Fondatore con David Van Severen di OFFICE KGDVS, autore di numerose opere e, allo stesso tempo, docente presso l’Università della Svizzera Italiana, Kersten Geers riunisce in una singola figura la sensibilità del progettista e la propensione all’indagine teorica del ricercatore. La curiosità rispetto ai fenomeni di trasformazione urbana indotti dall’architettura è stata il filo conduttore della lectio (Casa dell’Architettura, 17 aprile 2025) tenuta nell’ambito delle “Conversazioni sulla pratica del progetto” organizzate dall’Ordine degli Architetti di Roma. Il ciclo di convegni ideato da Claudia Ricciardi, Consigliere OAR e curatrice, giunto al terzo appuntamento, ha offerto all’ospite internazionale l’occasione di ribadire le linee teoriche rispetto al quale OFFICE Kersten Geers David Van Severen sta sviluppando il proprio percorso, che si riflette in un variegato portfolio di opere, con committenti privati e pubblici, contraddistinte dalla sinergia tra geometria astratta e varietà di materiali e tecnologie.


Alessandro Panci, Presidente OAR, ha colto l’occasione per rimarcare la valenza degli incontri tra progettisti di Paesi diversi realizzati in occasione delle “Conversazioni”: “Ringrazio soprattutto gli ospiti che in questo ciclo di eventi ci stanno facendo veramente conoscere diverse realtà, tramite la testimonianza diretta dei protagonisti (…). Viaggiando in questi incontri tra Corea, Belgio, Inghilterra, Olanda (…) ci sono dei temi che tornano: primo fra tutti, il concetto che la città è sempre pensata intorno alle persone”.
Il titolo della lecture “The Big House. The Large City” riassume la frontiera lungo la quale si muovono le sperimentazioni di Geers e del suo studio, tese a collocare le singole architetture come avamposti di una visione di città che si materializza nello spazio in cui la città non c’è ancora o – è il caso delle vaste zone verdi in giro per l’Europa – non c’è mai stata, secondo un metodo che, nella definizione di Kersten Geers, “può essere riassunto dall’idea di big house”, ovvero di un edificio che fissa una idea urbana, ma allo stesso tempo si arricchisce e cambia per l’interazione con il contesto circostante.

Il contraltare delle big house è la large city, una estensione che ingloba sia la città sia l’area che non ne fa parte. “La large city è in definitiva il contesto in cui operiamo”, ha spiegato Geers. “Certo, potremmo essere portati a pensare la ‘città estesa’ come una città ‘grande’ (…)”, ma in realtà “[essa] non coincide con la periferia e neanche con il centro della città”. In che consiste allora la large city? “Non lo so”, ammette Kersten Geers, lasciando intendere che il tema rimarrà al centro delle ricerche di OFFICE KGDVS in campo accademico e nell’attività professionale.
D’altra parte, nel dialogo conclusivo con Guido Tesio dello studio Ganko, il concetto di large city, per quanto idea in divenire, è stato riferito anche a Roma, “luogo di complesse negoziazioni”, in una dimensione diversa dal classicismo che costituisce comunque un riferimento per OFFICE KGDVS, mediato dagli esiti del razionalismo. La visione della Capitale quale large city inquadra la “Roma moderna, la Roma postunitaria, e il gigantesco territorio” che la circonda.


La lezione si è svolta come excursus sulle architetture più recenti dello studio di Geers e Van Severen – ormai diventato una società con quaranta collaboratori. Le opere descritte includevano innanzitutto quelle in fase di realizzazione: la nuova sede centrale della Radio Televisione Svizzera (RTS) a Losanna (Media House, 2014 – in corso), con una struttura che sarà riconducibile a un volume sagomato come un disco, “appoggiato” su quattro elementi cubici di dimensioni diverse, collegati a piano terra da una vetrata e destinati ad accogliere l’apparato tecnico, gli studi per la trasmissione multimediale, le sale conferenze e tutte le altre attrezzature; il nuovo quartier generale della Radio Televisione Fiamminga (VTR) a Bruxelles (Media House, 2020 – in corso ), che dovrebbe essere completato entro la fine del 2025 e, con grande attenzione alla salvaguardia del verde e una ridotta impronta ecologica, includerà un volume quadrangolare di tre piani, con uno spazio continuo interrotto da cortili, sovrapposto a una base ottagonale messa in relazione con la città e la foresta; il riuso adattativo sull’isola fluviale di Outremeuse (Facoltà di Architettura a Liegi, 2022 – in corso) di una caserma dismessa le cui parti più antiche risalivano al XIII secolo e che già era stata adattata a usi diversi, con un progetto che, oltre al restauro e al riutilizzo dei corpi di fabbrica esistenti, prevede l’innesto di un edificio di cinque piani come cardine del nuovo complesso universitario; la casa – studio dell’artista belga Rinus Van de Velde a Lovanio (Atelier Van de Velde, 2021 – in corso ), una minimale scatola di calcestruzzo su due livelli, accessibili dall’esterno tramite scale di alluminio retrattili, dotata di una copertura piatta da cui pendono due tettoie in alluminio, una fissa e l’altra regolabile, che, dovendo sorgere in una zona soggetta a inondazioni, sarà dotata di un meccanismo di controllo in grado di deviare il flusso della acque, attraverso una serie di fori ricavati nella parte bassa della facciata, verso un’intercapedine sotto il piano terra rialzato.

