Difendere Roma è stato l’obiettivo – anche se non l’unico – per cui sono state progettate e realizzate, nei secoli passati, le architetture militari che costellano il territorio capitolino: mura, torri, forti, caserme ma anche ospedali, infrastrutture e opere di diversa natura. Ma è un concetto che, nel contempo, si traduce oggi nella difesa – in termini sia di tutela che di valorizzazione – di un patrimonio di enorme valore, capace di delineare una direttrice per lo sviluppo futuro della Capitale. Difendere Roma è anche il titolo del volume pubblicato dall’Ufficio Storico dell’Esercito – e curato da Piero Cimbolli Spagnesi, professore ordinario di Storia dell’Architettura Contemporanea alla Sapienza – intorno al quale si è sviluppata la riflessione al centro del convegno svoltosi lo scorso 11 settembre alla Casa dell’Architettura.
L’evento formativo organizzato dall’Ordine degli Architetti di Roma, con il patrocinio dell’Esercito Italiano e con il coordinamento scientifico di Rosa Maria Filice, ufficiale del Corpo ingegneri Riserva Selezionata Esercito – dal titolo «Difendere Roma – Conoscenza e tutela dell’architettura militare della Capitale d’Italia, 1870-1943» – è stato l’occasione per ragionare, in maniera organica, sul complesso delle difese di Roma capitale, dalla breccia di Porta Pia del 20 settembre 1870 all’armistizio dell’8 settembre 1943 nella Seconda guerra mondiale, in un quadro in cui sono stati trattati «temi vari relativi all’edilizia militare, alle caserme, alle fortificazioni vere e proprie realizzate tra fine XIX e prima metà del XX secolo, e a questioni più d’insieme a proposito delle possibilità di una loro tutela sistematica».
Ad introdurre le giornata, inserendola nel quadro delle attività portate avanti dall’Ordine di Roma proprio sul fronte della salvaguardia del patrimonio di Novecento, è stato Marco Maria Sambo, segretario OAR e direttore editoriale AR Magazine. «Difendere Roma – ha spiegato – è una tematica di grande rilevanza, che si estende alla conoscenza e alla tutela dell’architettura militare della Capitale d’Italia da 1870 alla metà del Novecento. Una problematica attuale che lancia molti spunti di riflessione, non solo storici ma anche contemporanei, spingendoci a riflettere sul restauro, sul piano di conservazione degli edifici militari e sull’eventuale loro riuso in chiave moderna. ‘Attualità del passato’ che, grazie al grande patrimonio che Roma custodisce, ci consente sempre di guardare al futuro. Ma per farlo dobbiamo anche difendere tale patrimonio». La scorsa primavera, ha ricordato il segretario OAR, «abbiamo lanciato l’idea di costruire un vero e proprio movimento per difendere il Novecento. Un movimento attraverso il quale architetti, professori, giornalisti, scrittori, cittadini siano chiamati a partecipare a una grande rete per la valorizzazione e la salvaguardia dell’architettura del XX secolo, per mettere in moto un meccanismo di proposta e – se occorre – anche di protesta, per la cura di opere che rischiano, nell’indifferenza generale, per incuria o per mancanza di opportune tutele, di crollare o di essere modificate senza adeguati progetti o piani di conservazione». (per maggiori dettagli: LINK; qui invece un articolo sul convengo dedicato al Foro Italico: LINK)
Il convegno di oggi, ha aggiunto Sambo – che ha anche ricordato la pubblicazione del nuovo numero (127/128) di AR Magazine dal titolo «Mirabilia Urbis Romae. Morfologie urbane, paesaggi, architetture» -, «ci riporta a tali riflessioni, alla necessità di avere un Osservatorio sul Moderno, per monitorare, valorizzare e mettere in moto meccanismo di tutela per le opere del Novecento, a Roma e in Italia. In questo casi il focus è sull’architettura miliare, una eredità che spazia dalle mura alle torri, dai forti alle costruzioni militari che sono parte indissolubile del tessuto urbano capitolino. Pensiamo alle caserme costruite lungo via delle Milizie o viale Giulio Cesare, all’Ospedale militare del Celio, al Sacrario militare del Verano o al Vittoriano».
L’importanza della conoscenza è stato il primo tasto battuto dalla coordinatrice scientifica del convegno, Rosa Maria Filice, che ha sottolineato come il valore e la salvaguardia delle architetture militari sia un argomento «sconosciuto ai tanti, perché in molti casi si tratta di strutture non accessibili alla maggior parte delle persone. L’obiettivo, dunque, è di portare tali opere alla conoscenza di una quota più ampia possibile della cittadinanza. Nel nostro focus, che copre una fascia storica lunga più di settant’anni, parliamo di forti, caserme, edifici militari propriamente detti ma anche di altre strutture dedicate a scopi differenti, si pensi all’ospedale del Celio». Per quanto riguarda le caserme, in particolare, ha osservato, «si può finalmente parlare di recupero, termine caro agli architetti e quanto mai importante in una città satura come Roma, anche per affrontare il tema dei brownfields urbani, macchie nere nel tessuto della città, anche in centro, non accessibili e spesso degradate, che invece dovrebbero e potrebbero essere restituiti alla collettività».
