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Architettura
17 Ottobre 2019

Al limite del design tra architettura, mercato e fruitori diretti

Sesta giornata di SPAM alla Casa dell’Architettura per andare oltre il design ed anelare un DreamDesign in una DreamCity. Certamente non è Roma il luogo più accogliente per un designer, o almeno così è nella concezione comune. Design significa progetto. Ma anche sperimentazione, ricerca, nuovi materiali, e poi c’è il richiamo a qualcosa di “cool” e “glamour”. Ed in questa simbiosi tra le parti Milano la fa da padrona.

“Roma vive di luce propria, di storia e di Colosseo. Milano, non avendo tutte queste alternative, ha dovuto costruire opportunità, dagli special events, alla moda, fino alla Biennale – racconta Marco Giammetta dello studio romano Giammetta Architects – l’una è proiettata sulla politica, l’altra sulle aziende”. Si parla di una Capitale soffocata dal pesante fardello del suo stesso passato e congelata in un drastico immobilismo. Gianluigi Giammetta dà la sua interpretazione: “Roma non vive una crisi di identità o delle idee, piuttosto è chiusa in una visione ottocentesca su cui si fa una fortissima resistenza. Contemporaneamente la politica è troppo presente ed arriva a controllare il business che a Milano è influenzato dalle aziende, traino di sviluppo e benessere”.

Come dare vita ad un meccanismo virtuoso che tenda un filo di congiunzione dal design fino all’architettura? Francesco Lucchese, architetto e designer di larga fama, racconta come sia stato il Politecnico di Milano a donargli una visione strategica innovativa: “Non esiste più un’azienda che ti chiede un disegno esecutivo. Il processo produttivo è un continuo scambio dialettico tra progettista e produttore, passando attraverso la sperimentazione, con l’obiettivo di inquadrare il prossimo futuro”.

Tutti concordi dunque a sfumare i confini tra la progettazione di oggetti di piccola e grande scala: “La parola design significa progetto e questo è tale sia che si ragioni in centimetri sia che si pensi in metri”, precisa Gianluigi Giammetta. Quello che resta, al di là di sottili differenze, è il dover rispondere ad una domanda e, attraverso un atteggiamento di profondo ascolto nei confronti degli utilizzatori finali, tendere ad un equilibrio finale che risponda ad una funzione. Lucchese parla di conoscenza e grandissima frequentazione tra gli attori convolti, quasi un fidanzamento. Osserva: “Un salone non è poi diverso da una piazza”: differiscono per dimensione, ma si incontrano per funzione e forma. Al limite del design troviamo l’architettura ed insieme si discostano dall’arte che non ha uno sfondo funzionale, ma solo emozionale.

Il design, nonostante le peculiarità territoriali, è comunque volano per l’economia italiana. Sergio Buttiglieri, style director dei cantieri nautici Sanlorenzo, ricorda che il 50% della produzione di yacht avviene in Italia. Ne spiega anche il motivo: “L’Italia ha un patrimonio di imprenditori virtuosi, che amano la propria azienda e che guardano al design con gusto e sensibilità – spiega – non è un caso che Starck e Morrison producano in Italia. Il made in Italy va di pari passo ad una imprenditoria illuminata, di cui abbiamo una lunga tradizione”. Si pensi ad Olivetti, Zanotta e Floss che, tra gli altri, hanno fatto la storia del design italiano. Antonia Crosetta, proprietaria dell’azienda di radiatori Tubes, rappresenta una realtà aziendale che, sin dal 2000, si interfaccia continuamente con designer ed architetti, fino a trasformare un termosifone in un oggetto cult di arredo. “Abbiamo dato forma nuova ad un oggetto funzionale, attraverso ricerca tecnologica ed estetica”, sottolinea.

Interessante scoprire come Buttiglieri accompagni sempre i suoi armatori nei migliori showroom di Milano per fargli toccare con mano i prodotti da scegliere, ma anche per raccontare la storia di quell’oggetto. “Il design nautico è complesso perché è l’ottimizzazione massima degli spazi in immaginari diversi a seconda del committente. Il tutto in tempi brevissimi e con un fortissimo lavoro di squadra che si incontra nelle radici della tradizione cantieristica e di design del nostro Paese”. (https://ordine.architettiroma.it/senza-categoria/yacht-design-larchitettura-incontra-la-nautica/)

Ci sono dunque margini per azioni concrete di design a Roma? Seppure non sia città di grande tradizione imprenditoriale, un’espressione concreta potrebbe nascere nella cura degli interni: in un contesto urbano dove la sostituzione edilizia, ed ancor di più le nuove costruzioni, sono occasioni rare, la cura del dettaglio e degli spazi chiusi diviene determinante. “Si pensi alla Rinascente o al Mercato coperto – ricordano i fratelli Giammetta – luoghi di incontro sociale ed alto valore architettonico. Purchè gli architetti diventino opinion leader, svincolando la politica da interessi commerciali vari”. (GV)

Redazione OAR

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