di Redazione OAR
Coinvolgimento delle comunità locali, dotazione di servizi di prossimità e un approccio circolare in ottica sostenibilità, resilienza e inclusività sociale. Sono alcuni degli elementi chiave in tema housing emersi ieri- 24 luglio – nel corso della seconda giornata di Spam Restart!, il Festival dell’Architettura di Roma giunto alla sua terza edizione. L’inquadratura si è spostata, di volta in volta – in linea con la formula scelta dalla manifestazione – dai progetti realizzati in un contesto europeo ed internazionale alla riflessione su realtà, esigenze e prospettive del territorio romano sul fronte dell’abitare.
L’approccio degli studi olandesi Mvrdv e Space&Matter
«Il tipo di approccio alla costruzione di case e spazi comuni influenza sempre di più il modo di vivere delle persone»: così ha aperto la sua lecture Kristina Knauf di Mvrdv, lo studio con basi a Rotterdam, Shanghai e Parigi fondato da Winy Maas, Jacob van Rijs and Nathalie de Vries, parlando della progettazione di interventi in ambito residenziale e di housing sociale e chiedendosi: come può l’architettura, in tal senso, rispondere alle sfide del futuro? «Il nostro modo di progettare in questo ambito – ha spiegato – punta a coinvolgere le comunità locali senza offrire proposte standardizzate, ma progetti – spesso caratterizzati da costi contenuti – in grado di rispondere alle diverse esigenze, in un’ottica circolare e sostenibile». Per rendere l’idea Knauf ha citato, tra gli esempi di progetti realizzati che affrontano anche il tema della resilienza, un intervento ad «alta densità» in India in cui si condensano gli aspetti centrali cui porre attenzione: «interazione con l’ambiente, creazione di spazi comuni, inserimento nel paesaggio, capacità di adattamento a comunità diverse».
Idee convergenti sono state espresse da Marthjn Pool, tra i fondatori di Space&Matter, studio olandese nato nel 2009: «Il nostro obiettivo è inserire i concetti dell’economia circolare e della sostenibilità nei nostri progetti, in particolare in ambito housing». In un intervento che ha visto la realizzazione di 46 unità immobiliari per famigli ad Amsterdam – ha spiegato – «abbiamo creato, con la partecipazione della comunità, un quartiere inclusivo, autonomo dal punto di vista energetico e della gestione idrica – dal riutilizzo acque piovane alla rete fognaria -, e con un’attenzione agli aspetti della mobilità». Altro esempio di «circular city house» è il progetto Spectrum – sempre ad Amsterdam – in cui «all’interno di edificio del futuro abbiamo lasciato un vecchio immobile, in cui si trova lo storico cafe De Omval. L’idea è stata quella di non cancellare la preesistenza, rispettando la bellezza del passato, ma inserendola in un contesto super innovativo capace di autoalimentarsi e produrre energia pari ai consumi».
Lars Krückeberg (Graf): identità e innesti
Si è concentrato sul concetto di «identità come differenziazione» il ragionamento sull’abitare di Lars Krückeberg, dello studio tedesco Graft, protagonista della lecture serale. Illustrando una serie di progetti residenziali realizzati in Germania ma anche all’estero, in particolare negli Stati Uniti. «Identificarsi significa innanzitutto saper vedere l’altro – ha osservato -. L’innesto è il tema in cui crediamo: utilizzare qualcosa di preesistente, un immobile o uno spazio, per creare qualcosa di nuovo come in una sorta di ibridizzazione. L’architettura, dunque, è uno strumento attraverso cui proviamo a innestare identità diverse». Tra i progetti presentati alcuni interventi residenziali a Berlino – diversi premiati per le scelte adottate sul fronte dell’abitare – ma anche il «Pink Project»: «Tutto è partito dalla creazione di strutture temporanee, di colore rosa, realizzate a New Orleans, dopo il devastante passaggio dell’uragano Katrina. L’idea era di trasformarle in case reali. Abbiamo coinvolto 25 studi architettura internazionali che hanno disegnato le loro proposte. La comunità locale ha deciso quali adottare e sono state realizzate. Il risultato finale è stata la nascita di un quartiere residenziale in cui ogni casa ha sua identità».
