Salvaguardia, valorizzazione e tutela di un brano fondamentale del Moderno a Roma: il Foro Italico, snodo importante per la Capitale e uno dei luoghi simbolo dell’architettura del Novecento in città. Un patrimonio da difendere attraverso progetti di conservazione ad ampio raggio, studio approfondito delle fonti archivistiche, interventi e restauri mirati per salvare capolavori da tempo a rischio – si pensi alla Casa delle Armi di Luigi Moretti -, capacità di guardare al futuro utilizzando con coraggio e consapevolezza strumenti come i concorsi di progettazione. Ma anche ripartire dallo spirito – dal «sogno» di città – dei maestri del Novecento, capaci di pensare in grande al futuro di Roma, con l’obiettivo di trasformarla in una capitale internazionale.
Sono i punti fermi intorno ai quali si è sviluppata la riflessione nell’ambito di «Foro Italico Mon Amour – Difendere e valorizzare il ‘900», convegno svoltosi lo scorso 6 luglio alla Casa dell’Architettura, organizzato dall’Ordine degli Architetti PPC di Roma e provincia con il coordinamento scientifico di Marco Maria Sambo, segretario OAR, direttore AR Magazine e coordinatore Osservatorio 900 OAR.
Ad aprire la giornata è stato il presidente OAR, Alessandro Panci, che ha inquadrato i temi chiave di un appuntamento dedicato a «uno dei luoghi più emblematici di Roma, un pezzo di storia dell’architettura a cui teniamo molto e che prendiamo a modello per il ruolo che riveste nel tessuto sociale ed economico della città». Riflessioni e contributi, ha aggiunto, «provengono da anni di studi e approfondimenti sul tema e in ambiti su cui l’Ordine degli Architetti di Roma si è molto speso: dagli archivi di architettura, in collaborazione con altre istituzioni – a partire dal Maxxi – alla difesa del Moderno, con l’istituzione dell’Osservatorio 900 OAR per la conoscenza e la difesa di un patrimonio troppo spesso non tenuto nella giusta considerazione. Ma anche del restauro, con i diversi eventi formativi dedicati, e dei concorsi di architettura, strumento in grado di premiare la qualità del progetto e attraverso cui sono passati molti grandi architetti del passato». Proprio sul Foro Italico, «che è patrimonio di tutti», è stato lanciato nel 2019 un bando per progettazione del sistema di copertura e riqualificazione dei prospetti del «Centrale»: un concorso «che ha incontrato diverse criticità – ha ricordato Panci – ma che ha chiuso il proprio iter con l’esito definito lo scorso aprile: ad oggi, tuttavia, ancora non è stato possibile vedere i progetti raccolti, a partire da quello vincitore».
Come mai, oggi, ci ritroviamo ancora una volta a occuparci del Foro Italico? È la domanda posta da Marco Maria Sambo nella sua introduzione al convegno, che elenca alcuni aspetti centrali della risposta: «per la necessità di continuare a portare avanti approfondimenti e studi su un patrimonio straordinario», ma anche «per senso di responsabilità e dovere istituzionale». Parliamo di «questo grande frammento urbano di Roma – ha affermato – non solo per continuare a studiarlo e analizzarlo da punto di vista storico ma anche per uno spirito di di profonda responsabilità che si traduce, in un’ottica politico -culturale, nell’obiettivo primario della difesa e della valorizzazione del Novecento da raggiungere facendo squadra tra istituzioni. L’architettura del Novecento deve essere difesa per non rischiare di perderla, come sta accadendo alla Casa delle Armi di Luigi Moretti, capolavoro da salvare. Tutelare e valorizzare il Foro Italico, con tutto l’impianto urbano pensato da Enrico Del Debbio, rientra appieno nel percorso intrapreso da tempo dall’Ordine di Roma, che – tra le diverse iniziative intraprese – ha istituito l’Osservatorio 900 OAR»
Uno degli strumenti sul tavolo, da tenere in considerazione – con un approccio attento e corretto – anche per la tutela del Moderno «sono i concorsi di progettazione – osserva Sambo -, che in passato sono stati in grado di aprire prospettive di futuro rimaste nella storia: si pensi ai concorsi ai quali hanno partecipato, tra gli altri, anche Terragni e Moretti. Il concorso di progettazione fissa il sogno di una architettura e di una città ancora da costruire, esattamente come facevano Del Debbio e Moretti quando sognavano il Foro Italico». Ed è proprio a questa dimensione del «sogno» che dobbiamo ritornare, conclude il segretario OAR, «a una Roma sognata – alla quale è stato dedicato il numero 121/2018 di AR Magazine – al centro del mondo e dello sviluppo. Ritorniamo a sognare per trasformarla in una capitale internazionale. Riprendiamo come punto di partenza (o di ripartenza) lo spirito dei maestri del Novecento, per comprendere come il futuro possa essere innestato della storia, preservando i capolavori del Moderno». Un esempio concreto? Progettare, attraverso i concorsi, coperture improntate all’architettura parametrica per proteggere gli stadi esistenti nell’area del Foro Italico.
