di Redazione OAR
Oltre la città e le periferie. Dalla pianificazione urbanistica nella provincia alla trasformazione del paesaggio, dalla riscoperta dei borghi agli interventi di qualità in aree destinate all’insediamento produttivo. Ma anche un modello diverso di progettare, in grado di «oltrepassare» gli approcci più classici, attraverso una sperimentazione incentrata sulle esigenze reali dei territori, urbani e non, alla ricerca di soluzioni sempre innovative. La penultima giornata di Spam Restart! – la terza edizione del Festival dell’Architettura di Roma – è ruotata intorno al tema «Beyond the City» ed è stata l’occasione per tenere insieme visioni alternative di progettazione architettonica.
Sinus Lynge (Effekt): progettazione incentrata sulla ricerca
La ricerca nel campo della progettazione è il pilastro dell’approccio dello studio danese Effekt, portatore di un modello incentrato, come punto di partenza, sulla individuazione di soluzioni innovative per grandi temi di attualità, a iniziare dalla eco-sostenibilità. «Il nome del nostro studio – ha spiegato Sinjus Lynge, protagonista della lecture serale – significa impatto. E il nostro obiettivo è proprio quello di avere un impatto duraturo e positivo nel tempo con una progettazione a scala umana: Effekt porta avanti ricerche autonome e, solo dopo, cerca committenti che le trovino interessanti. Facciamo ricerca – aggiunge – promuovendo progetti che analizzano questioni specifiche legate ad ambiente ed ecologia. I nostri progetti partono sempre dalla ricerca». È il caso di Regen Villages (2016), eco-insediamenti integrati e resilienti, piccoli ecosistemi ideati per ripensare la catena cibo, con ogni unità abitativa capace di creare un legame con l’ambiente esterno. Il progetto non è stato realizzato – spiega Lynge – ma per lo studio ha rappresentato l’opportunità per capire come gli edifici potessero diventare parte di ecosostemi». Altro «laboratorio» è stato un progetto promosso da Ikea, dove «abbiamo puntato a creare un sistema circolare riutilizzando gli scarti, impiegando strutture modulari flessibili e con lo scopo di proporre non solo case ma anche i servizi connessi, in un nuovo modello di proprietà condivisa».
A guidare le scelte progettuali dello studio danese è l’idea di «promuovere nuovo modo di vivere: una quota importante della popolazione danese, e non solo, vorrebbe tornare alla natura. Per farlo dobbiamo cambiare modello di produzione energetica, puntando sulle energie verdi e su sistemi costruttivi che favoriscano lo stoccaggio di Co2, come le costruzioni in legno. Non dobbiamo più pensare alle città come qualcosa di separato dalla natura ma, al contrario, ripristinare nelle aree urbane spazi in cui vivere a contatto con la natura stessa». Su questa linea si pone il progetto portato alla Biennale di Venezia: 400 piantine irrigate e illuminate, un piccolo ecosistema vivente che cresce sotto gli occhi dei visitatori e che, quando la mostra sarà terminata, saranno piantate nel «villaggio» ecosostenibile progettato dallo studio a Middelfart, in Danimarca. Lynge ha illustrato con uno slogan il concetto chiave sostenuto dallo studio: «From Ego to Eco». Significa, ha spiegato, «che il benessere della Terra è fondamentale per ciascuno di noi. Come architetti dobbiamo porci le domande che meritano di avere risposte: possiamo giocare un ruolo chiave per trasformare le città».
Design, ambiente, ricerca e industria: il progetto di Demogo per Gibus
A raccontare la scelta di adottare un approccio basato sulla qualità dell’architettura per la realizzazione di un campus di innovazione in grado di tenere insieme design e ambiente, ricerca e industria, è il progetto di Demogo per la «Sun Factory», nuovo headquarter di Gibus nella pianura veneta, tra Padova e i Colli Euganei. Il caso, illustrato nello spazio dedicato al focus young, è significativo anche per la decisione da parte dell’azienda di affidarsi allo strumento del concorso privato a inviti, rivolto ai migliori under 40 del territorio, con l’intenzione di assecondare l’attitudine dell’area insediativa con una particolare attenzione all’inserimento nel contesto paesaggistico.
La richiesta del bando – ha spiegato Simone Gobbo dello studio Demogo – «era di creare un edificio produttivo ma con una qualità spaziale elevata. Perseguita attraverso la costruzione di un sistema visivo, l’organizzazione interna del movimento, e una relazione a distanza con il paesaggio». Per chi fa concorsi «è fondamentale che il tema del bando abbia basi solide, obiettivi chiari da parte del committente, come avvenuto in questo caso», ha detto l’architetto dello studio veneto – che si è aggiudicato, tra l’altro, il concorso per il Polo Civico Flaminio, una delle procedure promosse dall’Ordine degli Architetti di Roma – aggiungendo: «È importante capire come sostenere i concorsi privati» garantendo tempistiche in linea con le esigenze delle imprese.
