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Architettura
31 Agosto 2020

Call OAR, un manifesto post Covid19. Si chiude il ciclo sui progetti degli architetti romani

di Redazione OAR

Una infezione virale che «dimostra la fragilità di un sistema basato su produzione e consumo di massa e non sulla, solo teorizzata, cooperazione comune». Paesi chiusi in lockdown, con la previsione della recessione economica peggiore di sempre. Settimane chiusi in casa per paura di infettare e essere infettati ci hanno fatto «temere e desiderare, allo stesso tempo, il contatto umano. Generosi ed egoisti contemporaneamente, noi, le persone, gli umani. Ci rifugiamo in uno spazio fisico sempre più isolato e protetto, ma ci hiper-connettiamo in uno spazio digitale e dilatato: bulimia tecnologica per avvicinarci da lontano. Tutto questo ci fa riflettere, come esseri umani e come architetti».

Da queste riflessioni – maturate nel pieno della fase acuta dell’emergenza epidemiologica da Covid19, ma che restano valide in un momento di grande incertezza come quella attuale – è nata l’idea di Super Spazio, reinterpretazione del manifesto di Archizoom e Superstudio della Superarchiettura, che compie un salto temporale dalla realtà del boom economico anni Sessanta alla situazione attuale, segnata dall’improvviso scoppio di una pandemia e dalle sue conseguenze su vita quotidiana, lavoro, relazioni sociali. A definirne i contorni sono stati la coppia di architetti Luigi Olivieri e Claudia Orsetti, che – dopo gli studi universitari a Roma (e non solo) e passando attraverso esperienze professionali, in corso o passate, in realtà di caratura internazionale, come UnStudio, Heatherwick Studio, Sanaa, Cino Zucchi – hanno fondato, da pochi mesi, .traccia. – studio multidisciplinare con base ad Amsterdam, attivo nel campi dell’architettura, della ricerca, del design e della fotografia.

Nell’ambito della carrellata di progetti presentati dagli architetti romani – che hanno risposto alla Call OAR (LINK) -, raccontati attraverso diversi articoli pubblicati sul sito dell’Ordine e rilanciati sui canali social (qui gli altri articoli della serie: LINK1, LINK2, LINK3, LINK4, LINK5), si propone quindi, a chiusura del ciclo, una riflessione sulle sfide del futuro della progettazione.

Nel loro manifesto (qui sotto in allegato), i due architetti prendono spunto dalla condizione nelle quale ci ha spinto il dilagare del contagio da Covid19 per riflettere – in generale – sul concetto di spazio. «Prima – osservano – progettavamo spazi specifici per funzioni specifiche: l’ufficio, il bar, il negozio, il museo. La casa come massima espressione di funzioni determinate: in cucina si cucina, in sala da pranzo di mangia. Fuori invece no, fuori c’era la piazza come grande palcoscenico sociale, lo spazio misto di tutto e tutti. Spazio privato e spazio pubblico». Oggi, invece, «solo ambienti flessibili e contenitori generici in grado di trasformarsi a seconda di fattori economici, cambiamenti climatici, demografici, culturali e religiosi sempre più mutevoli. Lo spazio (e il suo utente) è facilmente intercambiabile. L’ufficio è un bar, il negozio è un museo e viceversa. La casa è sempre più piccola, condivisa, ci si dorme e basta, perché l’importante è stare fuori, essere social, esserci. Tutto è pubblico, tutto è condiviso, compresi i nostri dati. Spazio privato volontariamente azzerato (nonostante l’abuso della parola privacy), e spazio pubblico moltiplicato fisicamente e amplificato digitalmente. E poi Sars, Mers, Covid19. Sempre più forti, sempre più frequenti. Ora quegli spazi per tutti non servono a nessuno. Dobbiamo stare a casa, dobbiamo isolarci».

Ci si interroga, allora, sulle similitudini con il passato e sull’approccio da adottare per i futuro. «Il boom economico degli anni ’60 è, allo stesso tempo – argomentano Olivieri ed Orsetti -, antitesi e analogia dell’attuale presente un po’ distopico che si trasforma, in questo nuovo manifesto, in provocazione per un potenziale indesiderato futuro. Per non tramutarlo in un’immagine permanente è necessaria una revisione dell’odierna interdipendenza economica e sociale, e un ritorno all’umano». In questo momento di crisi, proseguono – «la tecnologia si rivela indispensabile e preziosa. Ritorna finalmente al suo posto di strumento» e l’urgenza «ha attivato un cambiamento radicale di abitudini consolidate. Se fino ad oggi l’idea di home working per alcune professioni era inimmaginabile, nel giro di poche settimane ci si è adattati per necessità. Dovremmo forse imparare ad essere più resilienti in tempi normali? Ad abbracciare i cambiamenti in modo più aperto, veloce e flessibile? Siamo diretti a un collasso dell’economia come la conosciamo oggi o a una rinascita di un sistema più sostenibile?».

Ecco alcuni degli interventi di cui si sono occupati i due progettisti nel recente passato. Orsetti è stata, tra l’altro, designer in fase di progettazione schematica e di dettaglio e poi responsabile dell’intero involucro per Thousand Trees, progetto firmato da Heatherwick Studio a Shaghaii in Cina;  mentre per Olivieri, specializzato sul fronte delle applicazioni del legno in architettura, ci sono collaborazioni con università degli Stati Uniti e la consulenza per una serie di abitazioni unifamiliari, costruite in cross laminated timber. Tra i primi passi dello studio .traccia., invece, c’è il progetto presentato per il concorso Scalo Rogoredo a Milano (.traccia. + Simone Venditti, Elisa Versari, Julian Beqiri, Lorenzo Pellegrini), per la trasformazione di un’area di 116mila metri quadri. C’è inoltre l’intenzione di creare, nella campagna marchigiana, il progetto FARM – Fabrication Architecture Research Marche – un laboratorio di ricerca (business plan in fase di sviluppo) dove si uniscono architettura, ingegneria, arte, educazione, sperimentazione di materiali tecnologia e artigianato.

(FN)

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