Una tavola rotonda, alla quale hanno partecipato rappresentanti delle istituzioni e della politica, ha portato su un terreno ancora più specifico e concreto i ragionamenti sui temi della tutela, della salvaguardia e della valorizzazione. Margherita Guccione, responsabile scientifico Grande Maxxi, ha ricordato come «il Foro Italico sia uno dei tre brani della Roma Moderna, insieme alla Città universitaria e all’Eur, che radicano fortemente il Moderno nella Città Eterna. È un patrimonio rilevantissimo della cultura italiana dal punto di vista architettonico e per le tante ricerche sperimentali che qui hanno trovato terreno fertile. L’area del Foro Italico è – e sarà – oggetto di rilevanti interventi, investimenti pubblici, opportunità straordinarie che istituzioni e studiosi devono valorizzare al massimo e che non si ripeteranno facilmente. E ci sono situazioni critiche, come quella della Casa delle Armi, che dovranno essere affrontate con urgenza». L’unica strada percorribile, ha concluso, «è portare avanti un processo interattivo, di confronto e condivisione tra istituzioni, storici, architetti, che dalla coscienza storica conduca all’attività di tutela e poi al progetto. In questo senso è fondamentale il contributo degli archivi di architettura, che ci aiutano a comprendere la genesi dell’opera, il processo progettuale, l’esito della realizzazione, ma anche eventuali successive trasformazioni. Il centro archivi del Maxxi, su questo fronte, svolge un ruolo fondamentale: si pensi all’archivio del Debbio, a parte importante dell’archivio Moretti e ai tanti progetti di architetti che hanno lavorato al Foro Italico».
A rimarcare il valore cruciale delle fonti archivistiche, con particolare riferimento «alla complessità del Foro Italico, sia come progetto architettonico che come progetto culturale e artistico», è stata Erilde Terenzoni, componente della Commissione Cultura Casa dell’Architettura OAR e del comitato scientifico che ha organizzato il convegno: «I documenti custoditi dagli archivi che riguardano il Foro Italico – ha detto – sono tanti ed eterogenei, sia in forma cartacea che digitale. Una grande quantità di materiale archivistico – che si interseca con altre fonti: si pensi, ad esempio, ai cinegiornali sulle Olimpiadi di Roma del 1960 – di cui è fondamentale essere a conoscenza per procedere ad una corretta, intelligente e consapevole attività di restauro e valorizzazione del patrimonio. Il primo atto di amore per il Foro Italico – dunque – potrebbe essere proprio una preliminare, attenta e ragionata ricognizione delle fonti disponibili».
Visioni, iniziative e proposte concrete sul fronte del sostegno alla tutela e alla valorizzazione del patrimonio artistico-architettonico, a partire dalle opere del Moderno, sono state tratteggiate nel corso dei vari interventi. Come quello di Federico Mollicone, presidente Commissione VII Camera «Cultura Scienza Istruzione» della Camera dei Deputati, che a ricordato la proposta di legge in Parlamento per l’istituzione di un fondo specifico, presso il Mic, a sostegno dell’arte pubblica, ma anche quelle ripresentate nell’attuale legislatura per la tutela e la riscoperta del patrimonio del Novecento: un obiettivo «da perseguire attraverso Ia sinergia tra istituzioni»; ma anche di Pierluigi Sanna, vicesindaco della Città metropolitana di Roma Capitale e sindaco di Colleferro, che ha rimarcato come la diffusione della conoscenza sia un tassello fondamentale anche per la tutela della ‘bellezza’: «Tanti Comuni – ha osservato -, pur avendo le risorse, non riescono a rispettare la soglia del 2% della spesa in opere pubbliche da destinare alle opere d’arte solo perché non hanno a loro disposizione lo strumento della conoscenza».
A ricordare la battaglia per la difesa del Moderno in Italia è stato invece Rosalia Vittorini, di Docomomo Italia, ricordando la proposta di «Distretto del Contemporaneo» a Roma avanzata dall’associazione, la centralità del progetto e l’importanza dei piani di conservazione, e poi soffermandosi in particolare, pensando al Foro Italico, «sull’allarme per gli stadi (impianti sportivi) connesso all’applicazione del Dl 76/2020 (legge 120/2020) che permette di procedere anche in deroga alle disposizioni del Codice dei beni culturali».
Non sono mancati gli approfondimenti – come l’ampio excursus sul tema Architettura e Città, con focus sul Foro Italico e l’urbanistica del Novecento di Francesco Scoppola, architetto e restauratore, già primo dirigente del ministero per i Beni e le Attività Culturali – e su aspetti più tecnici – come la panoramica su restauro e progetto di conservazione fatta da Paolo Verdeschi, componente Commissione Osservatorio 900 OAR: dai vincoli ai piani di conservazione, dalle tecniche di restauro a colori e materiali in riferimento al patrimonio novecentesco romano.
A concludere la giornata – anticipando l’intervento conclusivo di Mattia Darò, direttore Area Concorsi OAR, che ha ripercorso l’iter tortuoso del concorso per la progettazione del sistema di copertura e riqualificazione dei prospetti del «Centrale» del Foro Italico, con l’auspicio di «poter vedere al più presto il progetto vincitore» – è stata la riflessione di Luca Ribichini, della Commissione Cultura Casa dell’Architettura OAR. «Per difendere e valorizzare un patrimonio come quello del Novecento – ha spiegato – è fondamentale cercare di capire cosa ci sia – e cosa ci fosse allora – dietro il progetto. Focalizzarsi dunque sull’assetto creativo e chiedersi: cosa ha pensato o immaginato l’architetto prima di progettare quell’opera? Un esercizio ancora più importate quando si analizza un periodo, tra gli anni Venti e Trenta del secolo scorso, in cui a Roma sono stati concepiti quattro assi che hanno segnato il successivo sviluppo urbanistico ed economico del tessuto urbano capitolino: la Città della Conoscenza (l’Università La Sapienza); la Città dello Spirito, che dava forma ideale a quella che avrebbe dovuto essere la città del futuro, e cioè l’Eur; la Città del Cinema, Cinecittà; e la Città dello Sport, il Foro Italico appunto. Quest’ultimo è stato immaginato da Del Debbio e Moretti come un luogo di benessere, dove praticare l’esercizio sportivo, in contatto visivo con la natura. L’obiettivo, oggi, dovrebbe essere recuperare almeno in parte quell’idea iniziale». (FN)