“Fondamentale è sempre stato l’incontro delle comunità che avrebbero abitato le sue opere, in anni in cui nessuno parlava di progettazione partecipata”.
Così Jacopo Zagari, figlio dell’Architetto che ha dedicato una vita alla difesa ed alla valorizzazione del paesaggio, commenta la mostra di Schegge alla Casa dell’Architettura dall’8 al 12 ottobre.
L’esposizione, organizzata dall’Ordine degli Architetti PPC di Roma nell’ambito di Far | il Festival dell’Architettura, comprende venti tra disegni e memorabilia realizzati dal Maestro e già esposti in Italia ed all’estero, scelti per comunicare al grande pubblico il modus operandi nel processo progettuale, che sempre ha preso le mosse da un’emozione istintiva ed artistica, per poi evolversi nello studio di luoghi e persone.
Un allestimento per mostrare un piccolo spaccato della personalità dell’Architetto e traghettare come eredità morale ai posteri il dover riconoscere giusta dignità alla progettazione del paesaggio, in un paese come l’Italia che di beltà ne ha in ogni dove.
Non limitare l’ideazione ad un oggetto architettonico in senso stretto, ma comprendere lo spazio nella sua interezza, determinato da una sapiente alternanza di vuoti e pieni, come tangibile nei suoi progetti di Piazza Montecitorio a Roma (1998), nell’ingresso delle grotte di Niaux con Massimiliano Fuksas (1994), nell’Auditorium Parco della Musica con Renzo Piano (1994-2000), nella Place Jean Jaures a Saint Denis (2005).
Energia, vivacità e contatto con le persone.
Questo il messaggio di Zagari, che con speranza si deve traghettare in realizzazioni di ampio respiro, come da lui auspicato.
Tra le curiosità un’immagine della tesi di laurea del noto Paesaggista, avente come oggetto il quartiere di Borgo Pio.
Dal suo intervento nel 2019 in un’assemblea Associazione Italiana di Architettura del Paesaggio | AIAPP:
“Due valori devono ancora essere pronunciati e spesi con tutta la loro forza, parlando al Paese: la bellezza e la dignità del lavoro parti essenziali e fra loro indistinguibili del codice genetico della cultura europea contemporanea, basate sulla continuità di un equilibrio che nel paesaggio c’è sempre stato fra la consapevolezza della storia e la visione del futuro, e la continuità di uno spirito di accoglienza e di acclimatazione che ha fatto sempre del regno del giardino un’oasi di civiltà”.