di Redazione OAR
Esplorare l’architettura di frontiera. E abbattere le frontiere dell’architettura. È un messaggio che si legge in entrambe le direzioni quello che è stato trasmesso, il 13 aprile, alla Casa dell’Architettura in occasione del primo appuntamento con OAR Now!, nuovo format ricreativo, culturale e formativo lanciato dall’Ordine degli Architetti di Roma nell’ambito del Progetto Giovani (qui l’articolo di presentazione: LINK), con l’obiettivo di valorizzare la trasversalità delle competenze degli architetti e mettere le nuove leve della professione – a partire dai neo-iscritti e da chi sta per iscriversi all’albo – nelle condizioni di condividere conoscenze e informazioni, metterle a sistema e cogliere le opportunità lavorative in settori emergenti.
I focus specifici della prima serie tematica di OAR Now! – dedicata proprio all’Architettura di Frontiera – sono stati: data center, architettura parametrica, tiny houses, architettura binaria, metaverso. Un viaggio verso i «confini» della professione, che si sono mostrati molto più prossimi di quanto si possa immaginare, attraverso i racconti di giovani architetti, neolaureati e laureandi e delle loro ricerche ed esperienze. L’evento, con il coordinamento scientifico del consigliere OAR Paolo Anzuini, si è svolto all’insegna della riflessione sul futuro della professione, e ha toccato le varie iniziative messe in campo dall’OAR, dal Progetto Giovani ai servizi di supporto ad hoc, dalla nuova stagione della consegna timbri in presenza all’Acquario Romano alle riflessioni sul superamento dell’esame di stato.
OAR Now! – spiega Paolo Anzuini – punta ad «aumentare l’interesse sociale, formativo e culturale intorno all’architettura, offrire nuovi percorsi, anche lavorativi, non solo nell’ottica tradizionale della professione, creare un network di architetti del terzo millennio. Si rivolge, in modo particolare, a laureandi e laureati in architettura, entro i due anni dal conseguimento del titolo: quello che vorremmo costruire, anche attraverso il Progetto Giovani, è proprio un rapporto con coloro che non si sono ancora iscritti e che dopo il titolo di studio vivono un momento di passaggio, provando ad ‘anticipare’ le loro esigenze e domande». Saranno loro i protagonisti di OAR Now! e che possono auto-candidarsi, per diventare ‘testimoni’ per le diverse tematiche, realizzando dei videoracconti formativi che offrano le informazioni di base per inquadrare argomenti specifici, di volta in volta individuati». I contributi saranno poi messi a disposizione di tutti, in una logica open source. (Qui l’articolo di presentazione del progetto con le info per partecipare: LINK)
OAR Now!, per dare qualche numero, ha già ottenuto quasi 5mila e 10mila visualizzazioni rispettivamente su Instagram e Facebook, con centinaia di interazioni: «Quello che intendiamo fare – conclude Anzuini – è sondare la distanza tra il premere un testo o mettere un like e mettersi in gioco in prima persona. Serve coraggio. Con OAR Now! offriamo la possiblità ai giovani di partecipare, ‘dire la propria’, metterci la faccia. Oggi è la prima tappa».
Sulla stessa linea Alice Buzzone, consigliera OAR che condivide con Anzuini la delega al Progetto Giovani. «Vogliamo capire sempre meglio — ha detto – il sostegno che l’Ordine può dare non solo ai neo-professionisti ma anche a coloro che si stanno accingendo a terminare il proprio percorso di laurea o ai professionisti che si trovano ad avviare uno studio. Un’azione, dunque, a supporto dei giovani, della ‘giovane architettura’ e dei professionisti che intendono puntare su nuovi progetti all’insegna dell’innovazione». L’obiettivo, ha poi concluso, «è creare occasioni di confronto», annunciando una call sulle «architetture emergenti», con uno spazio dedicato a tali voci nell’ambito del Festival dell’Architettura di Roma che si svolgerà dall’11 al 19 giugno.
Proprio per dare un segnale preciso di una rinnovata stagione di presenza attiva dell’Ordine degli Architetti di Roma e provincia al fianco dei giovani, l’evento di ieri è stato l’occasione per riprendere, dopo lo stop forzato causa pandemia, la cerimonia di consegna dei timbri a neo-architetti nella cornice dell’Acquario Romano. «Si tratta – ha sottolineato il presidente OAR, Alessandro Panci – di un momento di passaggio importante, non solo simbolico, in cui si diventa architetti in grado di assumersi responsabilità nei confronti dei committenti e dell’intera comunità. Per seguire gli iscritti lungo il loro percorso professionale l’Ordine mette a disposizione una serie di servizi, a partire da quelli presenti nell’area riservata agli iscritti sul sito OAR, dalle consulenze ai chiarimenti normativi».
I temi della giornata: data center, architettura parametrica, tiny houses, architettura binaria, metaverso
Il cuore del convegno, come anticipato, sono stati i contributi presentati dai «testimoni» di OAR Now! che hanno composto la prima serie tematica dedicata ad Architettura di Frontiera: data center, architettura parametrica, tiny houses, architettura binaria, metaverso.
