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Architettura
29 Aprile 2020

Post Covid19. Pier Giorgio Giannelli: «architetti al servizio delle comunità»

di Redazione OAR

Competenze, questione ambientale, formazione, spirito di servizio verso la comunità di riferimento. Sono i punti chiave su cui gli architetti dovranno puntare per tornare ad assumere – a partire da una fase delicata come quella che caratterizzerà il post emergenza epidemiologica da Covid19 – un ruolo chiave per la ripartenza del Paese. A dirlo è Pier Giorgio Giannelli, presidente dell’Ordine degli Architetti di Bologna, che inaugura il ciclo di riflessioni che l’OAR ha chiesto ai presidenti di diversi ordini provinciali, rispondendo a domande (come cambierà la professione? quale sarà il ruolo degli architetti? cosa possono fare gli Ordini per – e con – i loro iscritti?) sullo scenario del prossimo futuro.

L’architettura ha (ed avrà) – afferma Giannelli – «un chiaro ruolo sociale, in quanto si lega in modo diretto alla qualità della vita delle persone». Gli architetti, quindi, «potranno avere una parte fondamentale per il futuro della società nella misura in cui sapranno leggere positivamente il cambiamento e interpretare al meglio la propria funzione, nel più ampio spirito di servizio verso la comunità di riferimento». L’auspicio, prosegue, «è che l’emergenza in corso riporti in primo piano il tema delle competenze, in una società che possa affidarsi realmente a chi le possiede. Gli architetti – che uniscono saperi umanistici e tecnici – possono essere determinanti. Per cogliere l’occasione, però, dovranno muoversi collettivamente, proponendo le riforme necessarie a stipulare un nuovo patto sociale con il Paese e facendo in modo che la professione venga di nuovo percepita come utile dalla comunità».

Il punto di partenza sarà la capacità di cogliere gli spunti di riflessione connessi alla situazione in atto. «Basti pensare – osserva il presidente dell’Ordine di Bologna – come in soli due mesi di lockdown i parametri sulla qualità dell’aria nella Pianura Padana si siano stabilizzati e le acque, laddove erano sporche e limacciose, siano tornate cristalline: questi fatti che ci dicono molto sull’impronta ecologica che stiamo lasciando sulla terra. E, per un architetto, si devono tradurre in una rinnovata attenzione a temi come la scelta dei materiali da utilizzare, la loro riciclabilità, l’energia grigia dei diversi prodotti, impiegata nel loro intero ciclo di vita. Sul fronte ambientale si gioca una sfida molto improntate: come progettisti dobbiamo essere in grado di offrire risposte qualificate. In quest’ottica servirà una formazione di altissimo livello».

L’Ordine ha il compito di affiancare gli iscritti con iniziative utili e farsi, allo stesso tempo, propulsore di occasioni di progettualità. «A Bologna il cambiamento è già arrivato. Con il lockdown la segreteria lavora in smart working e servizi agli iscritti vengono comunque erogati. La formazione professionale si fa in remoto, così come riunioni e commissioni del Consiglio. Abbiamo pensato che una parte della nostra sede potesse essere dedicata a una sorta di servizio di welfare per chi è stato più colpito della crisi economica connessa all’emergenza Covid19: si è deciso, così, che quasi la metà degli spazi avrebbe potuto essere convertita in aree di coworking con postazioni fisse, temporanee e sale riunioni. In questo modo un certo numero di iscritti, oltre a una postazione, avrà un luogo fisico in cui incontrarsi, scambiarsi idee e ideare progetti. Magari da realizzare insieme all’Ordine e in favore delle nostre comunità. Contiamo di aprire per l’autunno, sperando che la sede divenga finalmente la casa degli architetti di Bologna».

(FN)

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