«Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario» ha scritto Primo Levi, nell’appendice dell’edizione scolastica del 1976 del suo capolavoro «Se questo è un uomo». Ed è nel solco delle sue parole che è stato concepito «Architettura e Memoria», convegno organizzato dall’Ordine degli Architetti PPC di Roma e provincia lo scorso 15 maggio, nell’ambito delle iniziative per il centenario dalla legge (n. 1395/1923) che ha istituito la professione di architetto in Italia per riflettere su 100 anni di professione. Le stesse parole sono state citate, in apertura della giornata di lavori, da Marco Maria Sambo, segretario OAR, direttore AR Magazine e coordinatore scientifico dell’evento, di fronte ad una platea formata in parte rilevante da giovani studenti di alcune scuole romane, invitate alla Casa dell’Architettura nell’ottica di una condivisione civile sul valore della memoria. A partire dai valori custoditi dalla Costituzione italiana e indicati dalle regole deontologiche su cui si fonda la professione, il convegno ha affrontato affrontando il tema degli architetti di religione ebraica iscritti all’Ordine di Roma il cui nome fu cancellato dall’albo nel 1940 da parte del direttorio fascista, a causa delle leggi razziali. Obiettivo: non dimenticare e affinché ciò che è stato non si verifichi mai più.
«I temi della memoria e del ricordo sono fondamentali e da tramandare anche, e soprattutto, alle giovani generazioni – ha rimarcato Sambo, per questo sono stati invitati gli alunni dell’Istituto Rosmini, del liceo artistico Caravaggio, e dell’Istituto via Nitti: perché rappresentano il nostro futuro. Ricordare, infatti, è l’essenza fondamentale per guardare al futuro. Senza il ricordo, senza le nostre radici non possiamo capire il contemporaneo e non potremmo mai alzare gli occhi verso il nostro domani. L’Italia ha bisogno più che mai di non dimenticare e solo attraverso la memoria potremo trasmette alle nuove generazioni, ai nostri figli, il senso profondo dei valori costituzionali, cardine della nostra democrazia, cercando di agire sempre rispettando il prossimo, affinché le pagine nere del passato non si ripetano. Senza memoria non c’è alcuna prospettiva».
Il segretario OAR ha ripercorso, attraverso la documentazione archivistica – a partire dai verbali del direttorio fascista, le tappe che hanno portato, dopo il varo in Italia delle «leggi razziali» da parte del fascismo, alla cancellazione dall’albo del Lazio degli architetti di «razza ebraica – Angelo Di Castro, Romeo Di Castro, Umberto Di Segni, Davide Pacanowski – a partire dal verbale n. 6 del direttorio fascista del 26 gennaio 1939 in cui è riportata la discussione «in sede preliminare circa i provvedimenti che dovranno essere assunti a carico degli appartenenti alla razza ebraica». Documenti che, ha detto Sambo, «fanno anche capire come la burocrazia a volte rappresenti con freddo e cinico distacco la via per percorrere il male senza prendere posizione». Si è ricordata anche la cerimonia del 27 gennaio 2020 – Giorno della Memoria – che si è svolta presso la Casa dell’Architettura, e patrocinata anche dagli altri ordini degli architetti del Lazio e dell’Umbria, per ricordare gli architetti di religione ebraica iscritti all’albo e cancellati in seguito alle leggi razziali.
«Ricordare significa restituire dignità e identità a tutte le vittime della discriminazione e della persecuzione – ha sottolineato Massimo Finzi ì, assessore alla Memoria della Comunità Ebraica di Roma -. Vittime la cui identità è stata umiliata, offesa e cancellata: ridare dignità a queste persone è il compito della memoria. Non dobbiamo però rinunciare a conoscere, capire, comprendere i motivi per cui nazismo e fascismo sono potuti arrivare al potere, con quali mezzi di propaganda: se non capiamo tal meccanismi rischiamo di ripetere gli stessi errori, anche se in forme diverse».
Il convegno, organizzato il collaborazione con la Commissione Plans (Portiamo l’architettura nelle scuole) OAR, è stata anche l’occasione per affrontare le tematiche del progetto culturale internazionale «Architecture and Remembrance», elaborato dagli Ordini degli Architetti di Bologna, Ferrara, Milano e Roma, dalla Fondazione Cdec (Centro di documentazione ebraica contemporanea), dall’Università Comenius di Bratislava e dal Maxxi, che ha portato all’inaugurazione, lo scorso 16 maggio, proprio presso il Museo nazionale delle arti del XXI secolo, a Roma, della mostra «Il tempo ritrovato. Storie di architetti ebrei». Il progetto – ha ricordato Elena Tinacci, coordinatrice Maxxi Architettura – «è stato costruito, grazie ad un finanziamento europeo, in modo corale intorno alle parole architettura e memoria, con gli ordini degli architetti in prima linea».
Ad approfondire la connessione tra memoria e ordini professionali, intorno al pilastro rappresentato dalla Costituzione italiana e ricostruendo l’iter delle alle leggi che hanno regolamentato la professione è stato Christian Rocchi, delegato politiche nazionali OAR, che è partito dalla ricostruzione storica della genesi delle leggi che hanno istituito la professione, partire dal disegno di legge a firma Luigi De Seta, onorevole e membro del Collegio degli Ingegneri di Napoli, presentato nel 1904 alla Camera sull’esercizio della professione di ingegnere ed architetto. «La Costituzione rappresenta il baluardo affinché gli errori del passato non possano più ripetersi – ha poi ricordato Rocchi -. Il nostro codice deontologico richiama specificamente diversi articoli della carta costituzionale (tra cui gli articolo 4, 9 e 41). L’idea chiave su cui si fonda la nostra deontologia è che la comunità di architetti non sia in alcun modo slegata dalla storia di Italia, ma sia tutt’uno con essa. Il nostro lavoro si esprime nell’interesse del paese. A maggior ragione, dunque, è necessaria una riforma del nostro ordinamento, che chiarisca il senso e il valore del lavoro degli architetti».
L’importanza degli archivi come fonte di memoria è stata invece rimarcata da Erilde Terenzoni, della Commissione Cultura Casa dell’Architettura OAR. «Un archivio -ha detto – segue la vita delle persone e dell’istituzione che lo produce, ha sempre cose da insegnarci e da raccontarci. L’Ordine di Roma porta avanti, in questo ambito, due filoni di attività: uno sulla propria storia, l’altro sulla diffusione all’esterno della storia dell’architettura. Gli ordini professionali hanno progressivamente acquisito un ruolo improntate come collettori e punti di raccolta di materiali storici e l’OAR, su questo fronte, è stato capofila».
Approfondimenti anche sui temi «comunicazione e memoria – libertà di espressione fondamento della democrazia, con Paolo Conti, editorialista de Il Corriere della Sera, e su deontologia, etica morale della professione da parte di Eugenio Perri, presidente Consiglio di Disciplina OAR. Il convegno si è chiuso con la tavola rotonda dal titolo «100 anni di professione – Giovani, architettura, futuro, memoria», alla quale hanno partecipato, tra gli altri, i docenti – già coinvolti dall’OAR in alcune commissione di lavoro – delle scuole romane invitate a partecipare: Daniele Mancini, professore Istituto Rosmini e Commissione Urban Center OAR; Marcello Mele, professore Liceo artistico Caravaggio, e Giuseppe Parisio, professore Istituto via Nitti, componenti Commissione Plans – Portiamo L’Architettura Nelle Scuole OAR. (FN)