di Redazione OAR
Esaminare le potenzialità dello sviluppo architettonico, ambientale, culturale e di conservazione di Roma, anche alla luce delle nuove opportunità di finanziamento per la ripartenza post Covid19. Interrogarsi sul cambio di prospettiva, a partire dalla Capitale, per ripensare e saper affrontare una realtà profondamente modificata – dal punto di vista sociale, economico, sanitario – dalla pandemia in atto.
Proseguono gli incontri, giunti al secondo ciclo, di «Ascoltare l’Architettura», organizzati dall’Ordine degli Architetti di Roma, con l’obiettivo di portare avanti la riflessione sul «significato del costruire nel suo divenire storico», e su «come l’Architettura possa essere un volano importante e imprescindibile per lo sviluppo moderno di una città». Sul tema si confrontano studiosi, architetti, uomini di cultura, imprenditori.
Ieri, 11 marzo, si è svolto il webinar «Ascoltare l’Architettura – Un cambio di prospettiva, quale Roma? – Ripensare e vivere nel III Millennio dopo il Covid19», al quale hanno partecipato: Francesco Rutelli, presidente Anica e autore di una recente libro dal titolo «Tutte le strade partono da Roma»; Giovanni Maria Flick, presidente emerito Corte Costituzionale; Francesco Cellini, presidente Accademia di San Luca; e Giacomo Marramao, professore emerito Università Roma Tre e membro del Collège International de Philosophie, Parigi. Ha introdotto e moderato Luca Ribichini, Presidente Commissione Cultura Casa Architettura OAR.
«Stiamo attraverso un momento particolare – ha detto Luca Ribichini, introducendo il webinar -, con la pandemia che ha modificato radicalmente e continua rivoluzionare le nostre abitudini. I cambiamenti sono di natura economica, sociale, sanitaria. Servono più che mai competenze e punti di vista diversi per inquadrare un quadro in continua trasformazione. E c’è bisogno di una visione sul futuro di Roma». Incontri come questo, ha poi concluso, «risultano necessari per immaginare nuovi scenari e avere nuove prospettive per la Capitale, un ruolo da costruire che apra il terzo millennio».
A spostare subito l’attenzione sul cambio di prospettiva per progettare il futuro di Roma è stato Francesco Rutelli: «Serve un reset radicale e sistematico – ha detto -. Dovrà essere affrontata una lunga lista di questioni, in alcuni casi aperte da tempo, ma che con le trasformazioni imposte dalla pandemia richiedono un approccio diverso». Eccone alcune: «Organizzazione degli uffici, lavoro ibrido e smart working. Logistica e mobilità, che devono superare i modelli del passato. Il commercio, dentro e fuori dal centro. Servizi decentrati. La rigenerazione urbana, con obiettivi precisi: si pensi, ad esempio, alle scuole dismesse o abbandonate, che possono diventare cardini della riqualificazione delle periferie attraverso progetti di architettura urbana. Bisognerà cambiare paradigma sul turismo: non più mordi e fuggi».
Si deve «ripensare la residenza» in base ai nuovi criteri di sostenibilità ambientale e della transizione ecologica, ha continuato Rutelli: «Famiglie, giovani, anziani faticano a vivere mantenendo le distanze in complessi residenziali senza luce, senza verde, senza spazi, mentre milioni di metri cubi direzionali rimangono vuoti e vecchi capannoni abbandonati. È urgente il ritorno dell’architettura, di progetti concreti discussi nei quartieri con la cittadinanza». Infine, una riflessione sul ruolo degli architetti, che «dovranno essere protagonisti progettuali, ideativi e di cultura urbana per la trasformazione, post Covd19, di servizi e funzioni nelle città».
Per Giovanni Maria Flick, «la pandemia può essere l’occasione per cambiare il paradigma, anche rispetto alla città. Il riferimento da cui partire è sempre la Costituzione Italiana, in cui la città è definita come luogo di produzione e di elaborazione delle regole di convivenza (che rischia di diventare burocrazia). La visione più importante, tuttavia, proviene dall’articolo 2 della Carta, che definisce la città come come formazione sociale, modo di vivere insieme in tutto ciò che è necessario per lo sviluppo della personalità di ciascuno di noi, attraverso la vita di relazione, e per la sinergia tra diritti inviolabili e doveri inderogabili di solidarietà». Da Roma, in particolare, «potrà partire lo stimolo culturale per la valorizzazione del rapporto tra passato e futuro, connesso alla tutela del patrimonio storico per le generazioni future».
Il desiderio di «tornare indietro», alla realtà di prima della crisi Covid19, «alla Roma pre-pandemia – piena di contraddizioni, degrado, privilegi intoccabili – rischia di bloccare sul nascere qualsiasi idea di trasformazione». A dirlo è stato Francesco Cellini, sostenendo la necessità di un cambiamento di mentalità radicale. «Bisogna guardare al futuro – ha poi aggiungo – ma senza dimenticare che Roma ha una Storia. Gli spazi della città, l’area centrale sin dall’epoca napoleonica configura una città il cui centro è un parco. Oggi, invece, il centro è privo di attività, privo di vita: era solo pieno del turismo che conosciamo».
Sulla stessa linea, infine, Giacomo Marramao, che ha ribadito come «non bisogna illudersi di poter ritornare a prima della pandemia, perché quel passato recente è quello che ha determinato il degrado della città». Bisogna «recuperare l’idea di Roma come Città-Mondo: è l’unica metropoli del Pianeta che contenga una stratificazione del tempo storico che va dall’epoca arcaica fino alla città moderna e contemporanea. Roma rappresenta il tempo storico in forma spazializzate».
(FN)