Un intellettuale che ha contribuito, sempre, a difendere la bellezza. Un punto di riferimento, per tanti, con la sua lezione sull’architettura, «caposaldo» per professionisti, cultori e cittadini. Un amico, per alcuni. Per tutti: un grande Maestro che ha dato tanto al Paese e a Roma, la sua città. È morto oggi Paolo Portoghesi (Roma, 2 novembre 1931 – Calcata, 30 maggio 2023), storico, architetto e intellettuale: l’Ordine degli Architetti PPC di Roma e provincia – al quale il Maestro era particolarmente legato (come testimoniano, tra l’altro, le sue preziose partecipazioni agli eventi organizzati dall’OAR) – lo ricorda con commozione e vicinanza.
Nei prossimi giorni si apprestava a prendere parte al lancio del Manifesto per il ‘900, in occasione dell’intervento alle celebrazioni per il 100 anni della professione di architetto. «Ci lascia un Maestro dell’architettura, che con l’Ordine di Roma aveva intrapreso e condivideva anche una serie di attività», sottolinea il presidente OAR, Alessandro Panci. «Sarebbe stato da noi il 9 giugno per una lectio magistralis – prosegue -. Siamo profondamenti addolorati per la scomparsa della persona, che aveva un amore incrollabile per l’architettura e una innata capacità di indagare i percorsi attraverso i quali l’architettura entra nella vita di tutti noi. Oltre a tutti i suoi lavori e agli scritti, lascia un bagaglio importante, al nostro Ordine, all’architettura romana e a quella internazionale. Ricordiamo i suoi contributi sull’architettura barocca, su Borromini in particolare, e naturalmente anche sull’architettura moderna».
Dopo la laurea nel 1957, Paolo Portoghesi ha insegnato all’Università di Roma dal 1962 al 1966 e poi ha tenuto corsi per un decennio, dal 1967 al 1977, presso il Politecnico di Milano, di cui è stato anche preside. Dal 1979 al 1982 ha diretto il settore architettura della Biennale di Venezia. Fondatore e direttore di riviste come Controspazio e Materia , ha ottenuto numerosi riconoscimenti, tra i quali il premio IN/Arch per la critica storica, la Legion d’Onore (1985), il premio Campidoglio per la cultura (2005). Nel 2002 ha ricevuto il Piranesi Prix de Rome alla Carriera, ed è stato nominato Cavaliere di Gran Croce della Repubblica Italiana.
L’attività di Portoghesi architetto si sviluppa nell’arco di sessant’anni, con un portfolio di opere che include: Casa Baldi (1959) e Casa Papanìce (1967) a Roma; Istituto tecnico industriale a L’Aquila (1968); Chiesa della Sacra Famiglia a Salerno (1968); Centro sociale con biblioteca civica ad Avezzano (1969); Moschea e Centro culturale islamico a Roma (1976-91); sede dell’Accademia di Belle Arti a L’Aquila (1978); complesso residenziale Enel a Tarquinia (1981); padiglione termale a Montecatini (1987); teatro di Catanzaro (1988); edifici termali a Nocera Umbra (1989); piazza Leon Battista Alberti a Rimini (1990); torri di Pietralata per lo Sdo di Roma (1996); chiesa di S. Maria della Pace a Terni (1997); quartiere Rinascimento nel Parco Talenti a Roma (2001); progetto per la torre di Shangai (2006); progetto per la ristrutturazione di piazza San Silvestro a Roma (2011); campus del Centro di riferimento oncologico di Aviano (2016); complesso interparrocchiale della chiesa di San Benedetto a Lamezia Terme (2019).
