di Redazione OAR
«L’architettura è espressione di cultura e di civiltà. E la nostra professione – dopo la dura prova alla quale ci ha sottoposto l’emergenza epidemiologica da Covid19 – dovrà per forza cambiare, riscoprendo la sua natura più intrinseca». A dirlo è Gelsomina Passadore, presidente dell’Ordine degli Architetti di Biella, che offre uno sguardo – da una delle regioni, il Piemonte, tra le più colpite dal contagio. – sulla futuro della professione e sul ruolo degli ordini.
L’architetto, afferma, «dovrà riprendere coscienza della propria professionalità, offrendo risposte dirette alla collettività, creando luoghi, spazi, case che tengano in considerazione, in primis, il benessere dei loro fruitori». Il cambiamento, tuttavia, «non si attuerà in modo indolore. Senza le giuste politiche, ci saranno – soprattutto all’inizio – meno opportunità di lavoro e tutto sarà più complicato. Sarà richiesto maggiore controllo in tutte le fasi del nostro lavoro, con più carico di responsabilità per il professionista. Il compenso non aumenterà proporzionalmente rispetto alle nuove incombenze. Vi saranno, inoltre, mutamenti legati alle nuove forme di lavoro da remoto, che andranno a discapito di quella intensità progettuale che può essere conseguita solo in sinergia con colleghi e collaboratori».
Il ruolo degli architetti, in ogni caso – rimarca la presidente dell’Ordine di Biella – «non potrà essere sostituito da altre figure e – in prospettiva – sarà ancora più determinante. Gli architetti saranno chiamati a rivedere gli spazi dell’abitare, del vivere, del lavorare, in funzione di nuove esigenze, abitudini e forse anche normative che si renderanno necessarie. Ad esempio, si dovrà tenere conto dell’importanza di avere a disposizione postazioni per il lavoro all’interno delle abitazioni, ricercando la flessibilità in arredi e spazi. Oppure: la possibilità di avere, a livello collettivo, condominiale o privato, un proprio spazio verde da coltivare e per accedere alla natura. Sono alcuni dei temi più evidenti su cui ragionare nel futuro e di stretta competenza per gli architetti. Ai quali si aggiungono questioni come mobilità, logistica, impatto delle costruzioni sul territorio», ai quali i progettisti potranno dare un contributo di concerto con altre figure professionali.
Cosa potranno fare gli ordini? In questa fase emergenziale, afferma Passadore – «gli ordini sono stati chiamati a porsi in modo solidale nei confronti degli iscritti». In particolare nelle zone d’Italia più coinvolte dall’epidemia da Covid19, come il Piemonte. «Il nostro Ordine, seppure piccolo, ha istituito un fondo di solidarietà e ha stipulato una polizza assicurativa per tutti gli iscritti potenzialmente esposti al contagio».
Per dare un aiuto concreto ai professionisti, continua la presidente, «dovremo riorganizzarci e dedicarci maggiormente all’erogazione di servizi che consentano agli iscritti di essere più competitivi, anche acquisendo conoscenze di alto profilo indispensabili per l’attuale mercato del lavoro. La formazione dovrà essere sempre più occasione di miglioramento delle conoscenze e una fonte di opportunità. A tale scopo, inoltre, occorrerà attuare politiche che producano semplificazione e sburocratizzazione». Ma anche, conclude, «formare una rete efficiente con altri ordini, altre professioni tecniche e gli operatori della filiera dell’edilizia, instaurare un continuo confronto, attivando sinergie costruttive».
(FN)