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11 Luglio 2023

Giovanni Carbonara, un formatore di coscienze in una vita spesa per il patrimonio e la bellezza

Il suo contributo fondamentale per la costruzione e lo sviluppo del dibattito sulla teoria del restauro; la conoscenza e il rigore scientifico che devono pilotare ogni intervento e il concetto, di derivazione brandiana, della reintegrazione della forma. Ma anche l’importanza del progetto, la posizione critico-conservativa e il rapporto, sempre ricercato, tra conservazione e innovazione. Ed ancora: la sua attenzione alla costituzione materica, ai processi costruttivi, alla lettura delle fasi di edificazione basata anche su indagini tecnico-costruttive e, non per ultimo, il rapporto tra storia e restauro. E poi, il suo amore sconfinato per il sapere, da trasmettere con generosità e gentilezza a tutti: colleghi, funzionari delle istituzioni, professionisti e allievi. Centinaia le coscienze formate ad una sensibilità critica, improntata al rispetto di quegli archivi di pietra che sono gli edifici.

Non ha confini l’insegnamento che Giovanni Carbonara, scomparso lo scorso 1° febbraio, lascia in eredità a ricercatori, professionisti e studiosi in un contributo che si esplicita nella conservazione e nella conoscenza del nostro passato e per questo di grande valore sociale. Questo contributo sconfinato è emerso dal racconto di oltre 20 relatori che hanno partecipato alla giornata di studi a lui dedicata, organizzata dall’Ordine degli Architetti di Roma e Provincia grazie soprattutto al contributo di Virginia Rossini, già vicepresidente dell’OAR.

Il presidente dell’OAR, Alessandro Panci, in apertura dei lavori ha ricordato il contributo instancabile e appassionato che il professore Giovanni Carbonara ha dato alla società attraverso la ricerca e gli interventi eseguiti nel campo del restauro e della conservazione del patrimonio architettonico. «Ha sempre tenuto ad indagare e conservare un patrimonio che è di tutti, da tramandare alle future generazioni, un’azione che sposa i principi della nostra Costituzione», ha affermato Panci ricordando l’articolo 9 della nostra Carta. Non è un caso, ricorda ancora il presidente dell’OAR, che il professore è stato «insignito della medaglia d’oro ai benemeriti della cultura e dell’arte assegnatagli dalla presidenza della Repubblica nel 2008». «Ci lascia – conclude – un patrimonio enorme su cui continuare a lavorare».

«Occorre ribadire che Giovanni Carbonara è una figura di primaria importanza nel dibattito sulla teoria del restauro e per il contributo all’evoluzione della scuola romana verso posizioni critico-conservative caratterizzate da una costante crescita di interesse per la tutela del dato materiale», evidenzia Orazio Carpenzano, preside della Facoltà di Architettura dell’Università Sapienza di Roma. «La Facoltà di Architettura di Roma – prosegue – gli deve tantissimo per aver ricondotto il restauro dei monumenti ad un’attività rigorosamente scientifica e filologicamente fondata per una lettura chiara e corretta delle opere, cui va riconosciuto un valore che si intende trasmettere al futuro. Una valutazione critica riferibile a formulazioni teoriche che vedono ogni intervento come un episodio unico per cui il restauro non è mai un assioma, non è mai un principio evidente in sé che non ha bisogno di essere dimostrato, al contrario, richiede l’esercizio del dubbio e l’apertura mentale ad un esercizio critico».

A tratteggiare la figura di Carbonara dal punto di vista accademico è Alessandro Viscogliosi, direttore della Scuola di Specializzazione in Beni Architettonici e del Paesaggio della Sapienza, che ha ricordato le esperienze condotte dal professore «sotto l’egida di grandi maestri, portate avanti per trasmetterle agli allievi tramite i suoi oltre 700 titoli lasciati come materiale di meditazione per lo svolgimento delle nostre attività».