«In un progetto per un impianto industriale bisogna considerare con grande attenzione l’impatto fisico delle strutture: a proprio allo scopo di scegliere il migliore progetto, abbiamo deciso di puntare sul concorso», ha detto Alessio Bellin di Gibus, che ha poi indicato le prossime tappe: «andare in cantiere per inizio 2022 e inaugurare sede entro il 2023»
Pujatti: sperimentazione e intuizioni per affrontare le sfide progettuali
Altro caso di elevata propensione alla sperimentazione sul territorio è quello portato da Stefano Pujatti di ElasticoFarm con sedi in Italia, a Chieri (Torino) e Budoia (Pordenone), e in Canada. Ed è proprio dal racconto di un progetto realizzato sul territorio canedese, la Maison Glacé, che l’architetto italiano illustra, con un esempio concreto, il modo di progettare dello studio: «Si trattava di un edificio da realizzare nel luogo più freddo di Toronto e le prime domande che ci siamo posti sono state: come proteggere l’edificio? Ma anche: come abbassare i consumi energivori? L’idea proposta, frutto di una intuizione, è stata di rivestire facciata con una rete sottile e fare in modo che il ghiaccio diventasse uno strato protettivo: la ‘crosta’ ghiacciata, infatti, è in grado di mantenere la temperatura a zero gradi, rispetto a -40 gradi esterni in inverno». La stessa tecnologia della rete di ghiaccio è stata ripresa in edificio esposto alla Biennale di Venezia: la nuova sede del Weengushk Film Institute, sempre in Canada, centro di formazione cinematografica/televisiva per giovani indigeni e minoranze.
Una delle nostre ossessioni – ha detto Pujatti – è lavorare con l’acqua: è una delle sfide con cui gli architetti devono confrontarsi. L’acqua può diventare elemento costruttivo». In questo campo rientrano diversi progetti presentati nel corso della lecture, da Venezia a Trieste. Poi, allargando lo sguardo, ha osservato: «Ogni progetto richiede un materiale specifico da utilizzare, un suo ragionamento, quindi un suo proprio linguaggio».
Pianificazione urbanistica, paesaggio, riforestazione urbana
E se, nel corso della giornata, l’appuntamento con «Restart Roma» – in linea con il tema di giornata – si è concentrato sugli interventi di pianificazione urbanistica attivati a Cerveteri – comune con cui l’OAR ha siglato un protocollo di collaborazione per un concorso di progettazione per la riqualificazione di alcune aree centro storico -, lo spazio «1vs1» si è concentrato sulle proposte in tema di qualità dell’ambiente. Marilena Baggio, paesaggista e fondatrice di Greencure, ha osservato come «il paesaggio abbia un valore culturale, sociale, ambientale e economico. Oggi c’è una grande fame di ‘verde’, ma occuparsi di paesaggio è un lavoro di pazienza: importante è la gestione della complessità, bisogna accettare ambiguità e incertezza, senza pretendere di avere il controllo su tutto. Visione e regia sul fronte del paesaggio sono importati per le città». L’assessore all’urbanistica di Prato, Valerio Barberis, ha invece illustrato raccontato le azioni intraprese nella città toscana, dal piano operativo («strumento attivo nei confronti dei temi ambientali») alla riforestazione urbana.
Focus sul recupero dei borghi
Sulla tutela del patrimonio naturale e costruito, con un’attenzione particolare al piano per il recupero e la valorizzazione dei borghi, si è concentrato il focus urban, tavola rotonda moderata Gianni Massa. Tra gli ospiti, Margherita Eichberg, soprintendente Archeologia, belle arti e paesaggio per l’area metropolitana di Roma: «I borghi possono rappresentare un’alternativa alla città. Nella fase pandemica in atto abbiamo apprezzato un modo di vivere meno urbano. Il Piano Borghi, elaborato con Italia Nostra, punta proprio alla loro tutela e conservazione, con attenzione anche al territorio che li circonda» Per Luigi Fressoia, di Italia Nostra, «i borghi italiani andrebbero censiti: ci sono 8mila centri storici nel nostro Paese ma le frazioni sono dieci volte di più. Occorre un approccio unitario che borghi richiedono, con un atteggiamento votato a restauro e al consolidamento strutturale sismico».
A sottolineare come in Italia «ci sia un costruito – tra centri storici e borghi – che va al di là di quanto possa essere manutenuto» è stato Mario Occhiuto, sindaco di Cosenza e rappresentante dell’Anci, che ha aggiunto: «È giusto tutelare, ma si tratta di un patrimonio immenso e servono investimenti enormi. La mancata manutenzione provoca il progressivo spopolamento dei piccoli centri: bisogna stimolare i privati a intervenire». Mauro Trapé di Fondazione Inarcassa (che ha patrocinato il Piano Borghi), infine, ha sottolineato come «sia necessario fare ogni sforzo per far rivivere questi centri con l’obiettivo di cambiare stile di vita». (FN)