di Redazione OAR
Una dotazione di 30,8 miliardi di euro per un settore di primaria importanza per la crescita di un Paese, come quello dedicato alla formazione, e uno sforzo mirato a sviluppare conoscenza, competitività e resilienza, a partite dalla risoluzione di criticità strutturate nel sistema.
La Missione “Istruzione e ricerca” si pone l’obiettivo di contenere e talvolta rivoluzionare questi asset, attraverso l’ampiamento qualitativo e quantitativo dei servizi, il miglioramento di formazione e reclutamento di insegnanti, il potenziamento delle infrastrutture (scuole, università, residenze universitari, laboratori, ecc…), la riforma degli studi di approfondimento specialistico come i dottorati, il rafforzamento della collaborazione tra università ed imprese all’insegna dell’innovazione.
Il tutto a patto di prestare attenzione alle disparità regionali e di attuare una concreta transizione ecologica e digitale che ci lanci in un futuro di rilancio dell’intero Paese.
Tra le carenze dell’offerta scolastica troviamo un esiguo numero di posti disponibili per i bambini più piccoli, che, insieme ad un’iniqua ripartizione dei carichi familiari, influenza negativamente l’occupazione femminile.
Non si può infatti prescindere dall’assistenza alle famiglie quando si ha a che fare con l’organizzazione del lavoro ed in particolar modo di libere professioni, scarsamente tutelate sotto il profilo del welfare.
Elevato anche il tasso di abbandono scolastico stimato dal Ministero dell’Istruzione (MIUR DGCASIS) nel 3,8% nelle scuole secondarie di primo grado, con rilevanza su fattori come il reddito o il divario culturale.
Il gap infrastrutturale presente nelle costruzioni scolastiche, compresa la non competitività dei servizi allo studente, frena il dialogo tra istruzione e domanda di lavoro.
A fronte di un 20% di capitale umano qualificato che ha conseguito un dottorato e che preferisce l’estero, circa il 33% delle imprese italiane lamenta difficoltà di reclutamento, mentre sono il 31% i giovani fino a 24 anni che non hanno un’occupazione pur cercandola.
Macchinoso quindi l’incontro tra mondo del lavoro e giovani, che ancora risultano distanti nonostante gli sforzi finora messi in campo.
Limitato anche il numero dei ricercatori pubblici e privati rispetto alla media degli altri paesi avanzati, con perdita progressiva di talento scientifico tecnico che limita lo sviluppo e la competitività dell’Italia. Questo comporta anche una ridotta domanda di innovazione da parte delle imprese che non investono in tecnologia e ricerca, tralasciando preziose opportunità di modernizzazione dei processi produttivi.