Il suo insegnamento come una guida luminosa

«Il suo pensiero e la sua scuola saranno sempre una guida luminosa nella ricerca scientifica e splendido momento di umanità. Giovanni Carbonara ha incarnato un modello intellettuale preoccupato a dare un senso al lascito culturale del passato in una prospettiva aperta al futuro», cita le parole della dottoressa Polimeni, Virginia Rossini, già vicepresidente dell’OAR e organizzatrice della giornata di studi. «Io credo – prosegue – che queste parole esprimano una sintesi notevole del pensiero e dell’essere di Carbonara». Parole che introducono anche i temi della giornata che non vuole essere solo celebrativa, ma formativa per trasmettere «la visione di Carbonara della vita, della ricerca e del lavoro».

Il contributo generoso: dalle leggi alle posizioni anche critiche sulla ricostruzione post-sisma

Tante le istituzioni che si sono avvalse del suo sapere: dall’Icr alla Cei, dall’Iccrom alla scuola archeologica italiana di Atene, dall’Icomos all’Università politecnica della Catalogna, dal comando dei Carabinieri per la tutela del patrimonio artistico alla Scuola normale superiore di Pisa. «È stato – ha ricordato ancora Viscogliosi – commissario del ministero degli affari esteri per la costruzione e il restauro delle ambasciate italiane all’estero, consigliere dell’Icomos e fondatore e direttore della collana Storia della tecnica edilizia e restauro dei monumenti».

Assiduo e proficuo il suo impegno al ministero della Cultura come componente del Consiglio superiore per i Beni culturali e paesaggistici, come presidente del Comitato tecnico-scientifico per i Beni architettonici e paesaggistici, nonché come membro di tantissime commissioni e tavoli tecnici sempre su designazione del ministero, come hanno ricordato Alessandra Marino, direttrice dell’Istituto centrale per il restauro ed Esmeralda Valente, dirigente del Servizio III della direzione generale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio del MiC.

Ed ancora proficua anche la sua partecipazione al gruppo di lavoro, istituito presso la presidenza del Consiglio dei ministri, per la redazione del documento sull’applicazione della normativa tecnica antisismica nel settore del patrimonio culturale e poi nel gruppo che ha formulato le linee di indirizzo metodologiche e tecniche per la ricostruzione del patrimonio danneggiato dai sismi che hanno avuto inizio il 24 agosto 2016. E poi un contributo importante anche nell’ambito della struttura del Commissario per la ricostruzione del Centro Italia. Un impegno, quello del post-terremoto, che ha visto Carbonara assumere anche posizioni critiche, ad esempio per quanto riguarda i metodi di rimozione delle macerie. Il professore ha espresso più di una perplessità su ciò che era successo ad Amatrice, dove la rimozione delle macerie aveva comportato la perdita degli spiccati murari e dunque del tracciato della città distrutta.

Così come critica era stata la sua posizione nei confronti di ricostruzioni che avevano determinato in passato la perdita del genius loci, realizzate senza alcuna base di conoscenza e di indagine sulla morfologia urbana, sulle tipologie edilizie e sulla lettura storica del contesto in cui si andava a operare. Importante il suo contributo per il restauro della Basilica di Collemaggio seriamente danneggiata dal terremoto del 2009, come testimoniato da Alessandra Vittorini, direttrice della Fondazione Scuola dei Beni e delle Attività Culturali, già Soprintendente archeologia, belle arti e paesaggio per L’Aquila e cratere 2012-2020. Un intervento esemplare e corale, quello sulla Basilica aquilana, che ha conquistato l’European Heritage Award della Commissione europea.

Il contributo in numerosissimi progetti

I temi cari a Carbonara, come la reintegrazione dell’immagine, il trattamento della lacuna, la conservazione delle patine, emergono da alcuni lavori cui il professore ha dato il suo contributo, raccontati da Gisella Capponi, già direttrice dell’Icr. Tra questi, gli interventi di pulitura dei prospetti del Colosseo, il restauro della sala delle Cariatidi di Palazzo Reale a Milano, il restauro del tempietto di San Pietro in Montorio. Il suo contributo è stato ricordato anche da Francesca Brancaccio, docente a contratto della Scuola di specializzazione in Beni architettonici e del Paesaggio dell’Università di Napoli Federico II, che ha raccontato del contributo di Carbonara come consulente in progetti importanti come quello per il restauro del Real Albergo dei Poveri a Napoli, la grande fabbrica settecentesca progettata da Ferdinando Fuga, ritornata all’attualità con la firma, lo scorso marzo, del protocollo di intesa tra ministero della Cultura e l’amministrazione partenopea per la valorizzazione del bene.

