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Architettura
01 Luglio 2024

L’arte orienta l’architettura verso l’armonia

L’effetto delle sollecitazioni creative provenienti da pittura, scultura, musica e danza, nella lectio magistralis tenuta alla Casa dell’Architettura da Steven Holl, che ha ricordato il periodo romano da studente come punto di partenza per lo sviluppo della sua poetica progettuale.

È iniziata con un tributo, la lecture “Art drives Architecture” che Steven Holl ha pronunciato giovedì 27 giugno presso la Casa dell’Architettura di Roma, sede dell’Ordine degli Architetti di Roma e provincia (OAR): il Maestro americano ha reso omaggio ad Astra Zarina, architetto di origine lettone e sua insegnante durante gli studi post laurea nella Capitale, all’inizio degli anni ’70, indicandola come fonte di ispirazione nella ricerca di un linguaggio in grado di esprimere la sintesi di natura e storia.

Introducendo il tema del rapporto tra arte e architettura, Holl ha citato i punti salienti del pensiero di Astra Zarina, che si era formata come progettista negli Stati Uniti e poi, una volta trasferita in Italia negli anni ’60, aveva approfondito – e abbracciato come filosofia di vita – il valore della tradizione. “Se vuoi essere un architetto, prima impara a cucinare” è il suggerimento di Zarina all’allievo, che mezzo secolo dopo elenca in un breve Manifesto gli “ingredienti” da tenere in considerazione: lo spazio urbano, il cibo organico, gli edifici storici, il panorama dei tetti della città, la comunità, il mito e i rituali, la terra, le piante e gli animali.

La dimensione trascendentale alimenta la riflessione sulle dinamiche tra espressione artistica e progetto di architettura portata avanti da Steven Holl, che identifica la tesi da dimostrare con il concetto espresso dal filosofo Charles Taylor nel libro Cosmic connections: poetry in the age of disenchantment (2024): “L’arte non è un complemento del piacere, ma il mezzo della nostra connessione al cosmo”. Padroneggiando gli strumenti dell’arte, l’architettura acquisisce la vibrazione spirituale che la sintonizza con l’universo circostante e le permette di essere duratura, pur assecondando il susseguirsi dinamico dei fenomeni.

Il metodo di lavoro di Steven Holl Architects testimonia l’inclinazione artistica del Maestro, che realizza acquerelli per illustrare l’idea progettuale – anche a costo di infrangere il regolamento di concorso, come nel caso del Nelson – Atkins Museum of Art a Kansas City. Spesso Holl ha coinvolto artisti affermati nella definizione dei suoi spazi, per completarli o animarli mediante opere create in simbiosi con le architetture: è il caso di Walter De Maria, sempre per il Nelson – Atkins, con “One Sun / 34 moons”, o di Ai WeiWei, con il padiglione Du Fu per lo Sliced Porosity Block, la gigantesca città “in miniatura” a Chengdu (Cina).

Il dialogo di Steven Holl con l’arte si sviluppa attraverso alchimie che, in base al contesto ambientale e alla scelta dei materiali, conducono le architetture verso destini opposti, nonostante le premesse di partenza analoghe. Nel 1993 collabora con Vito Acconci per lo Storefront for art and architecture – “(…) una serie di pannelli montati su cerniere, sistemati in una configurazione simile a un puzzle. Quando i pannelli sono bloccati nella posizione di apertura, la facciata si dissolve e lo spazio interno della galleria si espande verso il marciapiede esterno” (stevenholl.com): nato come spazio temporaneo, nel tempo è stato recuperato e restaurato “ed è ancora molto attivo per l’arte e l’architettura a New York”.

Al contrario, “The Snow Show: oblong voidspace” (2003), installazione realizzata a Rovaniemi (Finlandia) con Jene Highstein, si dimostra significativa rispetto al legame arte / architettura proprio per il suo essere effimera: “Lo spazio è ovviamente realizzato con il ghiaccio, per cui è completamente ecologico: a Marzo si scioglie fino a scomparire (…). La qualità di essere quasi soffiato via attraverso il ghiaccio – in un certo senso – è l’idea che guida il progetto”.

Risale al 2015 la collaborazione tra Steven Holl e la danzatrice Jessica Lang, per la scenografia dello spettacolo “Tesseracts of time“, una piece di 20 minuti suddivisa in quattro momenti, corrispondenti ai “soli quattro tipi di architettura esistenti”: sotto terra, nella terra, a terra, sopra la terra. “Realizzammo una geometria con cui I danzatori potessero interagire (…). In una progressione analoga a un film di Tarkovsky (…) che va avanti per tutto il tempo in bianco e nero, e negli ultimi due minuti passa al colore”.

Portando a conclusione il suo excursus su “Art drives Architecture”, Steven Holl ha formulato una teoria sui meccanismi dell’arte che indirizzano l’architettura, prendendo in prestito il linguaggio della scienza: “L’architettura è energia umana e immaginazione. Le arti e l’architettura sono una specie di forze della sintropia (l’opposto dell’entropia). (…)  L’ arte che guida l’architettura, quella idea, fonde insieme tutte le arti: poesia, musica, danza, pittura, scultura. L’arte che guida l’architettura è (…) una specie di opposto della fisica dell’entropia con cui siamo abituati a confrontarci. È una dimensione spirituale, e un futuro ricco di sorprese può emergere dalle forze poetiche che creano questo spirito umano”.

La sostanza che rivela lo scorrere del tempo e cattura l’aspirazione dell’architettura a diventare parte della natura circostante è la luce, con la sua capacità di proiettare immagini al di là dei confini fisici. Congedandosi dal pubblico, alla fine della lectio che ha richiamato un folto pubblico di architetti nella Sala Centrale dell’Acquario Romano, l’autore della University of Iowa School of Art and Art History e del Linked Hybrid è tornato ai suoi ricordi di ragazzo: “Vivevo dietro il Pantheon (…) in un appartamento minuscolo senza finestre, con un piccolo cortile su cui affacciavano tutte le stanze. Ogni giorno andavo al Pantheon e (…) avevo un accordo con il guardiano: sapeva che ero uno studente di architettura e mi faceva entrare prima che arrivassero gli altri visitatori. Così ho studiato questo cambiamento. Ogni giorno era differente, al variare delle stagioni, l’arco del sole si trovava in punto diverso; quando c’era la pioggia, le gocce argentate cadevano giù… E forse la mia ossessione per la luce è iniziata lì”.

Per approfondimenti:

UW Architecture in Rome presents: Rome and the Teacher, Astra Zarina by Steven Holl

https://rb.gy/3hdhgd

Un’insegnante a Roma, Astra Zarina, mostra a Civita di Bagnoregio (21 giugno – 30 agosto 2024)

https://www.casacivitabagnoregio.it/astrazarina

di Francesca Bizzarro

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