di Redazione OAR
In una realtà lavorativa che – dopo l’esplosione dell’emergenza epidemiologica globale – sarà fatta sempre meno di incontri «di persona», una delle principali sfide per i progettisti sarà quella di coltivare relazioni e costruirsi fiducia anche senza incontrare i propri clienti di persona. Con città, spazi lavorativi e abitatitivi che saranno caratterizzati sempre più dalla flessibilità. A dirlo è Maurizio Papa, architetto associato presso UnStudio Amsterdam, lo studio olandese fondato da Ben van Berkel e Caroline Bos, con sedi anche a Shanghai, Hong Kong, Francoforte.
«Lo studio in cui lavoro – afferma l’architetto – si è adattato rapidamente alla nuova dimensione: nel giro di pochissimi giorni siamo riusciti ad essere pienamente operativi in chiave digitale e a continuare senza interruzione le consegne dei vari progetti. Il vero cambio nel modo di lavorare, per una realtà globale come UnStudio, è iniziato il mese precedente al lockdown europeo, quando è divenuta concreta l’impossibilità di raggiungere via aereo i clienti e presentare loro le idee, discutendo nei vari workshop i dettagli dei progetti».
Nel prossimo futuro – continua Papa – «dovremo necessariamente reinventarci, sfruttando al massimo le potenzialità delle tecnologie digitali per riuscire, in qualche modo, a continuare a costruire le relazioni che caratterizzano il nostro lavoro, nonostante ci sia una separazione», una distanza fisica dai clienti.
La componente fisica del presentare «di persona» un progetto o un’idea, «di capire cosa pensa chi ci sta davanti, dalla sua espressione o da un gesto, è qualcosa che difficilmente può essere sostituito da una videoconferenza», osserva il progettista, che spiega: «Il lavoro dell’architetto, locale o globale che sia, si basa sulla fiducia che il cliente ripone in lui, nella sua esperienza e nel suo network. Una fiducia che non si ottiene consegnando disegni tecnici o rendering fantastici. Ma che si costruisce piano piano, meeting dopo meeting, e che cresce affrontando insieme le sfida per raggiungere un risultato ambizioso.
Ma come saranno le città dopo il Coronavirus? «Sicuramente diverse – afferma Papa -. Dopo mesi passati a lavorare da casa non saremo pronti a tornare negli open space. Crescerà la tendenza già vista in vari progetti: ridurre al minimo il numero di scrivanie fisse negli uffici in favore di spazi flessibili e informali. In questo momento, tutti chiedono flessibilità, stiamo scoprendo che si può lavorare da luoghi diversi: questo forse contrarrà la richiesta di uffici in favore – magari – di case più grandi, dotate di un piccolo studio che diventi una sorta di estensione dell’ambiente lavorativo, sempre più presente all’interno della sfera privata».
(FN)