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Architettura
26 Novembre 2021

Quale tutela per il moderno italiano? L’OAR lancia l’Osservatorio sul ‘900. Il caso dell’autogrill di Montepulciano

di Redazione OAR

Accendere un faro sulla tutela del moderno nel nostro Paese e, in particolare, degli edifici di valore storico-architettonico ma privi di un vincolo specifico. È stato questo l’obiettivo del convegno organizzato dall’OAR – il 24 novembre – e incentrato sul recente caso riguardante la demolizione dell’autogrill di Montepulciano in Valdichiana sullautostrada A1 Roma-Firenze: struttura iconica – con la sua caratteristica forma «a ponte» – progettata negli anni Sessanta dall’architetto Angelo Bianchetti. Il raggio della riflessione – che ha coinvolto professionisti, associazioni, esperti -, si è ampliato all’analisi della difficoltà, in Italia, di rapportarsi con la modernità e, sempre più spesso, di riuscire a preservare opere significative del nostro – più o meno recente – passato.

Ad introdurre l’evento, allargando subito il ragionamento alla necessità di una maggiore comprensione della qualità dell’architettura ma anche del contesto culturale-storico-sociale in cui le opere si collocano, è stato il presidente OAR, Alessandro Panci, osservando come «non sia la prima volta che opere di architettura con un importante rilievo culturale, e che fanno parte della nostra memoria storica, vengano – o rischino di essere – demolite». Si tratta di casi, ha aggiunto, «che ci spingono a interrogarci sul valore di un’architettura e sul fatto che non basta un vincolo diretto per comprendere appieno la qualità di un’opera. Ritengo – tuttavia – che non servano ulteriori norme, per decidere come operare in queste situazioni: per progettare, restaurare e conservare bisogna puntare, piuttosto, sulla comprensione profonda di architettura, territorio, passaggio. E, su questo fronte – ha concluso Panci – sono e saranno fondamentali, anche in chiave culturale, la professionalità e le competenze sempre più qualificate degli architetti».

Il focus del convegno, ma anche le iniziative che l’OAR intende mettere in campo per implementare una tutela – finora carente – del moderno in Italia, e a Roma in particolare, sono stati illustrati da Marco Maria Sambo, coordinatore scientifico del convegno, segretario dell’Ordine e direttore di AR Magazine. «Non si tratta di parlare di legittimità ma di cultura – ha detto -. Da architetti non possiamo che evidenziare la situazione paradossale che – da una parte – rende in molti casi quasi proibitivo realizzare anche piccolissimi interventi di architettura (dal colore di una parete ad un soppalco, fino all’abbattimento di un capannone) quando si è in presenza di vincoli, mentre – dall’altra – vediamo sparire rapidamente simboli del Novecento, che sono stati punti di riferimento per il nostro territorio. L’autogrill di Montepulciano, abbattuto nell’ottobre 2021, è uno di questi: un simbolo, non solo estetico, che è entrato nella nostra vita quotidiana».

L’evento che ha preso spunto dal caso recente «è l’occasione per presentare una delle iniziative che saranno portate avanti dal nuovo Consiglio dell’Ordine», che ha appena iniziato il suo mandato, ha detto Sambo, che ha annunciato: «L’OAR propone un nuovo Osservatorio sul ‘900, fondamentale per mappare, monitorare, salvaguardare, tutelare e valorizzare opere di Architettura moderna a Roma e in Italia che rischiano di essere spazzate via per incuria e per demolizione».  Il nuovo Osservatorio sul moderno, ha proseguito, «è necessario anche per andare a individuare opere architettoniche meno conosciute al grande pubblico, ma ugualmente importanti per il loro grande valore storico culturale. Si tratta di un lavoro di ricerca volto a individuare le opere dei grandi professionisti che hanno progettato ottime architetture nel nostro Paese. L’OAR vuole quindi rilanciare lo straordinario patrimonio del ‘900 romano e italiano che va studiato e valorizzato attraverso convegni e pubblicazioni».

