Centouno sono i cinema romani che nel tempo hanno offerto momenti di spensieratezza, gioia o commozione, cultura e, perché no, anche amore e incontro.
Luoghi di memoria e ricordi collettivi all’insegna della condivisione di emozioni.
Punti di riferimento sul territorio, noti a tal punto ai più da essere utilizzati come ritrovo o indicazione stradale.
Un patrimonio importante che oggi vive una condizione di incertezza, a cui il Covid ha spalancato le porte, anche per la diffusione di differenti devices e di audiovisivi continuamente fruibili, con abbonamenti mensili che danno accesso ad un’infinità di contenuti.
Questo il tema al centro del convegno Il recupero delle sale cinematografiche dismesse, organizzato dall’Ordine degli Architetti di Roma, con il coordinamento scientifico di Paolo Verdeschi, in occasione della giornata di apertura della Festa del Cinema di Roma.
“Questo momento storico è uno dei più difficili per il cinema italiano, sia per l’avvento delle piattaforme che hanno ridotto l’affluenza del pubblico, sia per il blocco del tax credit che ha rallentato le produzioni – Massimo Veneziano | amministratore delegato di Titanus – Siamo in attesa di capire come sarà effettivamente la nuova legge sul cinema. Abbiamo la sensazione che porterà alla diminuzione delle produzioni cinematografiche, ma anche ad una programmazione più mirata per avere più garanzie sulla riuscita dei progetti”.
In continua evoluzione il contesto politico, economico e sociale che porta con sé la trasformazione della città, spesso non così flessibile come la realtà richiederebbe.
Hanno ancora un senso i cinema, sparsi nel tessuto urbano, come baluardi di aggregazione sociale e non solo strumenti di consumo?
Una riflessione interessante che rispecchia una rivoluzione nelle abitudini personali e collettive.
Ad oggi, a Roma, sono 5 le sale cinematografiche trasformate in spazi culturali, mentre 53 sono quelle adibite a supermercati, negozi o sale bingo. Ne restano 43 su cui ragionare: contenitori vuoti sparsi per la città, con una volumetria consistente che richiede un investimento rilevante.
Risale agli anni Trenta l’idea di aggregare pubblico in sale chiuse, complementari alle piazze, con l’intento, fra l’altro, di creare un consenso politico (il cinegiornale Luce durante il fascismo) e di creare valori ed immaginari comuni. Molti teatri si trasformano in cinema, come l’Adriano, il Quirinale, il Volturno.
Diventano poi scenari di eventi mondani negli anni Cinquanta, si evolvono in multisale negli anni 2000, fino ad arrivare nell’era del digitale dilagante che ne determina la perdita di senso sociale, ma anche architettonica.
“Sale cinematografiche d’autore: così potremmo definire molti cinema progettati nel Novecento da grandi maestri dell’architettura. Rappresentano un immenso patrimonio da salvaguardare, difendere, da restaurare in modo adeguato e con intelligenza, per guardare al futuro senza perdere le tracce della nostra storia, della nostra cultura. Cinema e architettura, insieme, formano un binomio indissolubile e ci parlano di arte, di sogni e di speranze”, osserva Marco Maria Sambo | Segretario OAR e Direttore AR Magazine.
Tanti gli interventi di riuso e trasformazione che hanno tentato di lasciar aperte le porte dei cinema, nella convinzione che è solo cambiato il modo di vivere la sala cinematografica, poli ancora importanti all’interno dello spazio urbano.
“Come Ordine degli Architetti PPC di Roma siamo impegnati nel supportare gli organi politici competenti, regionali e comunali, alla definizione di normative e regolamenti – spiega Lorenzo Busnengo | Consigliere OAR – atti a salvaguardare la vocazione delle sale cinematografiche come luoghi di spettacolo e cultura. Oltre agli elementi di tutela e salvaguardia non è possibile non ragionare anche su parametri di sostenibilità economica per gli operatori del settore, attraverso ad esempio ad incentivi premiali, come incrementi di superficie e inserimento di funzioni complementari alle attività culturali, sempre con l’obiettivo di garantire una trasformazione di qualità delle caratteristiche architettoniche delle sale”.
“Il recupero degli edifici per lo spettacolo, patrimonio spesso abbandonato, è strettamente connesso con la disciplina del restauro – precisa Maria Grazia Turco | Professoressa di Storia Disegno e Restauro dell’Architettura presso l’Università degli Studi La Sapienza di Roma – Si devono mettere in relazione il manufatto storico e le peculiarità che lo individuano con le reali e attuali esigenze culturali, tecnologiche e normative per mettere in atto soluzioni rispettose e compatibili”.
“L’Assemblea Capitolina, ha avviato una proposta di delibera, su iniziativa della Consigliera Melito e firmata da diversi gruppi politici di maggioranza e di opposizione, riguardante le Linee di indirizzo per il Piano cittadino di rilancio delle sale e dei luoghi dello spettacolo e della cultura del cinema, che prevede anche l’istituzione di un Osservatorio permanente sul tema – racconta Antonella Melito | Vice Presidente Commissione Urbanistica del Comune di Roma – Sarà composto da rappresentanti del mondo del cinema, operatori commerciali e sindacali, esperti urbanistici e rappresentanti della società civile, per monitorare la situazione del settore e proporre interventi mirati. Una proposta condivisa con la città da oltre un anno e che è ormai a iter avviato ma in attesa del parere tecnico del Dipartimento Attività Culturali”. E ancora: “Centrale la modifica delle NTA di PRG, che attualmente distinguono tra cinema del centro storico e non. È necessario uniformare le norme, prevedendo incentivi per la riqualificazione delle sale dismesse, con l’obbligo di destinare almeno il 70% della nuova superficie a funzioni culturali”.
Conclude Paolo Verdeschi: “Per la sopravvivenza dei cinema occorrono finanziamenti, piani di conservazioni e linee guida apposite per ogni struttura”.
Foto di copertina: Cinema Impero – credits Barbara Scipioni