E poi il contributo alla conservazione delle facciate del grattacielo Pirelli, capolavoro di Gio Ponti, dopo che un veivolo a motore, nel 2002, vi si era incuneato danneggiando le facciate. Un racconto dettagliato da Carla Di Francesco, già segretario generale del MiC e Simona M.C. Salvo, docente di Elementi di restauro alla Sapienza Università di Roma. Un racconto che mette in luce quanto la conoscenza, portando al riconoscimento del valore dei manufatti, possa giocare un ruolo fondamentale nella conservazione.

L’intervista a Giovanni Carbonara di Paolo Gasparoli, proiettata durante la giornata di studi dedicata al professore

L’amore profondo per il sapere

«Per Giovanni Carbonara l’insegnamento era un’attività fondamentale che svolgeva con una grande serenità ed un pieno godimento intellettuale ed umano. Amore profondo per il sapere, cui aggiungeva, con il garbo che l’ha sempre contraddistinto, una carica empatica che lo ha reso un insegnante eccezionalmente efficace, in quanto tale amore riusciva ad infonderlo negli studenti, e non solo, e questo nel modo più semplice, più lineare, più naturale e anche più gentile, quindi più incisivo». È il ricordo di Lia Barelli, ordinario di Restauro dei monumenti – Laboratorio – Sapienza Università di Roma.

«La trasmissione del sapere – prosegue la professoressa – non veniva da lui esplicitata come un travaso di nozioni precostituite e organizzate in forma più o meno facilmente assimilabile, o quanto meno filtrata, ma come un dialogo aperto e diretto tra docente e discente che si riconfigurava di volta in volta a seconda delle tematiche e delle circostanze, ma anche delle caratteristiche delle persone. In questo dialogo metteva in gioco tutta la sua esperienza ma mostrava anche la sua profonda umiltà scientifica e appariva inequivocabilmente, quasi suo malgrado, un sapiente fondando il suo sapere sulla socratica consapevolezza che il vero sapere è il sapere di non sapere. Da questo gli derivava un metodo maieutico basato più che su correzioni dogmatiche su domande che spingono a progredire e autocorreggersi in modo naturale, per così dire aggiustando il tiro».

La reintegrazione dell’immagine

Inizia dalla pubblicazione (1976) del libro “La reintegrazione dell’immagine”, il ragionamento di Claudio Varagnoli, ordinario di Restauro architettonico all’Università degli Studi Chieti-Pescara. In quella pubblicazione – afferma il professore: «Si coglie molto bene la chiarezza di Carbonara nel fondare un nuovo metodo che attinge anche a qualcosa di già insito nella tradizione del restauro. Ad esempio, una delle obiezioni che Carbonara si trovò a controbattere ne “La reintegrazione dell’immagine” fu l’idea della mutevolezza storica del restauro: il fatto che il restauro non abbia mai una base sicura su cui fondarsi ma sempre proceda in maniera anche contradditoria nella propria storia». «E la risposta di Carbonara fu interessante, perché consisteva nello scindere gli aspetti tecnico-progettuali da quelli invece profondamente storico-critici legati proprio all’identità del patrimonio, di qui l’idea sostanzialmente che i problemi che Stern e Valadier avevano di fronte al Colosseo pericolante sono gli stessi che possiamo vare noi oggi, possono cambiare le risposte, ma i problemi sono gli stessi».

«Da qui – continua Varagnoli – deriva la possibilità di intervenire trovando sempre nuove soluzioni. Questo consente tutto sommato un metodo flessibile. La grande capacità di Carbonara è stata quella di elaborare un metodo che ha consentito un grande dialogo, soprattutto con il mondo della progettazione, quindi anche con gli archeologi, con gli storici dell’arte, con tutte le varie professioni coinvolte nel restauro e non a caso Carbonara richiama spesso il concetto brandiano di contemperamento: il restauro non può che essere questo mescolare e portare ad unità varie tendenze nel progetto in senso lato».

