi alla progettazione esecutiva indicati in sede di offerta, al netto del ribasso d’asta.
Equo compenso, il riferimento ai parametri
C’è poi il tema dell’equo compenso, la bozza inviata al Parlamento non conteneva alcun riferimento al cosiddetto Dm Parametri, ossia al decreto del Ministero della Giustizia del 17 giugno 2016, per l’individuazione dell’importo da porre a base di gara dell’affidamento di progetti e altri servizi di architettura e ingegneria. Nel Dlgs andato in Gazzetta ufficiale è stato invece inserito un allegato (I.13) che disciplina le modalità di determinazione dei corrispettivi per la progettazione e le altre prestazioni professionali, per le quali si applica il Dm 17 giugno 2016. Si precisa anche come calcolare gli onorari a seguito dell’abolizione della progettazione definitiva.
Innalzate le soglie per gli affidamenti diretti e le procedure negoziate
Rispetto all’attuale Codice degli appalti si allarga il ricorso all’affidamento diretto e alle procedure negoziate senza previa pubblicazione del bando. Inoltre, nel sottosoglia, ad esclusione dei lavori di importo pari o superiore a 1 milione di euro e fino alla soglia di rilevanza comunitaria, le stazioni appaltanti hanno l’obbligo (non la facoltà) di ricorrere, a seconda degli importi, alla procedura diretta o negoziata. Per i servizi di ingegneria e architettura, compresa l’attività di progettazione, di importo inferiore a 140mila euro, le stazioni appaltanti devono procedere con l’affidamento diretto, anche senza consultazione di più operatori economici. Da 140mila euro e fino alle soglie comunitarie è obbligatorio ricorrere alla procedura negoziata senza bando, previa consultazione di cinque operatori economici, individuati in base ad indagini di mercato o tramite elenchi. Per gli affidamenti con procedura negoziata si può procedere tramite il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa o in base al prezzo più basso. Fanno eccezione i servizi di architettura e di ingegneria di importo superiore a 140mila euro che vanno aggiudicati obbligatoriamente in base all’offerta economicamente più vantaggiosa.
Sull’ampliamento delle soglie per l’affidamento diretto e la procedura negoziata senza bando si erano espressi a sfavore sia il Parlamento nei pareri resi al Governo sia l’Anac. «Questa Autorità – scriveva l’Anticorruzione a riguardo – ha avuto modo, nell’ambito della propria esperienza di vigilanza, di constatare l’inefficienza di affidamenti diretti eseguiti senza il minimo confronto concorrenziale, ciò che nelle piccole realtà spesso significa l’affidamento a ditte conosciute, non sempre le più efficienti».
Offerta economicamente più vantaggiosa, tetto al punteggio economico per i contratti ad alta intensità di manodopera
Rispetto alla bozza di Codice degli appalti portata all’esame del Parlamento, tra le regole che riguardano il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, viene inserito un tetto al punteggio economico, pari al 30%, ma che vale solo per i contratti ad alta intensità di manodopera, ossia per quei contratti nei quali il costo della manodopera è pari o superiore al 50% dell’importo complessivo dei corrispettivi. Sul tetto massimo al punteggio economico si era espresso il Parlamento che ne aveva chiesto l’introduzione, ipotizzando una soglia del 20%. «L’individuazione di un tetto massimo al punteggio economico – veniva sottolineato nei pareri di Camera e Senato – evita il rischio che le stazioni appaltanti trasformino il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa in quello del massimo ribasso mascherato, attribuendo rilevanza determinante alla componente prezzo».
Innalzata la soglia per la qualificazione delle stazioni appaltanti
Viene innalzata, da 150mila e 500mila euro, la soglia di importo dei lavori oltre la quale scatta l’obbligo di qualificazione per le stazioni appaltanti. Secondo quanto afferma l’Anac questo innalzamento comporterà «una riduzione del numero di gare eseguite da enti qualificati di circa il 65% corrispondente ad una diminuzione di circa il 45% del numero di amministrazioni aggiudicatrici qualificate».
Digitalizzazione degli appalti
Arriva dal nuovo Codice una spinta alla digitalizzazione degli appalti. È infatti prevista «una gestione interamente digitale degli appalti», come spiegato dall’Anac in un comunicato, con la quale «sarà garantita l’estensione del digitale a tutto il ciclo di vita del contratto, a partire dalla programmazione, alla richiesta del codice identificativo di gara, fino all’esecuzione e conclusione del contratto, e all’ultima fattura».
Infrastrutture strategiche di interesse nazionale
Si riprendono i criteri della cosiddetta legge Obiettivo: in base al rendimento infrastrutturale, ai costi, agli obiettivi e ai tempi di realizzazione, il Consiglio dei ministri, con una delibera ad hoc, può qualificare un’opera come infrastruttura strategica e di preminente interesse nazionale. La delibera arriva su proposta delle regioni al governo sentiti i ministeri competenti o su proposta dei ministeri sentite le regioni. Il relativo elenco entra nel Def, il Documento di economia e finanza. Gli interventi sono automaticamente inseriti nelle intese istituzionali di programma e negli accordi di programma quadro ai fini della individuazione delle priorità. Alcune procedure vengono velocizzate e per gli esami dei progetti viene istituito un comitato speciale presso il Consiglio superiore dei lavori pubblici.
Collegio consultivo tecnico
Entra nel Codice degli appalti l’istituto del Collegio consultivo tecnico che era stato reso obbligatorio fino al 30 giugno 2023 per appalti di lavori di importo superiore alla soglia comunitaria, con l’obiettivo di velocizzare la risoluzione di controversie e dispute tecniche che possono nascere durante l’esecuzione dei lavori di un’opera pubblica. Più nel dettaglio il nuovo Codice dei Contratti prevede che per prevenire le controversie che possano insorgere nell’esecuzione dei contratti, o comunque per consentirne una rapida risoluzione, ciascuna parte possa chiedere la creazione del Collegio, le cui modalità di costituzione sono disciplinate da un apposito allegato al Codice stesso.