La profondità del patrimonio di architettura militare presente a Roma è stato uno dei temi su cui si è focalizzato l’intervento di Paolo Raudino, Generale di Divisione, Capo del V Reparto Affari Generali dello Stato Maggiore dell’Esercito (Sme). «Si tratta di una materia molto ampia – ha rimarcato – sia dal punto di vista della sua estensione temporale che riguardo alla diversità delle tipologie edilizia che nei secoli sono state realizzate, dalle fortificazioni agli accasermamenti, fino alle infrastrutture. L’architettura militare si è evoluta simultaneamente al progredire delle tecniche di costruzione. Le infrastrutture realizzate, inoltre, si sono progressivamente trasformate rispecchiando la cultura del tempo». L’Esercito Italiano, ha poi ribadito, «è sempre stato sensibile alla salvaguardia e alla valorizzazione del proprio patrimonio storico-architettonico distribuito su tutto il territorio nazionale, che ha un valore oltre che artistico e architettonico, anche culturale ed ambientale. Molte strutture sono da tempo visitabili grazie alla collaborazione con il Fai, come – per ricordare alcuni esempio nella Capitale – Il Palazzo dello Stato Maggiore dell’Esercito, la Caserma Pio IX e il campo trincerato di Roma nel suo complesso, che include tra l’altro 15 forti, tra cui quello di Pietralata». Raudino, infine, ha sottolineato l’importanza del lavoro, anche in chiave documentale e archivistica, svolto dall’Ufficio Storico dello Sme.
Proprio lo studio e gli approfondimenti della documentazione (in parte inedita) custodita dagli archivi militari dello Sme, dell’ex Direzione del Genio Militare di Roma e dell’Istituto Storico di Cultura dell’Arma del Genio, sono stati alla base della realizzazione del volume «Difendere Roma, Architettura militare della Capitale d’Italia, 1870-1943», pubblicato dall’Ufficio Storico dell’Esercito e curato da Piero Cimbolli Spagnesi, professore ordinario di Storia dell’Architettura Contemporanea alla Sapienza di Roma, che nella sua relazione in occasione del convegno dell’OAR ha illustrato il libro e la sua genesi, sottolineando come «spesso siamo abituati a vedere architettura militare di Roma limitata ai forti di Roma, mentre invece ne esistono tantissime altre declinazioni». Tali opere, ha proseguito, «vanno analizzate non solo in termini di progetti ma anche delle concezioni cui essi erano improntati. In un’ottica in cui il punto focale non sia tanto l’oggetto specifico realizzato – che poteva servire a puntare dei cannoni o a contenere una guarnigione – quanto l’architettura del pensiero che vi è sottesa».
Un focus specifico sul caso dell’Ospedale militare del Celio è stato proposto da Barbara Tetti, Ctf OAR – referente percorso formativo «Conservazione», in un visione volta a inquadrare un itinerario di ricerca per l’architettura militare, mentre Daniela Esposito, professore ordinario di Restauro e direttrice di dipartimento di Storia, Disegno e Restauro dell’Architettura alla Sapienza si è interrogata, in riferimento al patrimonio architettonico militare e non solo, sulle connessioni tra conoscenza, tutela, vincoli e possibilità di intervenire in chiave contemporanea.
Un approccio, quello volto a considerare l’architettura militare – e più in generale, ampliando la visuale, il patrimonio del Novecento -, «una risorsa per la città del futuro» su cui si è concentrata Emma Tagliacollo, Ctf OAR, referente percorso formativo «Storia e Critica», e Commissione Osservatorio ’900, focalizzandosi – tra l’altro – sull’asse del Flaminio, ed in particolare sull’area dell’ex caserma di via Guido Reni, «tassello fondamentale per riqualificazione della città» a partire dall’ultimo concorso per il Museo della Scienza realizzato tramite la piattaforma CAN (Competition Architecture Network) messa a disposizione dall’OAR. «Gli edifici militari – ha detto Tagliacollo – hanno, come abbiamo visto, numerose declinazioni, parlano linguaggi differenti e rappresentano uno straordinario patrimonio architettonico diffuso, il cui valore, anche in termini culturali, merita di essere salvaguardato, potenziato e utilizzato come un volano per il rilancio dei luoghi in cui si trova». (FN)