Il ragionamento di Varagnoli prosegue con le parole scritte da Carbonara nel 1976: «Se architettura e restauro tendono a convergere, quasi ad identificarsi dalla scala più minuta a quella più ampia, qualunque processo di trasformazione e di innovazione dovrà essere oggetto di attenta valutazione critica e di controllati approfondimenti formali. E se il restauro si porrà come progetto, viceversa, qualunque atto di progettazione non potrà non proporsi come implicante tematiche inerenti al restauro».

Il miglioramento sismico per non snaturare l’opera

«È nella ricerca del difficilissimo equilibrio tra le ragioni della sicurezza statica e quelle della conservazione dei beni architettonici cui a mio avviso il professor Carbonara ha dato il meglio di se stesso», afferma Paolo Rocchi, ordinario (ora fuori ruolo) di Consolidamento degli edifici storici – Sapienza Università di Roma. «Non secondario – ricorda ancora Rocchi – il suo apporto alla messa a punto del concetto di miglioramento sismico che rende non obbligatorio il raggiungimento dell’adeguamento più invasivo. Prima che nascesse questa possibilità del miglioramento, l’adeguamento totale del monumento all’azione sismica poteva poteva comportare lo snaturamento completo del bene. Con il miglioramento ci si accontenta di raggiungere una certa soglia prefissata, mantenendo le caratteristiche e il valore dell’opera».

La reintegrazione dell’immagine e la componente creativa nel restauro

«Certamente “La reintegrazione dell’immagine” è stato uno studio fondamentale di apertura alle ipotesi critiche e all’applicazione della teoria brandiana nel restauro dell’architettura, in coerenza con la posizione anche critica del restauro. Siamo nel 1976 e da un certo punto di vista parte un lavoro di affinamento e di aggiornamento del pensiero sul restauro del patrimonio culturale che prende sostanza», afferma Daniela Esposito, ordinario di Restauro, direttrice del Dipartimento di Storia, Disegno e Restauro dell’Architettura – Sapienza Università di Roma.

«Tra gli anni ’76 e il ’90 del Novecento – prosegue -, il confronto con il mondo accademico e anche professionale nel campo del restauro avviene con la scuola romana, quella di Napoli e quella di Milano, in un clima di ricerca continua incentrata proprio sul valore e sull’autenticità architettonica e sui criteri e i metodi del restauro di cui “La reintegrazione dell’immagine” sicuramente segnò la strada, la solcò, soprattutto per la componente creativa nel restauro della materia intesa brandianamente come supporto fisico dell’immagine dell’opera d’arte». «Quindi sul tema della reintegrazione e dell’unità potenziale dell’opera d’arte, nonché della materia come stimolo all’epifania dell’immagine, Carbonara – spiega ancora Daniela Esposito – innestò in prima persona un dibattito con coraggio e una ricerca costante nei criteri, nel metodo del restauro, che manteneva comunque le sue fedeltà alle posizioni d’origine della cosiddetta filologia e che univa però contenuti propri della posizione critica e creativa del restauro».

Il restauro come atto di cultura

Alessandro Ippoliti, ordinario di Restauro, direttore del Dipartimento di Architettura e prorettore al patrimonio architettonico – Università degli Studi di Ferrara, spiega come il professore Carbonara interpretasse il rapporto tra storia e restauro. «Il suo modo di operare – afferma Ippoliti – è sempre stato fondato sull’assunto che tutti gli aspetti della didattica, della ricerca, della professione e del restauro fossero intimamente collegati tra loro. Per Carbonara il restauro doveva essere prima di tutto un atto di cultura, intesa come cura del sapere stesso e non solo come semplice possesso di informazioni». «Generare coscienza critica e progresso», è questo per Ippoliti l’insegnamento più grande che il professore ci ha lasciato. Le sue esperienze – prosegue – hanno un principio comune: «quello di attribuire al rapporto tra storia e restauro una natura problematizzante e dialettica non banalmente consequenziale. L’indagine storica è un processo conoscitivo che non può solo precedere il progetto né tantomeno essere escluso dall’iter progettuale. Le esperienze di cantiere ben condotte possono certamente far emergere nuovi contributi alla conoscenza del processo storico in architettura».

Il professore legge poi un’annotazione di Carbonara che spiega bene il rapporto tra storia e restauro: «Fare storia per conoscere e fare restauro, e quindi architettura, per conservare, nella consapevolezza che la distanza tra teoria e prassi può essere ridotta solo attraverso l’affermazione della cultura del restauro e della sua traduzione in termini di saggezza restaurativa. Una saggezza – scriveva ancora Carbonara – che trae forza dalla capacità dell’architetto di instaurare un rapporto proficuo tra storia e restauro indagando non solo la materia della fabbrica, ma anche la processualità storica, figurativa che ha caratterizzato la sua esistenza. Questo delicato equilibrio racchiude e collega i grandi territori della storia e del restauro dove ogni parte è necessaria alla comprensione del tutto e viceversa dove l’analisi storica non consiste nella semplice ricostruzione di un testo o di un momento del passato, ma in una revisione critica per la quale la conoscenza si esplicita attraverso un continuo processo di apprendimento e interpretazione. Solo da una visione critica d’insieme, attenta alla realtà costruita, passata e presente può scaturire un progetto di restauro consapevole, carico di conoscenze storiche e allo stesso tempo appartenente alla dimensione dell’architettura».

Una vita spesa per la bellezza

«”Giovanni Carbonara, un modello per la professione”: il titolo di questa bellissima giornata di studi ben coglie il senso di una vita spesa per la teoria e per la prassi», afferma Marco Maria Sambo, segretario dell’OAR e direttore di AR Magazine.

«Il suo percorso – prosegue l’architetto – delinea un cammino organico e tende ad unire la filosofia del restauro con la possibilità concreta di operare sul campo salvando la materia con l’obiettivo nobile di dare nuova vita a monumenti e architetture. Quindi un percorso bellissimo, una vita spesa per la bellezza per tramandare ai nostri figli ciò che il passato ci ha lasciato in eredità. Il restauro per Giovanni Carbonara – ricorda ancora Sambo – è un atto critico che parte sempre da un’attenta e puntuale analisi storica. Le tracce del passato diventano i frammenti necessari per ragionare sul nostro futuro. Salvare e restaurare l’architettura hanno rappresentato per Giovanni Carbonara una missione di vita, un impegno non solo accademico, ma civile». Il segretario dell’OAr ricorda alcune pubblicazioni del professione una produzione che definisce «sterminata e bellissima».

Hanno partecipato al dibattito finale: Elisabetta Pallottino, ordinario di Restauro e coordinatrice del master in Restauro architettonico e recupero della bellezza dei centri storici dell’Università Roma Tre, che ha raccontato dell’ottimo rapporto di dialogo instaurato con Giovanni Carbonara, nonostante la ben nota divergenza di idee tra le due scuole romane. Francesco Scoppola, già direttore generale Educazione e ricerca del MiC si è soffermato sul significato accademico e professionale dell’opera di Carbonara. Alessandro Pergoli Campanelli, docente di restauro e curatore con Carbonara delle rubriche Architettura e Restauro su AR, rivista dell’OAR, ha ricordato alcune peculiari qualità del professore, capace di generare negli allievi la voglia di studiare e approfondire e di infondere la voglia di cercare sempre cose nuove, perché non amava ripercorrere sempre gli stessi campi. Lo ha ricordato come amico generoso, Corrado Bozzoni, professore emerito di Storia dell’Architettura alla Sapienza, con cui Carbonara ha iniziato la carriera universitaria (erano entrambi assistenti di Renato Bonelli). Un ricordo, tra aneddoti familiari e interessanti curiosità sulla vita accademica di Carbonara, è condiviso da Lucio Carbonara, fratello di Giovanni e professore emerito di Urbanistica alla Sapienza.

di Mariagrazia Barletta

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