Com’è possibile che edifici-icona del contemporaneo, arrivati fino ai nostri giorni, siano dimenticati o addirittura percepiti come ruderi inutili? Se lo è chiesto Emma Tagliacollo, segretario di Docomomo Italia – associazione che ha come obiettivo la documentazione, la conservazione e la valorizzazione degli edifici e dei complessi urbani del Novecento – riportando l’attenzione sul caso degli autogrill. «La struttura demolita a Montepulciano, in particolare, raccontava un’epoca in cui si è realizzato un rapporto particolare tra architettura, arte, economia, imprese. Committente ed architetto, in quel periodo, hanno avuto, in molti casi, la sensibilità di dialogare in modo creativo ed unico intorno al concetto della modernità, dando vita ad opere che ancora oggi tengono il passo. Come le strutture degli autogrill a ponte – un po’ archi di trionfo, un po’ astronavi -, frutto di una ricerca tutta italiana che si è formalizzata ed è diventata parte della quotidianità. Perdere queste icone, oggi, è segno della difficolta di preservare i progetti del moderno e di investire nel recupero».

A tratteggiare l’humus culturale, sociale, economico nel quale sono state concepite e realizzate opere architettoniche come i primi autogrill, e non solo, sono stati gli interventi di relatori come Simone Colafranceschi, autore del volume «Autogrill, una storia italiana» (2007), con una carrellata sull’immaginario collettivo che si è sviluppato intorno a queste specifiche strutture, o come Jan Jacopo Bianchetti, architetto e figlio di Angelo Bianchetti – il progettista che negli anni ’60 ha stretto un fruttuoso sodalizio professionale con l’imprenditore Mario Pavesi, realizzando – tra l’altro, ma non solo – l’autogrill di Montepulciano demolito lo scorso ottobre, illustrando aspetti tecnici e strutturali del progetto. Da segnalare il sito web – qui il LINK – in cui sono raccolte informazioni, documentazione fotografica e testimonianze su alcuni dei lavori dell’architetto milanese.

Il nucleo della questione, in termini concreti, è stato ripreso da Paolo Anzuini, consigliere dell’OAR ed esperto in materia di proprietà intellettuale, diritto d’autore nei progetti di architettura ed ingegneria. «Demolire un’opera significativa del nostro passato – ha spiegato – vuol dire cancellare elementi riconoscibili e distintivi che valorizzano, attraverso il tempo, una cultura, una società, un’economia ed il progresso relativo a un determinato momento storico culturale di un Paese». Si può, e si dovrebbe, invece, «valorizzare senza demolire». La demolizione, infatti, «è l’opposto della costruzione, con l’abbattimento graduale o immediato di edifici o altre strutture. Non deve essere confusa con la ‘decostruzione’ che consiste nell’abbattimento di un edificio preservando gli elementi di valore per un successivo riutilizzo: è un approccio, spesso applicato anche all’estero, da prendere in considerazione per evitare che si ripetano episodi come quello dell’autogrill di Montepulciano».

La struttura progettata da Angelo Bianchetti – ha proseguito Anzuini, soffermandosi sugli aspetti più attinenti al diritto d’autore nei progetti di architettura – ha costituito una soluzione originale, risolvendo specifici problemi con invenzioni tecniche di grande valore, che avrebbero meritato di essere depositate insieme ad un marchio di forma. L’autogrill Pavesi, con la sua ‘asimmetria’ era una struttura unica realizzata con un sistema di costruzione replicabile ovunque. L’autore, tuttavia, non aveva a disposizione all’epoca gli strumenti che abbiamo oggi. Una vicenda che ci fa riflettere, ancora una volta, sull’importanza, anche per gli architetti, di depositare marchi e brevetti».

A chiudere il cerchio è stata la riflessione di Luigi Prestinenza Puglisi, presidente Associazione Italiana di Architettura e Critica, che ha puntato il dito su un aspetto anche psicologico come il sentimento di «vergogna» con cui spesso «guardiamo al moderno nel nostro Paese, letto come simbolo di cementificazione e di abuso del territorio. Senza riuscire a vedere le opere alte che pure in quel periodo sono state realizzate«. È un atteggiamento con il quale dovremmo fare i conti – afferma il critico -, partendo da una premessa: che il tempo, da solo, non può essere portatore di giudizi di valore. Un’opera realizzata lo scorso decennio può avere valore immenso, mentre un’altra di centinaia di anni fa averne uno relativo. L’incapacità di giudicare e scegliere è un grave problema culturale. È sempre più necessario ripensare il nostro rapporto con la modernità, con il passato e con la storia recente». (FN)

di Francesco Nariello
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