Di Redazione OAR
Il mondo si è forzatamente rallentato in questi ultimi due mesi e questa situazione sospesa ha favorito bilanci o comunque sguardi attenti su ciò che è o era attorno a noi.
Fabio Barilari, fondatore dello studio FBA, ci sprona a focalizzarci sulla città di Roma, perché, attraverso la cristallizzazione del tempo dovuta al Covid19, possiamo osservarne criticità ed opportunità in maniera più lucida.
La Capitale, con i suoi 29 milioni di visitatori l’anno, soffre di un’altissima concentrazione di beni ad altissimo valore storico – culturale nel centro storico, tale da offuscare il territorio periferico più consistente dimensionalmente.
“Se si pensa che solamente il Pantheon accoglie 9 milioni di turisti, con una media giornaliera superiore alle 24 mila unità giornaliere e che tutto ciò si svolge in un’area di 14 mila mq di centro storico a fronte di uno sviluppo urbano complessivo superiore ai 1.300 kmq, appare chiaro che la città vive uno sbilanciamento – spiega Barilari.
Da qui scaturiscono molte criticità del sistema Roma.
“La dimensione periferica di circa 100 volte più ampia non offre alcuno spunto di interesse in grado di far decomprimere e respirare il centro storico – continua Barilari – Non si tratta solo della pur necessaria tutela dei beni culturali esistenti. Quale esperienza è possibile fare in un luogo come il Pantheon visitato in quelle condizioni?”.
Una città quindi schiacciata da un afflusso turistico esorbitante e centripedo che segue la traiettoria della maggior parte dei lavoratori che affollano le zone centrali per poi abitare in aree più marginali.
Che sia venuta l’ora di lavorare su nuovi pesi e nuove misure per concedere a Roma un po’di respiro ed un’armonia urbanistica più nitida?
“Si devono realizzare alternative in grado di dialogare e soprattutto competere con questo centro storico. Occorre il coraggio di favorire la ricerca della progettazione architettonica e urbana includendo l’arte affinchè possano essere sviluppati nuovi beni culturali che abbiano la funzione di decompressione – spiega Barilari – Abbiamo ambiti urbanizzati enormi e talmente compromessi da non offrire più alcun collegamento storico culturale con questa città”.
In questi lembi marginali si configura il contesto ideale per assumersi il rischio di questa sperimentazione. Come? “Con i concorsi a due fasi che garantiscono l’anonimato e la partecipazione a programmi internazionali di valore come C40 Cities – suggerisce Barilari – per realizzare contesti urbani organici ed articolati che includano l’arte e stimolino l’interesse, in grado di offrire condizioni per lo sviluppo di un senso di comunità che faccia sentire protetti e accolti”.
(GV)