Fissate le nuove regole per l’iscrizione all’albo dei Ctu: dalla definizione delle categorie professionali e dei relativi settori di specializzazione ai requisiti necessari per l’iscrizione al nuovo albo e alle condizioni per il suo mantenimento nel tempo. Sono alcune delle novità contenute nel decreto del ministero della Giustizia (Dm Giustizia 109/2023) in vigore dallo scorso 26 agosto. Un passo importante per dare certezze e uniformità alla disciplina riguardante i tecnici, tra cui gli architetti, che svolgono attività di consulenza presso i tribunali distribuiti sul territorio nazionale. Una norma attuativa, tuttavia, che lascia irrisolti alcuni dei temi caldi, segnalati a più riprese dai professionisti, come il mancato aggiornamento delle tariffe (ferme al 2002) e i rischi connessi alla nascita (prevista dalla riforma Cartabia) di associazioni nazionali di riferimento.
Il Dm Giustizia del 4 agosto 2023, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dello scorso 11 agosto, stabilisce – nello specifico – l’adozione del regolamento attuativo concernente «l’individuazione di ulteriori categorie dell’albo dei consulenti tecnici di ufficio e dei settori di specializzazione di ciascuna categoria, l’individuazione dei requisiti per l’iscrizione all’albo, nonché la formazione, la tenuta e l’aggiornamento dell’elenco nazionale», definendo disposizioni in materia di vigilanza, sospensione e cancellazione volontaria, ma anche in tema di tenuta degli albi e dell’elenco nazionale. Previste ogni anno due finestre per iscriversi al nuovo albo nazionale: la prima tra il 1° marzo e il 30 aprile; la seconda tra il 1° settembre e il 31 ottobre. Nell’allegato A del testo sono elencate tutte le categorie dell’albo e i settori di specializzazione.
Tra le novità introdotte dal decreto di maggiore interesse per i professionisti: fissato il requisito dei 5 anni di esperienza professionale per iscriversi all’albo, richiesti la continuatività dell’attività e l’aggiornamento obbligatorio per il mantenimento dell’iscrizione. Aumentano le aree di competenza e le specializzazioni (indicati, come della nell’allegato A), con la possibilità di iscriversi in più campi; spazio alla certificazione Uni come prova alternativa di esperienza; possibile la richiesta da parte dei Ctu di sospensioni volontarie.
Qui il testo del Dm 109/2023 con tutte le novità: LINK
Il varo del nuovo regolamento «è sicuramente un passo in avanti nell’ottica di dare un quadro di riferimento uniforme per i criteri e i requisiti riguardanti iscrizione, formazione professionale, competenze, esperienza dei consulenti tecnici d’ufficio», afferma Raffaele Bencardino, architetto e componente della Commissione Ctu dell’OAR, istituita per dare riscontro alle richieste degli iscritti, sensibilizzare il legislatore sulle criticità riguardanti l’attività dei Ctu e interfacciarsi regolarmente sul tema con altri Ordini provinciali. «Si tratta – aggiunge – di regole che in larga parte, di fatto, venivano già applicate ma che con il nuovo decreto vengono fissate e uniformate a livello nazionale. Basti pensare, ad esempio, che in alcuni tribunali il requisito per i Ctu era di essere iscritti al proprio Ordine di appartenenza e svolgere attività professionale da almeno 3 anni, mentre in altri da almeno 5 anni: ora, per tutti, l’anzianità richiesta sarà di un quinquennio. Adesso toccherà agli uffici recepire i cambiamenti».
Restano, tuttavia, criticità irrisolte, già segnalate dagli ordini professionali e messe in evidenza dalla stessa Commissione Ctu OAR: le tariffe bloccate e la nascita di associazioni di riferimento. «Il provvedimento attuativo – spiega Bencardino – non tocca due argomenti di grande interesse per i professionisti. Innanzitutto, l’adeguamento delle tariffe dei Ctu ai valori odierni: la norma che determina la liquidazione dei consulenti tecnici, infatti, è del 2002 e gli importi sono fermi a quella data; le tabelle avrebbero dovute essere aggiornate con cadenza triennale, ma ciò non è accaduto e rischia di pregiudicare la possibilità di svolgere il lavoro con la cura richiesta».
L’altro tema caldo – non affrontato dal decreto ministeriale – è la formazione di associazioni nazionali di riferimento per i Ctu, la cui nascita – secondo la riforma Cartabia – dovrebbe essere «favorita» (il comma 16, lettera b della legge 206/2021 indica, infatti, tra i criteri da rispettare in materia di Ctu: «distinguere le varie figure professionali, caratterizzate da percorsi formativi differenti anche per il tramite dell’unificazione o aggiornamento degli elenchi, favorendo la formazione di associazioni nazionali di riferimento»). Una previsione normativa su cui gli ordini professionali, architetti in testa, hanno lanciato l’allarme. «Perchè favorire l’associazionismo dei Ctu destituendo dal loro ruolo gli ordini professionali?», si chiede Bencardino, che prosegue: «Non c’è il rischio di conferimenti preferenziali degli incarichi a talune associazioni? O il pericolo di vedere compensi tabellati, decisi da tali associazioni intermediarie tra il professionista e il tribunale? Siamo sicuri che l’associazionismo porti ad un innalzamento della qualità dei lavori e sia in linea con gli obiettivi della legge delega al Governo per l’efficienza del processo civile? La convinzione – espressa dal componente della Commissione Ctu OAR – è che «non sia saggio scavalcare gli Ordini, che attraverso i propri rappresentanti nelle commissioni istituite presso i Tribunali, valutano gli aspiranti ausiliari ai fini dell’inserimento nei relativi elenchi già presenti e disponibili ad ogni magistrato, chiedendo al Governo di favorire ‘la formazione di associazioni nazionali di riferimento’. Il Ctu, infatti – conclude – è un professionista che, ottenendo l’iscrizione all’albo dei consulenti tecnici d’ufficio, offre la propria prestazione in qualità di tecnico abilitato». (FN)