Raccontare i più importanti progetti in corso nella Capitale, dando voce a tutte le figure coinvolte nella riqualificazione delle opere, dalla committenza ai progettisti, fino alla cittadinanza. È questo l’obiettivo del ciclo di convegni «I grandi interventi a Roma» lanciato dall’Ordine degli Architetti PPC di Roma e provincia, con il primo appuntamento, dedicato alla «Riqualificazione della Rinascente di Piazza Fiume», che si è svolto lo scorso 19 aprile alla Casa dell’Architettura. Il convegno – con il coordinamento scientifico di Antonio Marco Alcaro, tesoriere OAR – ha illustrato tutte le fasi che hanno caratterizzato il progetto di restyling e valorizzazione urbanistica del palazzo di Piazza Fiume firmato da Franco Albini e Franca Helg, opera di architettura del Novecento di grande importanza nel panorama romano e non solo. Dalla filosofia del progetto alle fasi preparatorie all’intervento, dall’esecuzione tecnica alla direzione lavori, dall’organizzazione del cantiere agli interventi strutturali, fino alla trasformazione architettonica degli esterni ed i progetti per gli interni dei piani, curati da diversi studi di progettazione.
Ad introdurre il convegno, quale tappa inaugurale di un ciclo di eventi organizzati dall’Ordine di Roma sui grandi interventi nella Capitale è stato Antonio Marco Alcaro, tesoriere OAR, ricordando come «gli ultimi quindici anni siano stati particolarmente complicati per Roma, non gestiti al meglio dalle amministrazioni che si sono succedute. Ora, però – ha aggiunto – si sta invertendo la rotta, anche grazie a una serie di occasioni, dal Giubileo al Pnrr, che hanno innescato processi di rinnovamento e riqualificazione della città, che porteranno sviluppo e il ritorno degli investitori: per questo lanciamo una serie di appuntamenti sugli interventi a Roma, sia di riqualificazione di edifici esistenti sia di sostituzione edilizia». Ad aprire il ciclo, ha ribadito, «è un’opera di Albini ed Helg, simbolo dell’architettura del Novecento a Roma e a cui gli architetti romani sono molto legati: la Rinascente di piazza Fiume, in cui i progettisti sono riusciti a coniugare elementi cruciali come sensibilità, cultura, intelligenza, bellezza e tecnologia, con una particolare attenzione al contesto urbano in cui l’edificio è stato inserito nel 1961. La riqualificazione, con il cantiere che è durato circa due anni e mezzo, è avvenuta nel rigoroso rispetto dell’iconico progetto originario, ma anche all’insegna di nuovi interventi architettonici che hanno valorizzato ancora di più il complesso».
I punti chiave del progetto – filosofia, fasi preparatorie all’intervento, esecuzione tecnica, efficientamento energetico – sono stati illustrati da Marco Pollastri e Alexandros Liaskovitis, Direzione Tecnica Rinascente. «Il progetto di Roma Fiume – hanno spiegato – è l’ultimo progetto di ristrutturazione dopo una serie di interventi partendo da Milano, Palermo, Roma Tritone , Torino e Firenze. L’edificio, collocato fra il quartiere Pinciano e quello Salario, era stato completato nel 1961, firmato da Franco Albini e da Franca Helg, ed era stato da subito considerato uno dei progetti più interessanti e innovativi per gli spazi dello shopping dell’epoca: ricco di valore architettonico e unico nel suo genere in quanto unico in Italia a essere stato creato appositamente con l’intento di ospitare un grande magazzino». Il cantiere per i lavori è durato circa 900 giorni, per un investimento complessivo da 37 milioni, con i piani dell’edificio disegnati da architetti diversi: nella nostra collezione di negozi – ha infatti rimarcato la direzione tecnica – non troveremo mai un piano uguale a un altro». Ecco alcuni dei «pilastri» del nuovo progetto di riqualificazione: dalla «spellatura» del tetto, reso permeabile alla luce solare e trasformato in una food hall, all’ascensore panoramico, con vista sulle Mura Aureliane, dal restauro della facciata e della iconica scala elicoidale disegnata da Albini al ripristino della vetrine come «aggancio a terra», fino a consolidamento strutturale ed efficientamento energetico. A completare il quadro, hanno aggiunto i relatori «abbiamo voluto creare all’interno dello store un percorso di elementi d’arredo iconici progettati da Franco Albini, che è anche stato un grande designer».
