di Redazione OAR
Una infezione virale che «dimostra la fragilità di un sistema basato su produzione e consumo di massa e non sulla, solo teorizzata, cooperazione comune». Paesi chiusi in lockdown, con la previsione della recessione economica peggiore di sempre. Settimane chiusi in casa per paura di infettare e essere infettati ci hanno fatto «temere e desiderare, allo stesso tempo, il contatto umano. Generosi ed egoisti contemporaneamente, noi, le persone, gli umani. Ci rifugiamo in uno spazio fisico sempre più isolato e protetto, ma ci hiper-connettiamo in uno spazio digitale e dilatato: bulimia tecnologica per avvicinarci da lontano. Tutto questo ci fa riflettere, come esseri umani e come architetti».
Da queste riflessioni – maturate nel pieno della fase acuta dell’emergenza epidemiologica da Covid19, ma che restano valide in un momento di grande incertezza come quella attuale – è nata l’idea di Super Spazio, reinterpretazione del manifesto di Archizoom e Superstudio della Superarchiettura, che compie un salto temporale dalla realtà del boom economico anni Sessanta alla situazione attuale, segnata dall’improvviso scoppio di una pandemia e dalle sue conseguenze su vita quotidiana, lavoro, relazioni sociali. A definirne i contorni sono stati la coppia di architetti Luigi Olivieri e Claudia Orsetti, che – dopo gli studi universitari a Roma (e non solo) e passando attraverso esperienze professionali, in corso o passate, in realtà di caratura internazionale, come UnStudio, Heatherwick Studio, Sanaa, Cino Zucchi – hanno fondato, da pochi mesi, .traccia. – studio multidisciplinare con base ad Amsterdam, attivo nel campi dell’architettura, della ricerca, del design e della fotografia.
Nell’ambito della carrellata di progetti presentati dagli architetti romani – che hanno risposto alla Call OAR (LINK) -, raccontati attraverso diversi articoli pubblicati sul sito dell’Ordine e rilanciati sui canali social (qui gli altri articoli della serie: LINK1, LINK2, LINK3, LINK4, LINK5), si propone quindi, a chiusura del ciclo, una riflessione sulle sfide del futuro della progettazione.
Nel loro manifesto (qui sotto in allegato), i due architetti prendono spunto dalla condizione nelle quale ci ha spinto il dilagare del contagio da Covid19 per riflettere – in generale – sul concetto di spazio. «Prima – osservano – progettavamo spazi specifici per funzioni specifiche: l’ufficio, il bar, il negozio, il museo. La casa come massima espressione di funzioni determinate: in cucina si cucina, in sala da pranzo di mangia. Fuori invece no, fuori c’era la piazza come grande palcoscenico sociale, lo spazio misto di tutto e tutti. Spazio privato e spazio pubblico». Oggi, invece, «solo ambienti flessibili e contenitori generici in grado di trasformarsi a seconda di fattori economici, cambiamenti climatici, demografici, culturali e religiosi sempre più mutevoli. Lo spazio (e il suo utente) è facilmente intercambiabile. L’ufficio è un bar, il negozio è un museo e viceversa. La casa è sempre più piccola, condivisa, ci si dorme e basta, perché l’importante è stare fuori, essere social, esserci. Tutto è pubblico, tutto è condiviso, compresi i nostri dati. Spazio privato volontariamente azzerato (nonostante l’abuso della parola privacy), e spazio pubblico moltiplicato fisicamente e amplificato digitalmente. E poi Sars, Mers, Covid19. Sempre più forti, sempre più frequenti. Ora quegli spazi per tutti non servono a nessuno. Dobbiamo stare a casa, dobbiamo isolarci».
Ci si interroga, allora, sulle similitudini con il passato e sull’approccio da adottare per i futuro. «Il boom economico degli anni ’60 è, allo stesso tempo – argomentano Olivieri ed Orsetti -, antitesi e analogia dell’attuale presente un po’ distopico che si trasforma, in questo nuovo manifesto, in provocazione per un potenziale indesiderato futuro. Per non tramutarlo in un’immagine permanente è necessaria una revisione dell’odierna interdipendenza economica e sociale, e un ritorno all’umano». In questo momento di crisi, proseguono – «la tecnologia si rivela indispensabile e preziosa. Ritorna finalmente al suo posto di strumento» e l’urgenza «ha attivato un cambiamento radicale di abitudini consolidate. Se fino ad oggi l’idea di home working per alcune professioni era inimmaginabile, nel giro di poche settimane ci si è adattati per necessità. Dovremmo forse imparare ad essere più resilienti in tempi normali? Ad abbracciare i cambiamenti in modo più aperto, veloce e flessibile? Siamo diretti a un collasso dell’economia come la conosciamo oggi o a una rinascita di un sistema più sostenibile?».
Ecco alcuni degli interventi di cui si sono occupati i due progettisti nel recente passato. Orsetti è stata, tra l’altro, designer in fase di progettazione schematica e di dettaglio e poi responsabile dell’intero involucro per Thousand Trees, progetto firmato da Heatherwick Studio a Shaghaii in Cina; mentre per Olivieri, specializzato sul fronte delle applicazioni del legno in architettura, ci sono collaborazioni con università degli Stati Uniti e la consulenza per una serie di abitazioni unifamiliari, costruite in cross laminated timber. Tra i primi passi dello studio .traccia., invece, c’è il progetto presentato per il concorso Scalo Rogoredo a Milano (.traccia. + Simone Venditti, Elisa Versari, Julian Beqiri, Lorenzo Pellegrini), per la trasformazione di un’area di 116mila metri quadri. C’è inoltre l’intenzione di creare, nella campagna marchigiana, il progetto FARM – Fabrication Architecture Research Marche – un laboratorio di ricerca (business plan in fase di sviluppo) dove si uniscono architettura, ingegneria, arte, educazione, sperimentazione di materiali tecnologia e artigianato.
(FN)