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Architettura
16 Ottobre 2020

Spam Co–City. Progetti comunitari precursori delle esigenze in tempo di Covid

Tempo di conclusioni a Spam 2020 durante l’ultima giornata dedicata al Co-City, tema particolarmente attuale nella dicotomia tra assembramento e distanziamento, condivisione e separazione.

“Credo nella necessità di limitare la crescita degli spazi, propendendo per la condivisione delle risorse disponibili, che sono sempre meno – commenta Roberto Grio, direttore di Spam 2020 – E’ un tema che coinvolge noi professionisti. Dovremo studiare tipologie nuove o parzialmente innovative, impegnarci in sperimentazioni di un nuovo tipo di architettura che segua la linea tracciata dai NEEDS dell’utenza. Il problema coinvolge anche le amministrazioni pubbliche che devono prendere decisioni e normare i cambiamenti, rendendo possibile le trasformazioni che presto diventeranno urgenti”.

Pensiamo a concetti come rigenerazione urbana, riuso e riqualificazione. Dovremmo presto occuparci della sostanziosa quantità di metri quadri che sarà presto disponibile a causa dell’improvvisa ed inimmaginabile dismissione degli edifici per uffici, che ci sono resi disponibili nelle città dopo il Covid.

“Abbiamo capito che si può vivere in maniera diversa e questo Festival dell’Architettura ne è una testimonianza – continua Grio – Molti lo seguono da casa, così come lavoriamo tramite pc, partecipando a riunioni con numerosi partecipanti sempre a distanza. Non si può più pensare alla città come la pensavamo prima. Alcune conseguenze della pandemia ci hanno insegnato che le cose si possono fare anche in un altro modo”.

Da capire se queste ricadute saranno permanenti e quali siano i confini tra individualità e condivisione, scomodando concetti come salute, efficienza, sostenibilità e sicurezza.

“La comunità non deve per forza esistere fisicamente, oggi la connessione è anche digitale – spiega Marthijn Pool  – Space & Matter, studio olandese che orienta verso il futuro la ricerca e lo sviluppo dei progetti, per ottemperare a quanti più obiettivi di sviluppo sostenibile possibile – Abbiamo creato delle piattaforme digitali per collegare le persone prima che la realtà materiale del quartiere sia costruita, in modo che si crei un’identità attraverso la ricerca di caratteri comuni”.

Edifici comunitari quindi, che combinano hardware e software del costruito e che inducono le persone a lavorare insieme per mettere su progetti innovativi.

“Il senso di solide reti comunitarie è molto forte in gruppi composti da 25 – 50 famiglie massimo – racconta Pool che ha dato vita a progetti con e per collettività, come le case galleggianti di The Ceuvel – Più aumenta il numero di persone coinvolte, più servono interventi sostanziali (car sharing o, ancora oltre, una centralità forte come un teatro o una biblioteca) per determinare un profondo spirito comunitario. Questo modello socio – architettonico ha funzionato molto bene in tempi pandemici, dove l’aiuto reciproco ha garantito la sopravvivenza”.

Investire quindi in rete sociale ed architettura per soffocare una solitudine umana che ha anche un costo importante.

Una comunità progettante è l’esperienza di Fran Edgerley di Assemble, collettivo costituito da 15 persone per dare vita a sensazioni non previste attraverso l’architettura. Uno studio inglese eclettico Assemble, che focalizza l’attenzione su come le persone si relazionano al luogo condiviso e sociale e su come plasmano l’ambiente per soddisfare i propri bisogni nell’ambito di uno spazio di lavoro collaborativo.

“Dobbiamo pensare a come la pratica architettonica possa riprodurre l’ordine delle cose. Soddisfare i bisogni delle città: questa è la mia idea di architettura – racconta Fran Edgerley – Il 2020 ci ha dimostrato che bisogna andare oltre la monetizzazione degli edifici perché i bisogni umani non sono gerarchici, ma interdipendenti”.

Una visione sociale dell’architetto che deve agevolare i cambiamenti attraverso spazi fluidi che possano accogliere una molteplicità di utenti diversi. Un’architettura che non è paradigma iconico, ma contenuti che stimolano nuovi valori.

“Noi italiani abbiamo una forte attitudine al collettivo ed una profonda tradizione multidisciplinare. Manca però il supporto normativo ed il tessuto tecnico – amministrativo a sostegno di questa metodologia progettuale, che vuole sostituire il vecchio modo di concepire la professione, non senza un po’ di retorica”, conclude Orazio Carpenzano, tutor di uno dei tre workshop di Spam 2020 (link).

Rivedi le giornate di #SpamNeeds sul sito OAR: link

(GV)

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