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Architettura
03 Dicembre 2024

L’architettura dalla parte delle donne

Analisi tecniche e riflessioni sulla dinamica degli spazi, ma anche sensibilità verso un dramma sociale che si insinua tra gli edifici della città, nello studio condotto sui Centri Anti Violenza di Roma dalle componenti della Commissione Parità di Genere OAR coordinata da Roberta Bocca.

Per ideare luoghi in cui le vittime di violenza possano arrivare in sicurezza, denunciare gli abusi subiti ed eventualmente anche soggiornare protette dalla privacy, così da sfuggire ai maltrattamenti fisici e psicologici che spesso ricevono all’interno della loro stessa cerchia affettiva e familiare, bisogna padroneggiare l’architettura e la progettazione urbana, e allo stesso tempo avere la consapevolezza di quanto difficile sia il lavoro delle professioniste che, guidando le donne  nel loro percorso, condividono i medesimi spazi.  In un contesto globalizzato e multiculturale, questo richiede anche tenere in considerazione che i canali – fisici e immateriali – di accesso all’assistenza e i servizi offerti dovranno essere tradotti, “filtrati” in base a provenienze e consuetudini diverse.

La premessa all’elaborazione di una nuova tipologia di centro antiviolenza non può che essere la lettura dell’esistente, per verificare sul campo quali sono le criticità che solo uno spazio ad hoc potrebbe risolvere: con questo intento, la Commissione Parità di Genere dell’Ordine degli Architetti di Roma (OARPG), coordinata da Roberta Bocca, Vicepresidente OAR, in collaborazione con la Commissione Pari Opportunità del Comune di Roma, ha condotto una ricognizione sui Centri Anti Violenza (CAV) della Capitale, che è stata illustrata dalle componenti OARPG, Roberta Bocca, Lucia Furfaro detta Lucilla, Antonia Genco, Ilaria Olivieri, Emma Tagliacollo, Barbara Tetti (in videocall), nel corso di un evento contraddistinto da un panel (quasi) tutto al femminile (Casa dell’Architettura / Complesso monumentale dell’Acquario romano, 30 novembre 2024).

A ridosso della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, il convegno “I centri antiviolenza a Roma. Una ricognizione sui CAV della Capitale”, presto disponibile nella sezione FAD del sito architettiroma.it, ha offerto uno spaccato della realtà cittadina che, dalla quota degli accessi su strada fino agli interni in cui sono allestiti i centri, implica una decodifica su vari livelli dell’intreccio di funzioni innestato sui CAV, la cui fruibilità rientra tra gli obiettivi della parità di genere estesa ai luoghi di lavoro e di cura.

Una rete di competenze per delineare modelli omogenei di CAV

Contro la piaga della violenza, come ha ribadito Svetlana Celli, Presidente Assemblea Capitolina, intervenendo all’incontro presso la Casa dell’Architettura, “la battaglia si vince solo se la si affronta tutti insieme, con un grandissimo cambiamento culturale (…), facendo capire che la donna non è una quota di genere, ma deve essere valorizzata per l’attività, il merito, l’impegno che ogni giorno le è richiesto, anche per conciliare maternità e lavoro (…). Questa collaborazione tra Roma Capitale e Commissione Parità di Genere dell’Ordine degli Architetti è veramente un esempio tangibile, concreto, di rafforzamento di quei punti cardine che possono fornire uno strumento alle donne vittime di violenza. Questa mappatura di tutti i CAV ritengo sia importantissima (…). Insieme alle tante associazioni che stanno lavorando sul territorio possiamo fare rete, fare squadra, e oggi l’Ordine gli Architetti tramite la Commissione Parità di Genere sta portando avanti un lavoro veramente proficuo”.

La ricognizione tramite sopralluoghi, rilievo e schedatura dei CAV è stata portata avanti come attività volontaria dalle componenti della Commissione OARPG, con il supporto dell’amministrazione, che ha autorizzato le visite alle strutture di proprietà o disponibilità pubblica, concesse in gestione ad associazioni. “Il lavoro che presentiamo oggi non è un lavoro finito” ha chiarito Michela Cicculli, Presidente Commissione Pari Opportunità di Roma Capitale, “ma un momento di passaggio che, sia come Commissione Capitolina Pari opportunità sia come Commissione Parità di Genere dell’Ordine ritenevamo importante (…). L’idea alla base è quella di partire da una ricognizione territoriale dei luoghi in cui sono collocati i centri antiviolenza all’interno della nostra città e approfondirne le caratteristiche strutturali, che ovviamente poi sono anche caratteristiche ambientali. (…) Nella nostra città abbiamo una rete di CAV estremamente eterogenea perché sviluppata su una urgenza, che era quella di aprire i servizi (…). Ora, visto che è già diverso tempo che questa rete si sta formando, è il momento per fare un po’ di valutazioni rispetto a come funzionano i nostri CAV nei contesti socio-ambientali dove sono collocati (…). L’obiettivo di partenza era quello di riuscire a individuare delle caratteristiche su cui costruire un CAF tipo, che noi non vogliamo sia una imbrigliatura per i futuri progetti ma una guida (…). Dobbiamo ragionare su come fare in modo che le dinamiche spontanee che si sono create all’interno dei CAV si sviluppino in maniera organica”.

