Arrivare ad una riforma organica delle norme, a cominciare dal Tu dell’Edilizia (Dpr 380 del 2001), per superare la frammentarietà delle disposizioni regionali. Eliminare realmente la verifica della doppia conformità prevista per sanare le difformità edilizie. Ridimensionare le responsabilità attribuite al professionista sia nella determinazione della data di realizzazione dell’intervento oggetto di accertamento di conformità sia nella verifica della sussistenza di limitazioni dei diritti dei terzi nel caso delle tolleranze. Infine, è necessario ripensare il meccanismo che rivede al rialzo le tolleranze costruttive definendo percentuali inversamente proporzionali alla superficie delle unità abitative.
Sono queste – in sintesi – le osservazioni sul cosiddetto “Dl Salva-Casa” che l’Ordine degli Architetti di Roma e Provincia ha inviato alla commissione Ambiente della Camera che sta esaminando il Dl 69 del 2024 per la conversione in legge. Il documento, firmato dal presidente, Alessandro Panci, dà comunque un giudizio positivo sul decreto, sebbene rimarchi l’opportunità «di andare oltre le singole misure correttive» per procedere a «una riforma organica del Testo unico dell’edilizia». «Fermo restando il giudizio positivo sul primo passo compiuto, siamo di fronte a una norma parziale, non organica, che non può che avere il carattere della provvisorietà», scrive l’OAR nel documento. «Se non si procede ad una modifica complessiva, che intervenga a livello nazionale uniformando tutti i parametri e le norme amministrative – viene rimarcato -, si permane in una situazione in cui incertezze ed equivoci saranno comunque sempre presenti».
Nella riforma della normativa edilizia, l’Ordine degli Architetti di Roma include anche il Dm 5 luglio 1975 sull’altezza minima e i requisiti igienico-sanitari delle abitazioni, che oggi, «alla luce del progresso tecnico-scientifico e all’introduzione sul mercato di innovativi dispositivi neanche immaginabili cinquant’anni fa, risulta decisamente obsoleto».
Alcune critiche sono riservate anche alle nuove tolleranze costruttive, nella misura in cui viene incrementato il limite del 2% in modo inversamente proporzionale alla superficie utile. «Si arriva al paradosso – sottolinea l’OAR – che sono permesse tolleranze costruttive decisamente maggiori per un’unità immobiliare di 499 mq (il 3% di 499 corrisponde a 14,97 mq) rispetto a un’altra di 501 mq (il 2% di 501 è pari a 10,02 mq).
Secondo l’OAR è necessario, inoltre, intervenire sulla doppia conformità che «tra aspetti edilizi e urbanistici non è realmente stata eliminata perché in parte oggi rimane, nonostante le misure previste dal Salva casa». «È auspicabile – secondo la visione dell’Ordine – che con gli emendamenti al testo si proceda con correttivi che la eliminino completamente».
Infine, ma non per importanza, le nuove responsabilità che il Dl 69 attribuisce ai professionisti chiamati sia a dichiarare la data di realizzazione dell’intervento oggetto di accertamento di conformità in sanatoria sia a verificare la sussistenza di possibili limitazioni dei diritti dei terzi derivanti dall’applicazione delle tolleranze. Nel caso dell’accertamento della data di realizzazione dell’intervento richiesta dal Dl Casa per sanare le piccole difformità, «ci si domanda – scrive l’OAR – come possa un tecnico dichiarare un’opera che non ha realizzato direttamente e di cui non ci sia documentazione probante. Tale dichiarazione – secondo l’Ordine – non può che essere del proprietario, che è l’unico che può conoscere l’epoca in cui ha realizzato l’opera».
Sul fronte della verifica relativa ad eventuali limitazioni dei terzi, richiesta per le tolleranze, «rappresentando che tali diritti sono ampi e riguardano molteplici aspetti (di veduta, panoramici, servitù di fatto non presenti negli atti ecc.)» l’OAR ritiene «che non esistendo documentazione probante» non si possa chiedere a «un tecnico di presentare la dichiarazione di assenza dei diritti di terzi». «Si tiene a ricordare – scrive l’Ordine a chiusura del documento – che un tecnico iscritto in un albo professionale svolge attività di pubblica utilità e l’emanazione di norme non chiare o inapplicabili rendono difficoltoso poter operare correttamente».