di Redazione OAR
Catalizzare le energie sulla costruzione di visioni, sogni, scenari, progetti per le città del futuro. Educando i giovani architetti, e non solo, a focalizzare studi e ricerche alla definizione di proposte concrete per i territori, per uno sviluppo urbano consapevole e sostenibile. È questa una delle declinazioni che il concetto di formazione – e, in particolare quella adottata dalla Why Factory diretta da Winy Maas (si veda sotto) – può avere sul fronte della progettazione. Ma nella giornata di Spam Needs dedicata al tema Education non sono mancate altre definizioni: dal ruolo dell’educazione sul valore dello spazio pubblico alla funzione educativa dello stesso edificio-scuola, che può diventare un hub culturale e di buone pratiche, ad esempio, sul fronte del rispetto per l’ambiente e il risparmio energetico.
Arpa Fernández: L’attività di ricerca basata sulla progettazione di Why Factory
La sessione pomeridiana del 12 ottobre ha spaziato su più fronti, come detto, intorno al tema della «educazione», intesa nel senso più ampio, trovando una definizione in riferimento all’attività specifica degli architetti – ed in particolare delle nuove leve di progettisti – nelle parole del protagonista della lecture di giornata, Javier Arpa Fernández, coordinatore del dipartimento di ricerca della Why Factory, istituto di ricerca ed educazione che fa parte della Facoltà di Architettura dell’Università di Tecnologia di Delft (Paesi Bassi), ideato e diretto da Winy Maas, fondatore dello studio Mvrdv.
«Why Factory – ha spiegato Arpa Fernández – cerca di produrre visioni sul futuro della città. I nostri studenti sono chiamati a realizzare progettazioni utili per loro professione futura, ma che sono fortemente basate sull’attività di ricerca. Cerchiamo sempre di raccogliere e poi di divulgare la produzione degli studenti, evitando che rimanga nei cassetti della facoltà, in modo che raggiunga il pubblico e lo coinvolga sulle questioni aperte riguardanti i centri urbani. Una frase in cui crediamo è: tutto è urbanistica, dalla progettazione di un singolo oggetto all’intero pianeta».
Attraversiamo, ha proseguito l’architetto, «una fase particolarmente complessa, segnata dalla pandemia da Covid19, ma non dobbiamo smettere di chiederci: come saranno le città del futuro? E la nostra risposta è: bellissime, iconiche, uniche, una diversa dall’altra. Pensiamo a città dentro le quali ci sia il verde, divertimento e piacere, biodiversità, senza dimenticare la grande attenzione a spazi pubblici e mobilità. Dobbiamo puntare a portare la natura all’interno dei centri urbani e a pensare città verticali che favoriscano le relazioni tra esseri umani». Concetti, quelli esposti da Arpa Fernández, che si ritrovano in alcuni dei progetti portati avanti da Why Factory, come Green Deep (2019-2020), «che nasce dal sogno di poter trasformare nostre città in città verdi», e Manifesta 13, con lo studio preliminare sulla città di Marsiglia condotto da Winy Maas.
L’approccio giusto in chiave education, per quanto riguarda la formazione di giovani progettisti, ha concluso Arpa Fernández, «è di chiedere molto per ottenere almeno un po’. Bisogna far sognare ed educare i visionari. Bisogna provocare sogni, perché gli studenti devono saper produrre visioni. Se non produciamo visioni quando siamo a scuola o in una facoltà quando potremo farlo? I ragazzi sono gli urbanisti di domani».
La funzione educativa: dagli spazi per la scuola all’analisi della domanda di architettura
Una diversa declinazione al tema Education, in riferimento alla concreta realizzazione di spazi per la formazione, l’ha introdotta – nel corso del Caffè con… moderato da Massimiliano Tonelli – Raffaele Mennella, docente e progettista di spazi dedicati all’educazione, analizzando le progettazioni per i campus universitari di Camerino e Chieti.
A dare una definizione al ruolo educativo dello stesso edificio-scuola è stata invece Chiara Tonelli, Università Roma Tre, che ha sottolineato l’importanza – sopratutto in una fase post Covid19 – «di riaprire i ‘contenitori’ per ricreare una comunità che si è dispersa. L’errore principale, però, è che l’edificio che ‘contiene’ la scuola è dedicato solo a quello, e finisce per restare vuoto per tante ore della giornata. Non viene utilizzato, diviene un luogo morto. Bisognerebbe invece aprirlo e trovare funzioni da inserirvi che si alternino nel corso della giornata, per farlo diventare un hub: energetico, nel senso di efficienza, ma anche culturale, con la concentrazione di attività che sviluppino il quartiere intorno a quel luogo, centrale – per anni – nella vita delle famiglie».
Quale ruolo possono assumere sul fronte della formazione invece – oltre che in chiave di aggiornamento professionale – le istituzioni, in particolare quelle afferenti al sistema ordinistico? Se ne è parlato nello spazio Confronti, moderato da Valerio Paolo Mosco. Per Alessandra Ferrari, Consiglio nazionale degli Architetti PPC, si è sempre pensato di indagare «su quali siano le caratteristiche dell’offerta di architettura, cosa debba fare l’architetto, con quali competenze e formazione. A un certo punto – ha però osservato, ricordando un’esperienza del recente passato – abbiamo pensato che fosse giunto il momento di cambiare punto di vista. Chiedersi: come fare a risvegliare quel desiderio di architettura che è insito nelle persone, nella collettività, ma che a volte gli architetti non percepiscono? Occorre lavorare sulla domanda di architettura».
Tra le attività messe in campo dalla Fondazione per l’Architettura di Torino c’è – ha raccontato la direttrice, Eleonora Gerbotto – «l’educazione al valore di uno spazio pubblico di qualità. Ci rivolgiamo innanzitutto a bambini e ragazzi, che coinvolgiamo più o meno attivamente nella costruzione insieme dell’idea, ma anche nella realizzazione concreta di uno spazio per la loro quotidianità. Obiettivo: generare consapevolezza, attraverso la partecipazione, e diffondere il concetto di ‘presa in cura’ dello spazio in cui si vive».
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(FN)