I CAV nella città, morfologie e parametri di ricognizione

La rete dei servizi antiviolenza e le iniziative di comunicazione ad essa connesse, come la mappa presentata da Enrico De Santis, Dipartimento Pari Opportunità Roma Capitale, Implementazione Rete Antiviolenza, sono riferimenti per le vittime, che devono poter accedere al supporto in qualsiasi momento e senza rischiare di trovarsi a contatto con sguardi indiscreti o, nella peggiore delle ipotesi, con chi le ha rese oggetto di abusi. Nella indagine sui CAV di Roma è stata data quindi rilevanza alle modalità di ingresso ai singoli centri, alla presenza di segnaletica e illuminazione, alla eventuale esistenza di barriere architettoniche.

Dei tredici centri antiviolenza censiti sono stati rilevati i servizi (per esempio, la presenza di soccorso medico), le condizioni ambientali e la destinazione specifica degli spazi. Analogamente, si è analizzata la prossimità delle linee di trasporto metropolitane, le modalità di apertura nell’arco della giornata, il tipo di accoglienza (diurna o notturna; provvisoria o stabile). L’analisi elaborata dalla Commissione Parità di Genere dell’OAR, che si è avvalsa del contributo di Elnaz Yousefi, architetto, e di Mahtab Alborzi Avanaki  e Iman Rabbani Mehr, entrambe studenti della Facoltà di Architettura all’Università la Sapienza, ha riguardato tutti e tre i tipi di strutture in cui si trovano i centri antiviolenza della Capitale: parti di  edifici pubblici (per esempio, scuole, ospedali, mercati o RSA); appartamenti all’interno di condomini; edifici isolati (in molti casi, beni confiscati alla criminalità).

Ogni forma di CAV presenta delle criticità specifiche, che si rilevano nello stato di fatto e rientrano tra i parametri fondamentali per un eventuale progetto. Nel caso di coabitazione con attrezzature pubbliche, uno degli aspetti da valutare è legato al “grado di attraversamento” degli spazi: per tutelare la riservatezza delle donne che si rivolgono al centro antiviolenza, si deve garantire una progressione di ambiti aperti, semiaperti e chiusi, evitando la sovrapposizione tra percorsi e schermando le aree comprese nel CAV rispetto a quelle dove si svolgono le funzioni dell’edificio “ospite”. D’altra parte, gli alloggi negli stabili privati, così come le costruzioni isolate – avvolte quasi sempre da una fascia di verde circostante, oltre alla risoluzione di problematiche architettoniche, richiedono programmi di manutenzione ordinaria e linee guida per gli interventi straordinari di riparazione – che, dato il particolare contesto di intervento, ricadono comunque sul personale dei CAV.

Le annotazioni nelle schede predisposte per lo studio dei Centri Anti Violenza di Roma non sono finalizzate a determinare punteggi o classifiche, ma a valorizzare caratteristiche come la disponibilità di ambienti pensati per i bambini che arrivano ai CAV con le madri, la presenza di materiale informativo chiaro o l’efficienza degli impianti.

“Questo progetto di ricognizione sulle varie tipologie di CAV è nato da una sollecitazione sviluppata insieme alla Presidente Cicculli e a tutta la Commissione Pari Opportunità di Roma Capitale”, ha rimarcato Roberta Bocca, Coordinatrice Commissione OARPG. “A proposito del contributo che ciascuno di noi può dare, io cito sempre la favola del colibrì che porta con il becco la goccia d’acqua per spegnere l’incendio nella savana: la nostra intenzione è dare un contributo come collettività di architetti (…). È in fase di preparazione un elaborato, una pubblicazione in cui saranno resi noti i risultati di questo studio (…). So che in occasione del 25 novembre (…) si è parlato di aumentare in maniera considerevole il numero dei Centri Anti Violenza: speriamo che questo lavoro che abbiamo realizzato possa essere una utile base di considerazione e valutazione”.

Roberta Bocca, Vicepresidente OAR, Coordinatrice Commissione OARPG
Emma Tagliacollo, Commissione OARPG
di Francesca Bizzarro

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