Anche negli affidamenti diretti di servizi di architettura e ingegneria risulta illegittima l’applicazione di un ribasso ai corrispettivi calcolati secondo le tabelle del decreto Parametri (Dm 17 giugno 2016). Tale ribasso costituisce una violazione non solo della legge sull’equo compenso (legge 49 del 2023), ma anche del nuovo Codice degli appalti (Dlgs 36 del 2023). A sottolinearlo è il Consiglio nazionale degli Architetti PPC in una circolare (qui il testo) inviata agli Ordini degli Architetti e alle stazioni appaltanti d’Italia.
Il documento invita le stazioni appaltanti a non richiedere, negli affidamenti diretti di servizi di architettura e ingegneria, alcun ribasso all’operatore economico, in quanto i corrispettivi – in ottemperanza alla legge sull’equo compenso e al nuovo Codice dei contratti – devono essere quelli fissati dal decreto Parametri. Se, a seguito di segnalazione, la stazione appaltante non dovesse adeguarsi, il Consiglio nazionale, in collaborazione con l’Ordine territorialmente competente, si riserverà di adire contro le violazioni, mettendo in atto tutte le iniziative previste dalla legge 49 del 2023, o di altra natura, per perseguire la tutela dell’equo compenso.
Negli affidamenti diretti di servizi di ingegneria e architettura, l’illegittimità dell’applicazione del ribasso ai corrispettivi calcolati applicando il Dm Parametri deriva – sottolinea il Consiglio nazionale degli Architetti – dalla legge sull’equo compenso (articolo 2, comma ), ma anche dal Codice dei contratti. L’inderogabilità dei parametri negli affidamenti diretti dei servizi di ingegneria e architettura – afferma il Cnappc – è sancita dall’articolo 50, comma 4 del Dlgs 36 del 2023.
La posizione dell’Anac
Va ricordato che dopo l’entrata in vigore della legge sull’equo compenso e del Codice dei contatti, anche l’Anac, l’autorità Anticorruzione, a seguito di una segnalazione dell’Oice, l’associazione delle organizzazioni di ingegneria, di architettura e di consulenza tecnico-economica (qui la delibera), si è pronunciata sull’inderogabilità delle tabelle ministeriali per la determinazione dei corrispettivi negli appalti pubblici. Più nel dettaglio, l’Anac, che ha preso in considerazione anche le gare sopra soglia, ha affermato che le tariffe stabilite dal Dm Parametri non possono più costituire un mero “criterio o base di riferimento ai fini dell’individuazione dell’importo da porre a base di gara dell’affidamento “, come era stato previsto dal vecchio Codice appalti. In altre parole, il corrispettivo calcolato applicando le tabelle ministeriali non è più un mero parametro dal quale è consentito alle stazioni appaltanti discostarsi, motivando adeguatamente la scelta effettuata.
Dunque, per l’effetto combinato della legge sull’equo compenso e del nuovo Codice degli appalti, le tabelle ministeriali costituiscono – afferma l’Anac – «un parametro vincolante e inderogabile per la determinazione dei corrispettivi negli appalti di servizi di ingegneria e architettura e l’impossibilità di corrispondere un compenso inferiore rispetto ai suddetti parametri comporta anche la non utilizzabilità dei criteri di aggiudicazione del prezzo più basso e dell’offerta economicamente più vantaggiosa». «Alla luce del nuovo quadro normativo – scrive sempre l’Authority – sembra potersi ipotizzare che le procedure di gara aventi ad oggetto l’affidamento dei servizi tecnici dovrebbero essere costruite come gare “a prezzo fisso”, con competizione limitata alla componente qualitativa».
A suffragio della tesi dell’Anac, vi sono le diverse disposizioni della legge sull’equo compenso. La legge innanzitutto stabilisce che per equo compenso si intende la corresponsione di un corrispettivo proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale, nonché conforme ai parametri ministeriali. Inoltre, la legge 49 del 2023 rende nulle le clausole che non prevedono un compenso equo e proporzionato all’opera prestata, considerando tali le pattuizioni di un compenso inferiore agli importi stabiliti dai parametri per la liquidazione dei compensi dei professionisti iscritti agli ordini o ai collegi professionali.
C’è da aggiungere che secondo la legge sull’equo compenso l’esito della gara, l’affidamento, la predisposizione di un elenco di fiduciari o comunque qualsiasi accordo che preveda un compenso inferiore ai valori determinati applicando le tabelle ministeriali possono essere impugnati dal professionista innanzi al tribunale competente, al fine di far valere la nullità della pattuizione e di chiedere la rideterminazione giudiziale del compenso per l’attività professionale prestata. Infine – ricorda l’Anac – che l’art. 12 della legge sull’equo compenso ha disposto l’abrogazione dell’art. 2, comma 1, lettera a) del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, che aveva eliminato dall’ordinamento l’obbligatorietà del ricorso a tariffe fisse o minime.