A rimarcare la statura intellettuale del grande architetto romano è Marco Maria Sambo, Segretario OAR e direttore editoriale di AR Magazine: «Paolo Portoghesi è stato un grande Maestro, un punto di riferimento per l’Architettura italiana. I suoi libri di Storia dell’Architettura rimarranno per sempre, immortali. Perché Portoghesi è stato anche un meraviglioso pensatore e scrittore di Architettura: dalle pagine su Francesco Borromini a Roma Barocca, fino a Geoarchitettura, La Poesia della Curva e moltissime altre pubblicazioni, i suoi scritti rappresentano un patrimonio culturale di immenso valore che porteremo sempre con noi. Continueremo a leggere e rileggere quei libri, pensando al suo sguardo brillante e sorridente. Come Ordine Architetti Roma abbiamo avuto il grande onore di pubblicare le riflessioni di Portoghesi su diversi numeri della nostra rivista AR Magazine e abbiamo pubblicato anche un suo libro, Attualità di Borromini. Non dimenticheremo la Lezione di Paolo Portoghesi. Il suo sguardo profondo sull’architettura e sulla vita ci accompagnerà sempre».
Nel panorama del Novecento e dei primi decenni del nuovo secolo «Portoghesi è sicuramente una delle figure più importanti che abbiamo avuto, sia a livello nazionale che internazionale, come architetto, storico dell’architettura, pensatore», ricorda Luca Ribichini, componente Casa dell’Architettura e amico, che aggiunge: «È stato protagonista assoluto in certi momenti storici, alla Biennale di Venezia e in altri momenti di grande spessore culturale. Va ricordato per avere costruito la Moschea di Roma, un esempio della sua capacità di trovare il modo di declinare la tradizione nella contemporaneità – e in questo dovremmo essere tutti a lui grati, soprattutto noi architetti romani. Valorizzando pensieri importanti come lo studio del Barocco, ha cercato di interpretarlo con nuovi modi affinché potesse riuscire a rappresentare l’architettura contemporanea. Ha sicuramente dato un’impronta alla formazione universitaria: non c’è studente di architettura, dagli anni ’60 in poi, che non si sia formato su suoi libri. Con lui abbiamo celebrato i 350 anni dalla morte di Borromini e abbiamo organizzato diverse manifestazioni culturali alla Casa dell’Architettura. Per i 100 anni della professione, era stato invitato dal Presidente Panci e dal Segretario Sambo a tenere una lectio magistralis sulla figura dell’architetto, proprio lui che ne incarnava tutte le anime: non solo l’aspetto tecnico, ma anche quello culturale ed emozionale”.
Dalla suggestione che Paolo Portoghesi evoca, ricordando la scoperta dell’opera del Borromini in età infantile, emerge la passione e l’attitudine al pensiero critico che ha reso l’autore di Roma Barocca un riferimento per diverse generazioni di architetti. Qui un brano dell’intervista Paolo Portoghesi: ”Io e Borromini” (Arte – Rai cultura): «Ho cominciato a sentire Borromini come un problema quando ero ancora un bambino, andavo alle elementari. Abitavo a via Monterone, vicino alla piazza da cui si vede la Cupola di S. Ivo da sotto (…) Diventa un problema perché questo edificio, Sant’Ivo, con la sua spirale, è completamente diverso da tutti gli altri. Per me era un punto interrogativo (…) e la risposta è venuta studiando in biblioteca, cercando al massimo di capire. Già a sedici anni sentivo l’urgenza di fare qualcosa, un prodotto che rispecchiasse questo fascino e volli scrivere un libro – frequentavo il liceo – feci quattro o cinque copie e le vendetti a degli amici (…) è un libro in cui c’è già un ambiguità interessante: nel frontespizio io ho scritto ‘Paolo Portoghesi: di Francesco Borromini’, il che vuol dire che in un certo senso sentivo che questo libro era in qualche modo il diario di una specie di aggressione di questo genio nei confronti di quel bambino che andava avanti e indietro per la Piazza di Sant’Eustachio (…)». La sensibilità che ha portato Portoghesi a cogliere il carattere dirompente e rivoluzionario del Seicento, ha continuato ad alimentare il suo percorso nella progettazione di opere che infrangevano il canone del Movimento Moderno, e nella battaglia, condotta fino agli ultimi giorni, per la conservazione e la salvaguardia dell’architettura del XX secolo. (FN)
Interventi di Paolo Portoghesi dalla rassegna video sul sito OAR: