Puntare sulla capacità di fare rete, mettendo a sistema i «saperi», la creatività ed il «saper fare» presenti e radicati sul territorio. E riuscire a proiettarli nel futuro, costruendo connessioni, punti di incontro e soprattutto visioni e strategie per valorizzare un patrimonio culturale – che si traduce in competenze, eccellenze, ma anche in potenzialità economiche e sociali – di cui artigianato e architettura possono essere assi portanti. Sono alcuni dei temi che sono stati al centro del convegno «Architettura & Artigianato – Genesi della ‘Grande Bellezza’», svoltosi lo scorso 17 febbraio alla Casa dell’Architettura. All’evento, organizzato dalla Commissione Urban Center dell’Ordine degli Architetti di Roma e provincia hanno preso parte i vari soggetti coinvolti nel rilancio della filiera creativa e produttiva romana e laziale, dalle istituzioni – come Regione Lazio, con la partecipazione della vicepresidente Roberta Angelilli, e Roma Capitale – alle associazioni (FaròArte, in particolare, che ha illustrato proposte e iniziative per la promozione della rete dell’artigianato creativo), fino ai rappresentanti del mondo delle professioni. Una riflessione nella quale è emersa l’importanza di creare network – per la condivisione, la pianificazione, la partecipazione -: un’idea nella quale si inserisce a pieno titolo la nascita del nuovo Urban Center di Roma promosso dall’OAR.
A introdurre la giornata, evidenziando il filo conduttore dell’evento, è stato Francesco Aymonino, vice presidente OAR e coordinatore della Commissione Urban Center dell’Ordine, sottolineando come «uno dei principali problemi di Roma risieda proprio nella poca capacità di fare rete». La Capitale – ha spiegato – «è un luogo ricco di iniziative promosse, a seconda dei casi, da istituzioni, associazioni, singoli quartieri, volte a fare crescere in città la cultura del progetto. Il rapporto tra architettura e artigianato – in particolare -, che affonda le radici nella storia, è un elemento importante nell’ottica di un rilancio di saperi ed energie creative, negli ultimi decenni gradualmente espulsi dal centro storico di Roma e che invece rappresentano un patrimonio culturale da recuperare. A tale scopo, però, è fondamentale fare sistema, condividendo iniziative e proposte che possano garantire una ripresa del settore». L’idea di lavorare insieme, fare rete, costruire luoghi e occasioni per rafforzare sempre di più il ‘sapere diffuso’ – che è alla base del rilancio non solo del territorio romano e laziale, ma dell’Italia stessa -, ha proseguito Aymonino, «significa agire per far crescere la cultura della committenza, di qualsiasi tipo essa sia, consentendole di comprendere l’importanza di introdurre bellezza e qualità nei processi di trasformazione urbana, con architetti e artigiani che, in tale ottica, svolgono da sempre un ruolo fondamentale». Il vice presidente OAR ha infine sottolineato «come il nuovo Urban Center per Roma – che allineerà la Capitale alle maggiori città del mondo – possa rappresentare quell’hub di rete della creatività romana in grado di fare incontrare esperienze, progetti, saperi, e di raccontare e far conoscere a tutti le iniziative in atto».
Il primo Urban Center Metropolitano di Roma – progetto di Roma Capitale e Città Metropolitana, in collaborazione con l’Ordine degli Architetti di Roma –, si è poi ricordato, avrà sede in Viale Manzoni, a circa un chilometro dalla stazione Termini (qui l’articolo sulla presentazione: LINK https://www.architettiroma.it/notizie/pianificazione/presentato-lurban-center-metropolitano-di-roma-sara-a-viale-manzoni-oar-protagonista/, all’interno del compendio immobiliare che ospita la sede dell’Itis Galileo Galilei, per il cui allestimento è stato pubblicato un concorso di progettazione sulla piattaforma CAN messa a disposizione dall’OAR (qui gli ultimi aggiornamenti LINK https://www.architettiroma.it/notizie/concorsi/concorso-urban-center-roma-entro-il-25-febbraio-la-consegna-delle-proposte-progettuali/ e la pagina dedicata LINK https://ucm.competitionarchitecturenetwork.it/?pk_vid=cf98adcdbb69ad94170678524223c481).
Il punto sulle strategie da mettere in campo, in particolare, per il rilancio dell’artigianato a Roma e nel Lazio, anche in riferimento alle proposte di modifica della normativa vigente, è stato fatto – riportando il punto di vista dell’associazione – da Dionisio Mariano Magni e Carlo d’Aloisio Mayo, rispettivamente presidente e vice-presidente di FaròArte per il #MadeinRome. Il primo ha spiegato, nel suo intervento come «l’artigianato artistico e creativo, tradizionale e innovativo, sia ‘paesaggio culturale’, opera combinata della Natura e dell’Uomo, come definito dall’Unesco». Un ragionamento che si coniuga, in modo particolare, con la realtà di Roma, «nel cui paesaggio si incontrano tante sovrapposizioni, in cui sono intervenute tante ‘mani’ e ‘pensieri’, creando una ‘Grande Bellezza’ che deve essere tutelata». In riferimento al territorio romano e laziale, e in particolare alla legge regionale sull’artigianato (n. 3/2015), ha proseguito Magni, «abbiamo immaginato e ipotizzato una strada alternativa da percorrere che riconoscesse all’artigianato artistico creativo non il valore di impresa – in quanto non ha la dimensione per costituirsi come tale – ma di forza motrice in grado di essere portatrice di un processo culturale. Da attività economica industriale, quindi, ad attività di carattere artistico storico sociale. L’obiettivo, in una visione innovativa, è di far germogliare la nuova creatività ri-partendo dalla radice culturale dell’artigianato e ri-connettendola alle altre attività creative, come architettura e design».
