I cambiamenti introdotti nella liturgia ecclesiastica dal Concilio Vaticano II (1962 – 1965) – uno su tutti, la nuova collocazione dell’altare, con il celebrante rivolto all’assemblea dei fedeli – hanno influito sulla organizzazione interna degli edifici sacri, offrendo agli architetti nuovi spunti nella progettazione delle chiese, ovvero nel disegno di spazi destinati alla condivisione di una esperienza mistica, piuttosto che alla celebrazione della Chiesa trionfante: tramontata l’esigenza di produrre stupore, nelle architetture postconciliari la suggestione visiva è trasposta in termini di contrapposizione tra aperto e chiuso, vuoti e pieni, luce e oscurità, che i progettisti declinano in base alle rispettive sensibilità espressive.
La varietà di approccio da parte degli architetti alle disposizioni della Costituzione Sacrosanctum Concilium, l’atto papale promulgato il 4 dicembre 1963, contente la riforma di riti e sacramenti, è stata argomento del webinar “Arte e architettura sacra dal Concilio Vaticano II” (21 maggio 2024), organizzato dall’Ordine degli Architetti di Roma e provincia (OAR) con il coordinamento scientifico di Emma Tagliacollo, CTF OAR – Storia e critica, in collaborazione con il Centro Studi Arte Sacra.
Competenze liturgiche per il progetto
Introdotti dai saluti di Alessandro Panci, Presidente OAR, i relatori hanno ricostruito il processo storico che, dalle domus ecclesiae fino alle cattedrali, ha segnato la continuità tipologica tra architettura pagana e cristiana per quanto riguarda lo sviluppo planimetrico degli edifici di culto, individuando la permanenza degli schemi derivati dalla basilica romana o dalle meno diffuse piante centrali anche nell’architettura sacra moderna e contemporanea, che, nello sviluppo delle chiese si avvale della figura del liturgista come indispensabile supporto.
L’Ufficio Nazionale per i Beni Culturali Ecclesiastici e l’Edilizia di Culto della Conferenza Episcopale italiana, come conferma l’arch. Lorella Palumbo, Addetta alla progettazione edilizia e al restauro, pubblica sul proprio sito un elenco di esperti in liturgia, (https://bce.chiesacattolica.it/2024/04/15/esperti-in-liturgia-per-concorsi-di-progettazione/), in quanto “la partecipazione alle procedure concorsuali bandite dalle Diocesi e coordinate dall’Ufficio Nazionale BCE è riservata a gruppi di lavoro costituiti da: progettisti, esperti di liturgia, artisti ed eventuali consulenti o collaboratori”.
Il dialogo tra materiale e immateriale
In assenza di modelli predefiniti per la chiesa del Concilio Vaticano II, l’architetto, per elaborare l’involucro in cui si realizza il percorso dei fedeli dall’ingresso all’aula, fino all’altare e, in una metafora del trascendente, alla cupola, trasferisce il proprio sentimento del sacro, in una sorta di mistagogia – o iniziazione al mistero, valorizzando la dialettica tra costruzione e componenti immateriali come lo spazio e la luce.
“Lo spazio è di due tipi: assoluto e fenomenico”, ha evidenziato nel suo intervento Franco Purini, Professore emerito di Composizione architettonica e urbana presso la Facoltà di Architettura della Sapienza università di Roma, Accademico di San Luca, “Lo spazio assoluto corrisponde all’involucro costruttivo dell’edificio e quindi è uno straordinario spazio vuoto, ma modellato secondo una struttura. Un esempio: la Chiesa Palatina di Treviri, in Germania (…). C’è poi lo spazio fenomenico che invece è riempito da altri spazi, (…) da piccoli edifici che sono dentro l’edificio grande, da passerelle, da scale, da rampe, come avviene nel Campidoglio di Chandigarh di Le Corbusier, che credo sia l’esempio più importante di spazio fenomenico. Ce n’è poi un terzo [tipo di spazio], che è il magnetismo dei volumi, visti da fuori. (…) In realtà, come accade al nostro corpo, il corpo dell’architettura emana una energia che si diffonde intorno a noi. Un’architettura, qualunque essa sia, emette un magnetismo che attiva l’aria attorno ad essa, per cui, quando accanto c’è un edificio, s’instaura una specie di combattimento tra questi due corpi immateriali, che creano una tensione straordinariamente forte che si rivolge a noi, anche senza che ce ne accorgiamo”.
Purini ha anche formulato la sua definizione della luce: “(…) la luce ha tre aspetti fondamentali. Il primo tipo è la luce emozionale: semplicemente una luce che dialoga o contrasta l’ombra. Quando entriamo in una chiesa barocca, per esempio, la dialettica fra luce e ombra, o addirittura luce e buio, è fantastica: ci afferra completamente, non solo nella mente, ma soprattutto nel corpo, ci emoziona fortemente. Un nome l’ho già detto: Le Corbusier… anche nella Cappella di Ronchamp c’è questa luce emozionale (…). Dopo (…) esiste una luce che definisco analitica, che si getta sopra gli elementi costruttivi e spiega che cosa stanno facendo dal punto di vista tettonico. Un esempio straordinario sono le architetture di De Stijl (…)”.
“Poi esiste una terza e più difficile luce – forse impossibile da raggiungere per noi architetti – che è la luce ontologica, vale a dire una luce che non illumina lo spazio, ma coincide con lo spazio. Quindi esiste una spazialità della luce e questa spazialità fa trascendere l’edificio e la luce stessa su un altro piano (…). Un altro grande architetto nella cui opera questa luce si manifesta in tutta la sua forza è Mies van der Rohe. Voglio citare un solo suo edificio, la Neue Nationalgalerie di Berlino”.
Edifici sacri e sviluppo urbano
Gli architetti che realizzano chiese si trovano a confrontarsi con temi più ampi di progettazione urbana, per la varietà di funzioni accessorie che legano gli edifici di culto alle comunità, anche in seguito all’apertura postconciliare: il rapporto tra edificio ecclesiastico e città offre ulteriori possibilità di sperimentazione, e si propone come occasione per arricchire il repertorio dell’architettura contemporanea.
“L’immagine scelta per la locandina del webinar è la Concattedrale di Taranto di Gio Ponti, nata in realtà non in seguito all’esigenza di una nuova chiesa”, sottolinea Emma Tagliacollo, “ma di un centro religioso che costituisse il fulcro nella espansione della città di Taranto tra il 1964 e il 1970: questo edificio non solo doveva esprimere una nuova religiosità, ma doveva essere elemento principale, elemento di azione per la nuova espansione (…). E forse sta proprio qui, quel centro di modernità che noi ricerchiamo”.
Immagine: Concattedrale Grande Madre di Dio, Gio Ponti da Atlante Architettura Contemporanea / Architetture per la collettività – Foto di Alessandro Lanzetta – copyright 2018 MIBAC – tutti i diritti riservati
Per saperne di più sull’elenco degli esperti in liturgia dell’Ufficio Nazionale per i Beni Culturali Ecclesiastici e l’Edilizia di Culto:
https://bce.chiesacattolica.it/2024/04/15/esperti-in-liturgia-per-concorsi-di-progettazione/