Il percorso sui tracciati dell’Atlante Moretti ha condotto su un terreno ancora poco esplorato i partecipanti all’evento formativo (14 ottobre 2024, Casa dell’Architettura) organizzato dall’Ordine degli Architetti di Roma (OAR), nell’ambito del quale i relatori hanno analizzato il significato e l’impronta di Luigi Moretti sull’architettura italiana alla luce di importanti interventi di restauro condotti – o in corso – su alcune delle sue opere: l’idea alla base dell’evento curato da Marco Maria Sambo, Segretario OAR, Direttore editoriale AR Magazine, Coordinatore Osservatorio 900, ed Emma Tagliacollo, CTF OAR – Storia e Critica, ovvero mettere a confronto interpretazioni diverse del restauro delle architetture moderne, in contesti e collocazioni urbane differenti, si è rivelata una leva efficace per far emergere spunti di riflessione sull’attuale condizione di molti edifici realizzati nel secolo scorso, sulla necessità di una normativa sulla tutela svincolata da ottusi criteri cronologici – come rimarcato nella tavola rotonda finale da Rosalia Vittorini, architetto, tra i fondatori di DoCoMoMo Italia – e sull’esigenza di una critica di architettura pronta a individuare i segnali di un calo di attenzione verso la cura delle opere del passato.
La fisionomia variegata dell’architettura di Moretti, che attraverso le varie fasi della sua lunga carriera mantiene il rigore razionalista degli spazi ma – con uno slancio molto “contemporaneo” – si contamina con i linguaggi della città circostante, assorbendo forme, colori e direttrici geometriche, costituisce uno spaccato significativo delle vicende che hanno segnato la nascita, la fortuna e, in molti casi, il declino del moderno in architettura. I progetti di restauro presentati durante l’evento “Atlante Moretti” – introdotto dai saluti di Roberta Bocca, Vicepresidente OAR – hanno contribuito a chiarire le dinamiche trasversali alla rilettura dei maestri, e la grande distanza tra pubblico e privato in materia di ripristino del costruito.
La Casa delle Armi al Foro Italico, ex Accademia della scherma, trasformata in aula bunker negli anni ’80, sta andando incontro a un ripristino conservativo a cura di Sport e Salute Spa, che la ha in gestione; la Casa della GIL a Trastevere, la cui proprietà è ripartita tra Regione Lazio e Roma Capitale, è stata oggetto di un primo piano di valorizzazione relativo ad ambienti già disponibili (2017) e ad un successivo progetto di adeguamento suddiviso in due fasi (Corpo A inaugurato nel 2020; Corpo B di prossima apertura), firmato dallo Studio Amati, rappresentato al convegno dall’architetto Giuseppe Losurdo ; il restyling delle Torri di Piazzale Flaminio è stato portato a termine da GBPA Architects di Milano (Antonio Gioli e Silvia Turati), con un sostanzioso apporto di carattere tecnologico e un ridisegno della facciata; la Villa La Saracena a Santa Marinella ha recuperato alcune delle sue caratteristiche originarie in seguito al restauro operato da Paolo Verdeschi.
Per avvicinarsi al pensiero creativo di Moretti e risalire alla genesi delle sue architetture, spesso plasmate in cantiere, ridisegnate e trasformate rispetto agli esecutivi di progetto, uno dei riferimenti imprescindibili è l’insieme dei materiali originali (tavole, schizzi, appunti, fotografie, filmati) conservati sia nel fondo intitolato all’architetto, donato nel 2000 all’Archivio Centrale dello Stato dagli architetti Giovanni Quadarella e Lucio Causa, e dall’ingegnere Pierluigi Borlenghi (acs.beniculturali.it); sia nell’Archivio Moretti Magnifico, digitalizzato dall’Ordine degli Architetti di Roma e acquisito dalle collezioni del MAXXI nel 2021. “L’aspetto interessante”, ha ricordato Margherita Guccione, Direttrice scientifica del Grande MAXXI, ”è che Ordine degli Architetti e MAXXI hanno in corso un accordo di valorizzazione (…) e che il MAXXI e l’Archivio Centrale dello Stato utilizzano lo stesso software di gestione dei documenti archivistici, che si chiama Arianna e permetterà, finiti i lavori di ordinamento in corso presso il museo, di relazionare i due archivi”.
Come ha sottolineato Marco Sambo, “studiare Moretti vuol dire quindi sempre in effetti immergersi in un atlante ricco ed eclettico (…)”, per cogliere la sua statura di maestro del Novecento “non solo in virtù di alcuni capolavori costruiti, ma anche per tutto ciò che ha lasciato in eredità in termini di idee e di pensiero, fino ad anticipare a volte alcune tematiche con cui oggi ci confrontiamo, come l’architettura parametrica che allora era materia per visionari (…). Matematica e architettura, poetica e parametricismo, dinamica della forma e nuova visione della città: tutto questo si ritrova studiando Luigi Moretti”.
Le esperienze eterogenee dei progettisti che hanno lavorato al restauro di opere morettiane hanno rivelato tratti comuni rispetto al riutilizzo degli involucri costruttivi, all’attuazione delle prescrizioni tecnico-impiantistiche negli edifici da recuperare, alle differenze di obiettivi tra clienti privati ed enti pubblici, in una galassia di componenti riassunte nei tre termini chiave tecnologia, committenza, spazialità da Emma Tagliacollo: “(…) ma ci interessa molto anche l’immagine che queste tecnologie restituiscono, cioè l’immagine poetica. C’è un gap tecnologico, e anche scientifico, che raramente ci consente di mantenere la poetica a cui tendiamo, o meglio, questa poetica è destinata per forza a cambiare, insieme alla visione di un passato cui siamo di certo legati. (…) parliamo di Moretti, ma forse queste tematiche sono anche più generali, riguardano in senso molto ampio il restauro del moderno”.
Luigi Moretti dimostra di possedere, nella lettura di Alessandra Muntoni, già docente di Storia dell’Architettura alla Facoltà di Architettura di Roma “La Sapienza”, quella “cultura della trasformazione” che può guidare gli architetti nei continui cambiamenti della realtà, attraverso una ricerca basata anche “sulla preziosa purezza dei materiali, sulla integrazione arte / architettura, sui valori plastici di figure strutturalmente esattamente congruenti, sul rapporto spazio / luce (…). Moretti, che non ha mai voluto essere un maestro, come ci ricorda Bruno Zevi, (…) è più vicino alle ricerche attuali di quanto non lo siano quelle di molti architetti che, avendo eletto la teoria come base primaria del progetto, hanno attirato come sirene l’attenzione della generazione formatasi negli anni ’70, ma hanno poi lasciato terra bruciata. Luigi Moretti invece ci offre una continua rilettura, architetto romano del Novecento che parla al nuovo millennio”.
Foto in evidenza: Casa delle Armi – Immagine © Archivio Moretti Magnifico – Digitalizzazione Ordine degli Architetti P.P.C. di Roma e provincia – Materiali presenti nella collezione MAXXI Architettura – Museo nazionale delle arti del XXI secolo