Presentati dati che fotografano, nel contesto romano e laziale, per il segmento artistico e tradizionale del settore artigianato, la «progressiva riduzione della capacità economica di ciascun soggetto e, contestualmente, la diminuzione della nascita di nuove imprese, a fronte anche della progressiva delocalizzazione, trasformazione in altro o chiusura di molte di quelle esistenti». Solo nel Centro Storico di Roma, nei primi anni Novanta operavano circa 5000 imprese artigiane. Queste, dieci anni dopo, si erano ridotte a circa 2000; a 1000 nel 2010. Oggi sono circa 500. «Il nostro scopo – ha sottolineato d’Aloisio Mayo – oltre alla tutela di chi ha resistito, è di rimettere in gioco le 4.500 realtà che, nel corso dei decenni, sono venute meno. Ma non potremo farlo camminando a ritroso, pensando di riaprire le botteghe chiuse. In questa ottica abbiamo elaborato le proposte – presentate a tutti i gruppi consiliari e agli assessori della Regione Lazio – per modificare la legge 3/2015, arrivata già a suo tempo con quindici anni di ritardo e che oggi riteniamo debba essere almeno parzialmente rivista». Le proposte si incentrano, tra l’altro, sulla distinzione dell’artigianato tra «tecnico, di servizio e di produzione» e «creativo e artistico, tradizionale e innovativo». In generale, tra le sfide del futuro indicate da FaròArte ci sono: l’affermazione, anche attraverso la revisione della normativa di riferimento, che «l’artigianato è paesaggio culturale»; la ri-generazione della connessione tra creativi, architetti e artigiani, design e «saper fare», dal lavoro alla formazione specifica; il passaggio dal concetto di bottega a quello di «hub», dove promuovere visibilità, valori, interconnessione e formazione finalizzata; l’attenzione alla governance e alla necessità di fare rete, anche ricorrendo allo strumento di una Fondazione di Partecipazione e al progetto di rete denominato #MakeinRome.
Rilevante, in prospettiva, il riscontro ottenuto dalla vicepresidente e assessore Attività Produttive Regione Lazio, Roberta Angelilli, che ha espresso apprezzamento per le proposte avanzate per la modifica della normativa regionale e, in generale, per il rilancio del settore artigianale sul territorio. «Quello che emerge – ha detto – è una visione strategica di cui c’è sempre più bisogno. Abbiamo il dovere di mantenere in piedi una storia e una identità fatte di eccellenze, rendendole però competitive nello scenario attuale. Architettura e artigianato, in particolare, racchiudono il saper fare, concreto e tangibile, ma anche carico di creatività, innovazione, arte e bellezza. Rappresentano un volano per il nostro made in Italy, che non è fatto solo di oggetti – dalla moda all’arredamento – ma di visione e identità: dobbiamo recuperare il senso della nostra unicità». Per farlo, ha aggiunto la vice presidente regionale, sarà necessario intervenire anche sul fronte della normativa, con particolare riferimento alla legge 3/2015, che «dovrà essere rivista e riattualizzata, ridandole forma e potenzialità. In questo senso, tra i temi cruciali ci saranno: «le competenze, con la formazione – tenendo insieme visione, programmazione ed eccellenza – che sia allineata anche alla ricerca e all’innovazione tecnologica; il modello d’impresa, riposizionando l’impresa artigiana nei sistema produttivo, anche nel segno della sostenibilità; la riaffermazione di come la ‘bellezza’ non sia antitetica allo sviluppo: chi ricerca la bellezza e vi applica i suoi saperi non deve essere tagliato fuori dalla produttività e dalla ricchezza; infine, la ricerca di un protagonismo anche internazionale». In conclusione, ha rimarcato Angelilli, «dovremo investire puntando a valorizzare il sapere e le competenze diffusi. Per farlo sarà necessario fare sistema: ci vorranno progetti condivisi e risorse adeguate che potranno essere reperite grazie alla disponibilità finanziaria che caratterizza l’attuale momento storico». L’intervento della vice presidente si è chiuso con l’impegno «ad aprire a stretto giro una audizione o un tavolo di ragionamento per modificare la normativa vigente».
Da registrare, infine, anche il messaggio inviato da Monica Lucarelli, assessore alle Attività Produttive di Roma Capitale, nel quale è stata confermata la volontà di «invertire una rotta che ha visto progressivamente, il tramonto delle botteghe e la perdita di molte professionalità. La vocazione artigiana della Capitale, tuttavia non si è mai spenta». L’obiettivo, ha scritto l’assessore, «è spingere sulla promozione dell’artigianato artistico d’eccellenza e della ricontaminazione dell’architettura artigianale, con particolare attenzione alla valorizzazione delle botteghe storiche, alla crescita delle competenze artigianali tra le nuove generazioni e alla creazione del Distretto dell’Artigianato artistico a Tor di Nona. Sostenibilità è diventata la parola guida per le generazioni future: il nostro progetto abbraccia questa filosofia e la integra nella struttura stessa del nostro tessuto produttivo. Vogliamo – ha concluso – valorizzare e sostenere gli artigiani, che con maestria e dedizione creano opere uniche, e favorire la ricontaminazione tra architettura e artigianato, promuovendo la creazione di reti che permettano la nascita di progetti innovativi che vedano la tradizione fondersi con la modernità». (FN)