A rompere il ghiaccio, inquadrando il tema data center, è stata Claudia Ricciardi, architetta e consigliera OAR, che ha condotto attività di ricerca in materia. «Sebbene l’idea che abbiamo dei dati – ha detto – rimandi a qualcosa di leggero e impalpabile, la loro impronta su sfera terreste è molto impattante. I data center occupano, sempre più, porzioni di terreno smisurate e sono posizionati di solito nelle zone interne, il countryside. Pongono molte questioni di attualità, a partire dai grandi consumi energetici e della questione privacy, ma anche della loro accessibilità e performance». Diversi gli esempi dall’Aruba Global Cloud Center di Ponte San Piero (Bergamo) al Pione White Mountains di Stoccolma, in Svezia, fino alle strutture negli Stati Uniti. «Se l’idea di frontiera – ha concluso – di solito rimanda ad uno spazio di separazione, credo che la sfida oggi sia quella di combinare diverse esperienze per acquisire una sorta di sensibilità nel riuscire ad individuare e a prefigurare le sfide future».
«Ogni progetto in fondo è un’opera d’arte, un prodotto unico, non industriale. Chi meglio dell’architetto, quindi, può incaricarsi di coordinarli attraverso una sinergia di ingegno e creatività?». È una delle riflessioni di Erika Agnelli, l’architetta che è intervenuta in chiave binary architecture: Ho capito che le tante strade percorribili per un progettista si possono incanalare su due binari principali: quello del tecnico/specialista o quello di una figura di cerniera capace di coordinare i diversi attori coinvolti nel processo di progettazione e costruzione. In quest’ultimo caso, il digitale oggi rappresenta uno strumento fondamentale per coordinare. L’approccio al Bim, in particolare, è stato per me un ponte per poter cogliere a fondo tali complessità».
Uno zoom sul mondo delle tiny houses, invece, è stato al centro dell’intervento di Giulia Fasoli. Questo tipo di casa, ha detto l’architetta, «è nata negli Stati Uniti circa vent’anni fa e si sta pian piano diffondendo anche in Europa e in Italia. La tipologia è interessante per le persone che vogliono stare più a contatto con la natura e in una casa in cui gli spazi siano ottimizzati al massimo». Possono essere fisse o mobili, omologate e non, in un quadro che si presenta ancora complesso e che si scontra con numerose questioni normative: «Negli stessi States – afferma Fasoli – la lotta per la loro legalizzazione, connessa anche al tema del nomadismo, non è ancora finita. In Europa sono regolamentate dal Codice della Strada. La normativa italiana non le riconosce come abitazioni. È un filone che permette di approfondire aspetti interessanti come la massima ottimizzazione degli spazi, con una estrema riduzione della metratura senza rinunciare ai comfort».
«La mia speranza è creare una ibridazione tra mondo reale e mondo digitale, non delegata al visore 3D o al QR code, ma producendo oggetti di architettura in cui non si capisca bene quale sia il confine tra reale e digitale». A dirlo è Gabriele Roselli, laureando in Architettura, autore del contributo su architettura parametrica, che precisa: «Grazie a strumenti come la progettazione in Bim, a disposizione di architetti e ingegneri ci sono una mole enorme di informazioni sin dalle fasi iniziali del progetto. In questo periodo sto ultimando la realizzazione del primo progetto seguito dalla mia azienda su una superficie di 2000 mq a Milano, utilizzando il Bim lungo tutto il processo». Infine il giovane studente esprime la propria visione sull’architettura, ambito disciplinare giusto «per creare una integrazione» tra il campo della cultura tecnica e di quella umanistica.
«Non mi meraviglierebbe se nei prossimi anni assistessimo all’istituzione di una università per architetti del metaverso». Ad aprire uno squarcio, anche in chiave professionale, nell’universo virtuale condiviso via web, è stata, infine, Modestina Aquilano, dottoressa in architettura, precisando come «nelle competenze base dei futuri architetti vi saranno ricomprese la conoscenza e l’utilizzo di nuovi software per la realtà aumentata e la realtà virtuale». Il metaverso ha già aperto – e aprirà sempre di più – spazi di applicazione per l’architettura. Gli architetti devono liberarsi di vecchi stereotipi e comprendere la necessità di formarsi in nuovi campi, perché sarà chiesto loro di progettare e realizzare uffici, residenze, scuole, anche solo in modo virtuale. Deve consolidarsi la consapevolezza che la presenza degli architetti nei team multidisciplinari rappresenterà un valore aggiunto».
Sempre in ottica metaverso è intervenuto anche Annibale Siconolfi, (conosciuto come Inward), artista e architetto che ha mostrato e raccontato le sue opere realizzate nell’universo virtuale.
A chiudere la giornata una tavola rotonda sul superamento dell’esame di stato alla quale hanno partecipato: Orazio Carpenzano, preside della Facoltà di Architettura della Sapienza; Stefania Mornati, referente per il Corso di laurea in Ingegneria Edile-Architettura per gli esami di stato di Tor Vergata; Michele Beccu, professore ordinario di Progettazione Architettonica di RomaTre; e Anna Cornaro, associate professor, Chair Department of Architecture, presso l’American University di Dubai. Ne è emerso un parere unanime su inadeguatezza e inefficacia dell’attuale esame di stato e la volontà di portare avanti dialogo e collaborazione tra Ordine e Università. (FN)