Molti dei progetti di OFFICE KGDVS (per saperne di più, leggi qui) sono il risultato della partecipazione a competizioni internazionali e ancora adesso, a più di venti anni dall’inizio dell’attività, costituiscono una metà della produzione complessiva. Sul tema è intervenuta Claudia Ricciardi, Consigliera OAR, sottolineando che “l’Ordine degli Architetti di Roma promuove il concorso di progettazione come una procedura virtuosa e importante per selezionare la qualità del progetto”, stimolando la riflessione di Kersten Geers sul significato che può assumere per uno studio l’esperienza del concorso di progettazione.


Geers ha ricordato l’esordio fortunato di OFFICE KGDVS in una competizione in tre fasi, con una longlist intermedia e una shortlist di finalisti, auspicando procedure più “accoglienti” per gli studi giovani, che partono sempre svantaggiati a causa della mancanza di curriculum: “Nei concorsi in un’unica fase, tra i partecipanti viene scelto sempre quello con maggiore esperienza”. Per garantire la qualità dei progetti vincitori, inoltre, fondamentale è la competenza dei giurati, secondo Kersten Geers: “I concorsi di progettazione dovrebbero sempre avere giurie composte da architetti. Potranno forse lasciarsi influenzare nella scelta dalle proprie preferenze, ma non dovrebbero temere di averne”.
di F. B.
Video intervista a Kersten Geers – Office KGDVS
Testi domande: Francesco Nariello | Trascrizione e traduzione delle risposte dall’Inglese: Francesca Bizzarro
Video editing: Giuseppe Felici
OFFICE KGDVS è noto per il suo approccio razionale e astratto all’architettura. Come si è formata la vostra visione dell’architettura, da dove deriva il vostro approccio progettuale e quali sono i suoi principi fondamentali? il vostro studio ha lavorato su scale diverse, dai piccoli padiglioni ad edifici più complessi: come cambia il vostro processo di ideazione, al variare della dimensione di progetto?
Sono circa venti anni che lavoriamo nel nostro studio e credo sia sempre stato importante per noi avere un approccio all’architettura nettamente coerente. Ritengo in sostanza che si tratti di individuare qualità peculiari, sia nei progetti molto piccoli, sia in quelli molto più grandi. In definitiva, dato che per noi l’elemento chiave è una forma di gerarchia tra tempi e spazi differenti, il nostro metodo di lavoro fondamentalmente non cambia se stiamo lavorando su progetti molto piccoli, come una casa o una villa, oppure su progetti molto grandi come la sede di un media center in una città svizzera. Essenzialmente, investighiamo sempre l’idea che esista una gerarchia tra gli spazi, e questa gerarchia consente di organizzare una forma, mantenendola abbastanza robusta da sopportare il cambiamento.
Le vostre opere spesso esplorano la relazione tra interno ed esterno attraverso soluzioni geometriche e minimali. Qual è il vostro metodo per affrontare la relazione tra lo spazio costruito e il suo contesto? Ci riferiamo – per esempio – alla Solo House in Spagna, un’architettura quasi “invisibile” che mette in risalto il paesaggio circostante.
La connotazione astratta delle soluzioni geometriche o dell’approccio alla progettazione è stata costantemente la nostra cifra distintiva; tuttavia, per noi il contesto ha sempre avuto una rilevanza equivalente, non tanto perché, una volta che lo abbiamo visitato, cogliamo il genius loci e veniamo influenzati da ciò che troviamo, ma piuttosto in [virtù di] un complesso dialogo tra la forma che è letteralmente pro-gettata, lanciata sul sito, e l’esterno. Fra esterno e forma si stabilisce una specie di dialogo: noi crediamo che ogni volta che si realizza un progetto, il contesto cambi e, proprio in quel dialogo, emerga una nuova realtà.
In aggiunta alla pratica professionale, siete attivi nella didattica e nella ricerca. In che modo questa esperienza influenza il vostro lavoro progettuale, e come integrate le idee nuove ed emergenti, e le tendenze che si affermano nell’architettura contemporanea?
Negli ultimi venti anni e poco più, noi di OFFICE non abbiamo mai smesso di insegnare. Il vantaggio fondamentale è che nell’ambito dell’accademia si ha la possibilità di studiare ciò che spesso non c’è tempo di approfondire nella pratica professionale, perché gli studi viaggiano a un ritmo veloce e le decisioni, le risposte si susseguono molto rapidamente. Nella nostra attività didattica l’obiettivo fondamentale è sempre stato guardare all’architettura, cercando di comprendere che cosa l’architettura fa, come realizza i suoi obiettivi – e continua ad esserlo. Sono sempre convinto che l’architettura non sia necessariamente la più contemporanea delle professioni: in un certo senso è una professione vecchia, [che] si confronta con il suo retaggio storico e allo stesso tempo si trova al centro della contemporaneità. Così, se si discute delle tendenze attuali o ci si interroga su cosa verrà dopo, uno degli aspetti principali, delle componenti più rilevanti da mantenere nei nostri progetti di architettura e design è questa idea di fisicità per cui abbiamo particolare predisposizione, che dobbiamo continuare a difendere in un mondo sempre più virato sul virtuale.