Krückeberg, che ha sottolineato «l’importanza per uno studio di architettura di saper raccontare i contenuti dei propri progetti», ha poi svelato due lavori di cui Graft si sta occupando in Italia («dove non è facile lavorare sopratutto sul fronte delle autorizzazioni», ha detto), entrambi in Toscana: la progettazione di alcuni oggetti in travertino vicino Saturnia e una piccola villa in zona Monte Argentario: «Sarà un nostro spin off che si ispirerà alla casa Malaparte a Capri».
Housing a Roma: rispondere alle nuove esigenze
L’attenzione sul fronte housing è tornata a concentrarsi sulla Capitale – dalle periferie di Corviale e Tor Bella Monaca agli interventi in quartieri più centrali, come San Lorenzo – negli appuntamenti con «focus urban» e «restart Roma». Nel primo, in particolare – in un dibattito moderato e stimolato da Gianni Massa – si è parlato delle criticità dell’edilizia residenziale, di crescita zero e pianificazione.
«Serve un ripensamento delle aree urbane – ha affermato Luca Montuori, assessore capitolino all’Urbanistica -: lo slogan della ‘città 15 minuti’ deve tradursi nella capacità di fornire a cittadini servizi di prossimità. Nel caso di Roma significa portare servizi in quartieri – dove negli anni sono stati realizzati interventi di edilizia pubblica residenziale – in cui sono sempre mancati». Ma portare servizi «non è facile», ha ammesso l’assessore, citando un esempio: «A San Lorenzo abbiamo lavorato in un area degradata, decidendo di puntare sui servizi e non sul residenziale. Ma c’è stato fortissimo contrasto, sopratutto da parte di proprietari che attendono dagli anni ’40 di ottenere una rendita fondiaria su quelle aree». In città, ha aggiunto, «c’è conflitto continuo, che esula dal merito. Di progetti come Reinventing Cities, che insistono su aree cruciali come la stazione Tuscolana, neanche si parla. Invece nascono comitati contro abbattimento della Tangenziale Est. Serve un cambio visione e gli architetti devono fare loro parte».
Per il sociologo Domenico De Masi, le strategie urbane del futuro, in particolare sul fronte dell’abitare, dovranno tenere conto dei «processi tecnologici che hanno influito e influiranno sulla vita e sullo sviluppo delle città. Si pensi all’impatto dello smart working sugli edifici per uffici nei prossimi anni. Ma anche al rapporto tra lavorare e abitare, che nel caso del lavoro ‘cognitivo’ è molto diverso rispetto al lavoro ‘operaio’, il quale sta sparendo. Si tratta di dinamiche che stanno modificando radicalmente i concetti di abitazione e città».
A sottolineare invece come al momento «ci troviamo in una fase ibrida, in cui per gli architetti c’è spazio per ripensare gli edifici in chiave multifunzionale» è stato Lorenzo Bellicini del Cresme: «Sostenibilità e digitalizzazione sono i driver che la pandemia da Coronavirus ha più accelerato. L’emergenza ha contributo a cambiare non solo le case ma anche le città, a partire dai flussi legati, ad esempio, al lavoro da remoto, la cui crescita resterà in buona parte strutturale».
Lo spazio «restart Roma», infine, è stato introdotto da Francesco Aymonino, che ha aperto la riflessione sui quartieri della Capitale «che avrebbero bisogno di grandi interventi di progettazione sul fronte abitativo e non solo: una grande occasione, da non perdere, sarà connessa alle risorse europee provenienti da Pnrr, Next Generation Eu e New European Bauhaus».
E se, da una parte, Enrico Puccini, dell’Osservatorio Casa Roma ha rimarcato come «il vero nodo critico per l’edilizia pubblica residenziale a Roma sia quello gestionale, con una situazione per le manutenzioni che non cambia da trent’anni», dall’altra il consigliere OAR Daniel Modigliani ha rilevato come «ci siano pezzi di città non ancora coinvolti nel paradigma ‘espansione zero’: qui potrebbero esserci aree disponibili per l’housing, se servissero… Ma a Roma – ha però ricordato – almeno 30% alloggi Erp grandi non utilizzati: con una revisione delle dimensioni si potrebbero recuperare 15mila unità». Marco Vivio, vicepresidente InArch Lazio ha infine osservato come «in passato la concentrazione delle risorse abbia fatto sparire nei quartieri residenziali di Roma i servizi di prossimità, dalla sanità alle scuole: la priorità, adesso, è riportarli rispondendo a nuove esigenze». (FN)
Fotografie di Christian Sicuro