Una lettera suddivisa in quattro schematici punti, destinata al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella per riportare l’architettura al centro della politica italiana.
Una riflessione che Massimiliano e Doriana Funksas, in collaborazione con lo studio di architettura Archea Associati di Firenze e massimi esponenti della medicina italiana, hanno messo a punto in questo duro e lungo periodo di lockdown, certi che l’Italia debba guardare ora l’emergenza ed imparare a convivere con le pandemie, sempre più diffuse in una realtà globalizzata come quella in cui viviamo.
Questo l’oggetto del secondo incontro Ascoltare l’architettura – Un cambio di prospettiva – Ripensare e vivere nel terzo millennio dopo il Covid 19.
Il documento, raccontato durante l’evento da Fuksas, parte dal presupposto che salute, economia ed habitat siano parti integranti della quotidianità. Prova a disegnare il prossimo futuro in cui abitazioni e luoghi di cura siano sempre più intermodali, attraverso una tecnologia che possa mettere in comunicazione questi due ambienti per evitare sovraccarichi dei Pronto Soccorsi.
Dotare quindi le case di un kit salute, con termometro, attacco per l’ossigeno, saturimetro connessi con la struttura sanitaria locale attraverso l’informatica.
Un altro spunto proposto dagli esperti è la maggior connessione tra i potenziali pazienti e il personale sanitario, come dicono avvenire in Germania, in modo da rendere la comunicazione con la medicina territoriale immediata ed efficacie anche per chi ha difficoltà di movimento.
Il discorso diviene particolarmente importante in paesi in cui la popolazione anziana è più preponderante, ma potrà trovare reale applicazione solo se la società viene digitalizzata in modo da raccogliere dati medici della popolazione, se si hanno disposizione piattaforme di telemedicina per la diagnosi a distanza e se approfondiamo la ricerca sull’intelligenza artificiale.
Dovendosi anche confrontare con possibili altri periodi di quarantena, si potrebbero potenziare gli spazi comuni, che finora nella progettazione erano stati risotti al minimo, favorendo la cubatura degli appartamenti.
Un piano intermedio dunque all’interno dei palazzi condominiali, con destinazione d’uso flessibile: utile per lo smartworking (che in questi giorni ha dovuto trovare posto nelle abitazioni che erano state spogliate in tempi recenti di ogni funzione non direttamente connessa con l’abitare), la didattica a distanza degli studenti, la socializzazione e, perché no, l’isolamento o il primo soccorso in caso di emergenza sanitaria.
L’idea di uno spazio privo di vocazione specifica negli abitati condominiali era già stata sperimentata a Corviale da Mario Fiorentino, ma lo stato di abbandono totale (concetto ben diverso dalla flessibilità degli ambienti) ha generato sbando e delinquenza.
Nella progettazione post Covid non può non trovare posto uno studio attento del trattamento dell’aria: proprio l’uso smodato del condizionamento indoor ha favorito la diffusione dei virus. Di primaria importanza la diffusione di sistemi di purificazione dell’aria anche attraverso lampade UV, non compatibile però con la presenza umana.
Molti gli spunti emersi nel confronto tra esperti in merito alle nuove soluzioni abitative ed alla distribuzione urbana.
Dall’esperienza Covid 19 emerge anche una mutazione della professione, che Massimiliano Fuksas giudica positiva: si sta perdendo la conformazione degli studi di architettura con molti dipendenti, spesso necessari in gran numero solo per rassicurare i clienti, per lasciare il posto ad una conformazione meno aziendale in cui si conosce il collega con cui si lavora, recuperando così il senso stesso della professione.
Il sogno del domani riguarda anche le città, che si auspicano più verdi: “Dovremmo votare un sindaco che ci promette di piantare un albero per ogni cittadino durante il suo mandato”, commenta Massimiliano Fuksas.
(GV)
Credits: ©-Philippe-Ruault