Guardando al futuro, quali sono le questioni più urgenti che secondo te l’architettura deve affrontare oggi? Ci sono progetti di OFFICE KGDVS, in corso o di prossima realizzazione, che consideri particolarmente significativi o rappresentativi della direzione che lo studio intende intraprendere negli anni a venire? E, infine, quale consiglio daresti ai giovani architetti che si affacciano oggi alla professione?
Uno studio di architettura realizza progetti in un periodo di due, tre, cinque, dieci anni, per cui le cose procedono lentamente. Una delle caratteristiche più belle dell’architettura è che si tratta di una professione lenta, ambivalente, una professione in cui non puoi affermare di riferirti alla moda del momento. In questo senso, siamo molto eccitati dal pensiero di come potranno assumere la loro configurazione finale un paio di questi progetti più ampi che abbiamo costruito o stiamo per costruire al momento, anche perché ritengo che abbiano programmi particolari. Mi riferisco nello specifico ai media center a cui stiamo lavorando: credo siano luoghi di cultura molto importanti oggi, nel momento in cui il valore dei mezzi di comunicazione sottoposti a fact-checking è cruciale, e considero una delle attività più stimolante tradurre in architettura tali esempi sempre più rari di cultura civica. Nell’ultimo paio d’anni ci siamo interrogati sul modo in cui, all’interno di quella che chiamerei, a titolo esemplificativo, città estesa (“large city”), si potrebbero sviluppare idee di spazi pubblici, anche molto scarni, in qualche modo rappresentabili attraverso il concetto di “big house”. È su questo che abbiamo lavorato nelle scuole, in ambito accademico, negli Stati Uniti ma specialmente adesso a Mendrisio. Questa ricerca sempre più influenza il nostro lavoro come OFFICE in senso stretto.
La visione di Guido Tesio / Ganko
Trascrizione e traduzione dall’Inglese: Francesca Bizzarro | Video editing: Giuseppe Felici
Direi che il nostro approccio non cambia molto quando varia la scala dei progetti. In fin dei conti, preferiamo l’astrazione per assicurarci che l’architettura mantenga una certa leggibilità formale e una certa forza, consentendo allo stesso tempo la massima libertà di appropriazione. Siamo profondamente convinti che l’astrazione sia lo strumento in grado di fornire una esperienza più ricca, più densa e in qualche modo complessa.
La nostra architettura esplora le possibili relazioni tra interno ed esterno, spesso lavorando sulla loro disconnessione e sul parziale, direi, distaccamento, in qualche modo mettendo in discussione il cliché di una comprensione moderna dell’architettura come qualcosa di molto trasparente, in cui ottieni ciò che vedi. Così, siamo di certo molto più interessati alla relazione sonora tra interno ed esterno, ma anche alla reciproca autonomia che esterno ed interno possono entrambi mantenere.
Dal momento in cui abbiamo dato vita al nostro studio, io e i miei soci ci siamo occupati di didattica e ricerca. Credo sia stato estremamente fruttuoso per il nostro lavoro – e che lo sia tuttora, rappresentando anche una fonte di ispirazione. Da un certo punto di vista penso sia molto interessante stare a contatto con la generazione più giovane, in modo da aggiornare anche le proprie conoscenze mantenendosi in contatto con urgenze sempre diverse.
Al momento lo studio è molto concentrato su un numero ristretto di progetti pubblici, in particolare su uno a Brescia, per l’Auditorium e la Biblioteca Multimediale del Centro Civico. Siamo stati estremamente impegnati per anni con i concorsi pubblici, perché profondamente convinti che in quel settore è davvero necessario – soprattutto in Italia – il contributo della generazione più giovane, e siamo molto felici di avere l’opportunità di dare quel contributo. Parlando di giovani, un consiglio potrebbe essere quello di non focalizzarsi da subito esclusivamente su una specifica nicchia di mercato. Attualmente il mercato tende a far guadagnare di più chi è specializzato in questo o quel campo, dalla vendita al dettaglio, alla cultura, al pubblico, ai contratti, all’edilizia abitativa. Noi abbiamo sempre cercato di essere impegnati con un po’ di tutto, muovendoci da un campo all’altro: non è sempre facile, ma si è rivelato molto importante, perché ci consente di imparare da queste esperienze diverse e di trasferire dalle une alle altre le competenze acquisite.