di Redazione OAR
Puntare sul connubio tra arte e scienza per comprendere il cambiamento, incidere sui sistemi politici ed economici – «che perpetrano l’annientamento delle diversità e dei popoli» -, «riprogettare il mondo», contrastando le modifiche strutturali e climatiche in atto, la diminuzione delle biodiversità e l’omogeneizzazione progressiva degli ecosistemi del pianeta. Sono alcuni degli spunti su cui si incentra il convegno «Abitare la terra: ambiente, città, paesaggio», in programma oggi, 22 aprile – in occasione della Giornata mondiale della Terra – alla Casa dell’Architettura, organizzato dall’Ordine degli Architetti PPC di Roma e provincia con il patrocinio – tra gli altri – di Earth Day Italia.
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L’evento, con il coordinamento scientifico di Daniela Gualdi, consulente OAR, e Flavio Trinca, Ctf OAR – referente percorso formativo «Paesaggio», punta a offrire spunti di riflessione sui temi al centro della giornata, presentando suggestioni, proposte ed casi concreti, spaziando – nelle diverse sessioni proposte – dalla scienza alle nuove tecnologie, dall’attivismo alle narrazioni artistiche e culturali, fino alle esperienze di sostenibilità urbana in Italia. Obiettivo: riflettere su scenari, potenzialità e prospettive, nella consapevolezza di come l’equilibrio tra ambiente, città e paesaggio – «drammaticamente interrotto nella modernità -, chieda di ripensare la sostenibilità intesa come emergenza ambientale, sociale, economica e culturale».
Le riflessioni stimolate dal convegno – così come per la giornata riconosciuta dalle Nazioni Unite, alla quale l’OAR partecipa attivamente anche quest’anno – ruotano intorno al principio che ogni essere umano, «a prescindere dall’etnia, da dove viva, dal sesso e dalla condizione economica, ha il diritto etico a un ambiente sano, equilibrato e sostenibile». La seconda edizione dell’evento si colloca nella scia del successo della giornata «Abitare la Terra» organizzata per la prima volta lo scorso anno dall’OAR, che ha visto la partecipazione di oltre venti relatori, anche di profilo internazionale, sia in presenza che in collegamento streaming (qui l’articolo: LINK). Gli atti del convegno del scorso anno sono in corso di pubblicazione sul AR Web (online la prima parte: LINK).
A raccontare il senso della giornata è Flavio Trinca, del Ctf OAR – referente percorso formativo Paesaggio. «Mentre lo scorso anno – osserva – abbiamo analizzato il tema dai punti di vista artistico, architettonico, culturale e scientifico, con la seconda edizione ci spingiamo a esaminare possibili soluzioni e strumenti concreti di analisi. Per questo sono stati invitati, tra gli altri, scienziati che si occupano di monitorare lo stato di salute del pianeta e della nostra società. Tra questi, Antonella Varaschin, dell’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn), tra i curatori della mostra al Palazzo delle Esposizioni a Roma dedicata alla ‘Incertezza’, intesa come valore intrinseco della natura, tema divenuto particolarmente attuale con la pandemia. Proponiamo anche percorsi concreti intrapresi, a partire dalle attività del Terzo Settore: si pensi al movimento sulle città in transizione di cui parla Rob Hopkins, del Transition Network, con un focus su un esperimento reale di transizione ecologica, per il superamento del concetto di sostenibilità, in atto nella città inglese di Totnes. Spazio alle idee dei giovani con la presenza di Fridays for Future Italia ma anche alle azioni messe in campo da Greenpeace».
L’obiettivo di giornate come quella di oggi, prosegue Trinca, è di proporre spunti di riflessione, spaziando in modo trasversale tra le discipline, funzionali per lo svolgimento della professione di architetto, il quale – nel suo ruolo di configuratore dello spazio in cui viviamo – deve sapere orientarsi anche tra le sfide poste quotidianamente da ambiente e società. Riteniamo, infatti, che i meccanismi utilizzati finora per lavorare sugli spazi urbani e nella configurazione spaziale, infatti, non siano giù sufficienti: occorre adottare un punto di vista diverso, sempre più olistico e multidisciplinare».
Le connessioni – anche in termini di comprensione dei fenomeni – tra questione ambientale e la necessità di scienza, conoscenza e arte, sono fotografate dalle riflessioni di Daniela Gualdi, consulente OAR. In particolare, racconta, in riferimento al mondo dell’arte, «in una lezione di Monica Vitti al Centro sperimentale di Cinematografia, nel 1988, la grande attrice (recentemente scomparsa) parla del film di Michelangelo Antonioni ‘Deserto rosso’ come la prima opera cinematografica che rappresenta, attraverso la crisi depressiva della protagonista, il disfacimento dell’ambiente. È definito il primo film a colori del cinema, o meglio colorato, dove il colore rappresenta i sentimenti, gli stati d’animo. Antonioni premonitore, nel 1964, di quanto sta accadendo oggi, coglie la condizione umana contemporanea e propone un nesso tra quanto accade nella mente di una donna e quello che accade alla terra: e cambia i colori delle cose perché corrispondano al pensiero. Cosa rappresenta Antonioni? Conosce forse l’anaffettività della ragione, che fa la depressione di chi non sa aprire gli occhi, ma sente?». Gualdi conclude con una riflessione: «I ritmi e le pause, legati al tempo, appartengono agli elementi naturali, alle stagioni, al giorno e alla notte, ma sono anche la costruzione del linguaggio dell’arte, dell’architettura, della musica. Sono anche caratteristica della realtà umana, come la veglia e il sonno. Mi rivolgo al mondo della scienza con una domanda: per poter continuare a sognare e ad immaginare, allora, dobbiamo pensare che la realtà umana, come il pianeta, abbia bisogno di ritrovare i ritmi e le pause della natura e dell’arte?». (FN)