di Redazione OAR
Tutela, valorizzazione, promozione, fruizione: anche le tante attività connesse alla gestione del patrimonio culturale – ricchezza inestimabile per Roma e l’Italia intera – hanno dovuto (e, soprattutto, dovranno) fare i conti con i cambiamenti forzati legati all’emergenza epidemiologica da Covid19. Come sarà la ripartenza? Ne abbiamo parlato con Margherita Eichberg, soprintendente Archeologia, belle arti e paesaggio per l’area metropolitana di Roma, la provincia di Viterbo e l’Etruria meridionale.
«Lo scenario per la tutela del patrimonio culturale – afferma – non sarà tanto diverso da quello precedente l’emergenza. Parte delle attività di tutela si svolgono negli uffici e negli studi professionali. I nostri uffici sono dimensionalmente sufficienti ad ospitarci in sicurezza, tra turni ed opportune cautele. Altre attività si svolgono in presenza del bene e sul bene, interagendo con altre persone. Dovremo trovare il modo di esercitarle, sia pure in sicurezza, perché abbiamo il dovere di conservare il nostro patrimonio e di trasmetterlo al futuro». La soprintendenza – prosegue – «rilascia pareri ed autorizzazioni, indirizza e segue i lavori, esegue direttamente interventi sui beni in consegna o tutelati di particolare interesse: dal punto di vista del lavoro amministrativo non abbiamo smesso di lavorare neppure durante la fase emergenziale delle scorse settimane. Lo abbiamo fatto in lavoro agile, visionando carte, formulando atti e pareri, confrontandoci in teleconferenza. Anche con i tecnici esterni abbiamo avuto scambi con queste modalità».
Ma l’assetto emergenziale «non può diventare la norma», precisa Eichberg, in particolare per quanto riguarda i restauri. «C’è bisogno del confronto in presenza, con le carte e in cantiere. Il lavoro di restauro si mette a punto facendolo, ed il confronto in itinere – fra chi lo esegue e chi lo dirige, ne condivide i criteri, ne affronta i problemi via via che si presentano, e ne verifica gli esiti – non può e non deve essere evitato. Va trovato il modo di farlo in sicurezza, non accettare alternative».
Anche la fruizione del patrimonio è destinata, almeno in parte, a cambiare. «Nei grandi musei – spiega la soprintendente – si dovranno evitare gli elevati numeri del turismo di massa con ingressi a prenotazione, e si metteranno in atto forme alternative di fruizione a distanza, già in corso di sperimentazione. La nostra soprintendenza, detiene solo piccoli musei e siti archeologici in gran parte all’aperto, che offrono visite in sicurezza. Sarà l’occasione, se sapremo organizzarci, per avere un aumento dei visitatori. La prossima stagione turistica segnerà la rivincita delle mete alternative, dei musei minori, delle piccole città d’arte che si potranno raggiungere con brevi tragitti».
Un ruolo chiave lo avranno gli architetti, grazie alle competenze proprie della loro figura professionale. «Gli architetti sono le figure alle quali è affidato per legge il progetto di manutenzione e restauro del patrimonio tutelato, monumentale o meno – sottolinea Eichberg -: per formazione conoscono l’architettura tradizionale, sanno di storia dell’architettura e sanno leggere il paesaggio. Anche le archistar hanno riconosciuto i vantaggi dei piccoli centri, degli spazi pubblici a misura d’uomo, delle case spaziose dove si possono trovare le migliori condizioni igieniche e sociali. Su questo patrimonio gli architetti sanno mettere mano. In un futuro in cui l’abitare non sarà soltanto tecnologia, per gli architetti ci sarà forse più spazio di prima».
(FN)