La trasformazione architettonica degli esterni e il progetto interno del sesto piano sono stati al centro del racconto di Chiara Tomassi, progettista dello studio 2050+, che – mostrando prima immagini e tavole d’epoca e poi le elaborazioni progettuali e le fotografie del nuovo progetto – ha sottolineato come il punto di partenza per intervenire sull’opera di Albini ed Helg sia stato lo studio del progetto ordinario, anche nelle sue progressive modifiche, del contesto storico, sociale e culturale in cui si è inserito – i primi Sessanta, «anni ruggenti» della modernità. «Abbiamo fatto una attenta analisi dei punti di debolezza e dei punti di forza ancora inesplorati dell’edificio, come il garden center al piano terra, così come la terrazza tra quarto e sesto piano, che si trova in una posizione incredibile per la città ma che era stata finora usata come rimessa informale, oppure – ancora – l’ultimo piano sesto che nasce come locale tecnico e che poteva essere valorizzato. Abbiamo provato a lavorare su alcuni aspetti forse ancora rimasti aperti, inespressi, cercando in modo chirurgico di entrare in contatto con l’edificio, ma sempre in aderenza, senza snaturarlo. Decidendo gli ambiti ritenuti necessari a rimarcare il carattere dell’edifico ma anche l’idea di moderno che Albini ed Helg avevano proposto. Nascono così la riapertura di tutte le vetrate, il lavoro sull’estensione delle scale di emergenza esistenti, la creazione dell’ascensore panoramico, la spellatura del sesto piano aprendolo a un tipo di commercio diverso (food e ristorazione), ma anche la scelta di ripristinare la trasparenza delle scale mobili, che riprende la volontà Albini di esporre i flussi. «Quello che abbiamo fatto – ha rimarcato Tomassi – è tentare di trovare gli incastri e i punti di aderenza giusti, attraverso interventi molto puntuali e strategici, in grado di innescare nuove visuali e dialoghi non solo verso l’esterno ma anche verso l’edifico stesso, riscoprendo le strutture esistenti create dai grandi architetti che lo hanno disegnato».
Gli interventi che si sono succeduti nel corso dell’evento hanno raccontato tutte le fasi del progetto di riqualificazione: dagli accordi di investimento che hanno reso realizzabile l’intervento, illustrati da Bruno Castelli di Prelios Sgr, società di gestione specializzata nell’asset management immobiliare, all’organizzazione del cantiere – con Simona Calcinaghi e Alberto Pietrobon di Archilabo, dagli interventi strutturali con Marco Bartoloni, di Studio Bartoloni, a tutte le attività relative e direzione lavori, permessi e autorizzazioni con Fiorenzo Boria, Pei Engineering Progettazione & Servizi Integrati srl.
Il progetto per l’architettura degli interni dei piani secondo e quinto è stato illustrato da Paolo Lucchetta, progettista di Retail Design: per il primo, in particolare – ha detto il progettista -, l’obiettivo era di «esprimere il senso di un luogo dedicato al concetto di new classic e upper casual dell’abbigliamento maschile: illustrato dall’accostamento del cemento, del materiale più poetico del 900, e dal legno oggi più che mai il materiale che meglio indica la risorsa materiale più disponibile e sostenibile del nostro tempo»; per il quinto piano, invece, «area woman e kids» la selezione di materiali per pavimentazioni e controsoffitti è stato «elemento significativo della personalità del piano, con la scelta di utilizzare ceramiche o gres, con la cura di selezionare prodotti di qualità e dal design contemporaneo e originale».
L’impegno dell’Ordine degli Architetti di Roma – anche in termini culturali e divulgativi – per la difesa dell’architettura del Novecento della Capitale e non solo è stato rimarcato dal segretario OAR, Marco Maria Sambo, che ha ricordato come con la nuova consiliatura si sia deciso di dare vita a un Osservatorio 900, con obiettivo di monitorare e valorizzare il Moderno a Roma ma anche allargando lo sguardo su scala nazionale. Perché abbiamo avvertito la necessità di costruirlo? Per la necessità di tutelare il Novecento romano, di difenderlo e sopratutto di capire, attraverso la sua mappatura, come e dove sia possibile intervenire e dove no. Si pensi alla Rinascente, alla cui riqualificazione e rifunzionalizzazione si parla nel convegno di oggi, ma anche ad esempi come la Casa delle Armi di Luigi Moretti, al Foro Italico, dove occorre interrogarsi sulla necessità di un restauro filologico». Per quanto riguarda il lavoro svolto sull’edificio di Piazza Fiume, in particolare, ha poi rimarcato Sambo, «è importante sottolineare come il progetto sia stato condiviso con la Fondazione Albini: si tratta di un nodo fondamentale. I progetti, infatti, non vanno calati dall’alto ma devono essere condivisi, con la cittadinanza e con le realtà che si occupano di tutelare la memoria storica dei grandi architetti del passato. È un passaggio fondamentale per riuscire ad arrivare, un giorno, a predisporre veri e propri masterplan di conservazione, che non si traducono in immobilismo, ma nella possibilità di ragionare sul meraviglioso patrimonio del Novecento di Roma e a seconda dei casi – con criterio – cercare di innestarvi il contemporaneo oppure operare attraverso restauri filologici». (FN)