di Redazione OAR
La situazione «surreale» connessa all’emergenza epidemiologica da Covid-19, soprattutto in riferimento alle drastiche misure di distanziamento sociale adottate per arginare il contagio – e alla conseguente permanenza forzata nello spazio domestico per un numero elevato di persone -, deve aprire una riflessione sul rapporto tra ricerca architettonica e mondo delle costruzioni. In particolare per quanto riguarda l’urgenza di ripensare i modelli abitativi.
A dirlo è Giuseppe Vultaggio, architetto, classe ’76, titolare dello studio GVultaggio creative office, laboratorio creativo interdisciplinare di architettura e comunicazione visiva con base a Roma. «Ricerca architettonica e mondo delle costruzioni – afferma – sono due realtà che dovrebbero essere sovrapposte ma tra le quali, invece, si è creato da anni un un lento e progressivo distaccamento, una sorta di un gap».
Dagli anni Settanta in poi – continua Vultaggio – «le ricerche sui nuovi modelli insediativi e sul social housing sono state innumerevoli e di grande pregio: purtroppo, però, hanno prodotto un numero esiguo di realizzazioni». Gli architetti, in sostanza, hanno tentato di immaginare e progettare il futuro, «ma quando questo è arrivato davvero, in una chiave distopica, ci ha colti impreparati».
Di fatto, «siamo stati tutti rinchiusi in abitazioni che sono state pensate in riferimento a modelli abitativi superati e datati», spiega l’architetto, che aggiunge: «L’auspicio è che, in seguito alla grande crisi generata dall’emergenza epidemiologica, si possa avviare, sul tema, una riflessione sul gap tra ricerca architettonica e mondo delle costruzioni, giungendo finalmente alla conclusione che la prima debba necessariamente dettare la linea al secondo, e non viceversa».
(FN)