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Architettura
14 Marzo 2025

Elizabeth Diller: «Architettura flessibile per resistere al tempo» – La video intervista per AR Web

A Roma in occasione della mostra «Architettura instabile» in corso al MAXXI - curata dallo studio Diller Scofidio + Renfro - l’architetta statunitense ha dialogato con l’OAR su futuro degli spazi urbani, sviluppo delle città, ruolo dell’architetto

Larchitettura non è fatta per restare immobile, ma per adattarsi, trasformarsi e – in questo modo – riuscire a sopravvivere al passare del tempo. È uno dei concetti chiave della visione architettonica di Elizabeth Diller, celebre architetta fondatrice di Diller Scofidio + Renfro (DS+R), studio newyorkese – che recentemente ha visto la scomparsa, a 89 anni, del cofondatore Ricardo Scofidio – autore di opere iconiche, negli Stati Uniti e in tutto il mondo, con un forte impatto sulla percezione degli spazi urbani, tra cui si possono citare – soffermandosi solo su New York – l’High Line, passeggiata sopraelevata che ha ridato vita a un tratto ferroviario dismesso, il rinnovamento del Lincoln Center, che ha puntato su accessibilità e fruibilità degli spazi culturali, o The Shed, centro artistico multifunzionale in grado di espandersi e contrarsi a seconda delle necessità.

In occasione della sua presenza a Roma per la mostra «Architettura instabile», in corso al MAXXI – Museo nazionale delle Arti del XXI secolo (e visitabile fino al 16 marzo) – curatela e progetto di allestimento di DS+R – ha concesso un’intervista all’Ordine degli Architetti PPC di Roma e provincia: il video, in cui l’architetta statunitense dialoga con la consigliera OAR, Claudia Ricciardi, è pubblicato su AR Web, rivista digitale dell’Ordine – diretta da Marco Maria Sambo, segretario OAR – che propone articoli di approfondimento culturale e professionale.

I tanti argomenti toccati dalla riflessione di Diller partono dagli spunti proposti dalla mostra – che esplora la natura mutevole dello spazio costruito nellera dellincertezza – allargando il campo alla visione di un’architettura che dialoga con il futuro, allo sguardo sulle città – tra legami con il passato e prospettive di sviluppo – e al ruolo dell’architetto come attore politico nelle trasformazioni urbane.

Leggi su AR Web l’intervista completa e accedi alla video intervista integrale: LINK

 «L’architettura, solitamente vista come qualcosa di stabile e ancorata al suolo, è in realtà più vulnerabile quando è statica», spiega Diller nell’intervista, precisando che «se un edificio può trasformarsi, adattarsi allambiente e rispondere ai cambiamenti, ha più possibilità di evitare l’obsolescenza e la distruzione». Progettare, dunque, significa pensare a un futuro spesso difficile da prevedere, soprattutto in una fase – come quella attuale – i cui i cambiamenti sono più rapidi che mai. E l’architettura deve tenerne conto: «Costruire è costoso e richiede tempo – afferma l’architetta statunitense -. Quando un edificio è completato, il programma iniziale per cui era stato pensato è spesso già superato». Per questo, la sfida non è solo realizzare spazi funzionali, «ma concepirli in modo che possano accogliere usi differenti nel tempo».

Un esempio concreto di questo concetto è proprio The Shed, il centro culturale a New York progettato da Diller Scofidio + Renfro, «un’infrastruttura che può essere riconfigurata a seconda delle necessità, senza essere un’immagine statica», ispirata – racconta l’architetta – al concetto di «architettura flessibile» introdotto da Cedric Price negli anni ’60 con «The Fun Palaces». 

L’attenzione si è focalizzata anche su Roma che, con il suo patrimonio millenario, rappresenta una sfida emblematica per gli architetti. «La storia delle città non deve trasformarsi in una paralisi – avverte Diller . Bisogna trovare un equilibrio tra la tutela del passato e la necessità di far vivere gli edifici, senza ridurli a musei cristallizzati». Anche in quest’ottica la fondatrice di DS+R ribadisce l’importanza di un approccio «che permetta agli edifici di trasformarsi e di rispondere a nuove esigenze», evitando al contempo «l’espansione incontrollata nelle periferie urbane». Ma come dovrebbero essere, allora, le città del futuro? «Non possono essere il frutto di interventi frammentari – rimarca -. Le città migliori crescono organicamente, non si costruiscono da zero in un giorno. Serve una visione condivisa tra architetti, urbanisti e cittadini».

Emerge così il ruolo dell’architetto come attore politico: «L’architettura è inevitabilmente politica», dice Diller, perché influisce sulla vita dei cittadini e sul tessuto sociale, sottolineando come gli architetti dovrebbero «essere i registi del cambiamento» ed essere «sempre essere presenti nei processi decisionali, perché sono in grado di prendere decisioni difficili, sempre con l’obiettivo del bene pubblico» e hanno la capacità e il compito, laddove possibile, di «difendere i progetti dalle semplificazioni e dai tagli economici, trovando soluzioni che funzionino per la città e per le persone». (FN)

di Francesco Nariello

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