Aut Aut Architettura nasce nel 2016 dalla volontà di quattro architetti under 35 di costituire una piattaforma aperta a molteplici collaborazioni e contaminazioni, sia interne che esterne alla disciplina, in cui la curiosità di comprendere il contesto e di rispondere ai suoi stimoli assume un ruolo strategico.
La sede romana si proietta sulla scena internazionale attraverso collaborazioni, progetti, concorsi, pubblicazioni e conferenze, come quelle al Moscow Urban Forum, al London Festival of Architecture e alla Milano Arch Week. Lo studio ha ottenuto importanti premi e riconoscimenti internazionali, tra cui nel 2020 quello di “Giovane talento dell’architettura italiana” promosso dal CNAPPC Consiglio Nazionale degli Architetti.
INTERVISTA
Federica Andreoni – FA
AUT AUT ARCHITETTURA
Gabriele Capobianco – GC
Edoardo Capuzzo Dolcetta – ECD
Jonathan Lazar – JL
Damiano Ranaldi – DR
ATTITUDINE DI PROGETTO
FA – Qual è l’ambito prevalente in cui lo studio opera, sia attraverso ricerca e pratica progettuale?
JL – Ci approcciamo al progetto facendoci ispirare dal contesto in cui stiamo operando, studiandolo in maniera molto approfondita ogni volta. Per questo non c’è un vero e proprio fil rouge che tiene unite tutte le esperienze fatte, se non l’attenzione al contesto. Per questo i nostri progetti sono disomogenei, di fatto, e non si assomigliano molto tra loro.
Visto questo nostro approccio, ci stimolano particolarmente le occasioni in cui c’è un contesto fortemente caratterizzato: interventi sul costruito, su preesistenze importanti. Ultimamente abbiamo vinto il concorso sulle Cartiere di Tivoli, uno degli ambiti sicuramente più avvincenti con cui ci siamo confrontati finora. Si tratta di un’area di archeologia industriale, con preesistenze medievali e inoltre sita nella Valle dell’Aniene, in cui il confronto con il contesto naturale acquisisce una grande rilevanza.
FA – Quale tra le esperienze, tra quelle che avete affrontato finora, pensate siano più rappresentative di questo approccio?
JL – Per noi è molto significativo, da questo punto di vista, il progetto della Corte dei Liutai, a Pieve di Cento in provincia di Bologna, di cui abbiamo appena terminato la fase di redazione del progetto definitivo.
In questo caso, l’obiettivo del concorso era quello di riqualificare la piazza facendo rivivere la memoria dell’antica presenza ebraica nel territorio. Lo stimolo è venuto quindi non solo dal contesto fisico, ma anche da quello intangibile della storia del luogo.
I nostri riferimenti non sono mai però didascalici. Alla Corte dei Liutai per esempio, per rievocare la presenza storica della comunità ebraica, ormai scomparsa, abbiamo utilizzato un elemento naturale: la pianta del melograno. Questo frutto rappresenta infatti il popolo ebraico.
DR – Anche nel progetto As.In.O (Asilo Innovativo con Orto), con cui abbiamo vinto il concorso Scuole Innovative a Selargius in Sardegna, l’impianto dell’asilo e dell’orto botanico annesso richiama la tipologia tipica locale, quella della casa a doppia corte del campidano meridionale. Nell’utilizzo di questo riferimento c’era anche la volontà di criticare lo sviluppo urbanistico contemporaneo della città di Selargius che negli anni è crescita in maniera disomogenea e scomposta.
Inoltre, sempre ispirati dal territorio, abbiamo pensato di realizzare le tamponature della scuola e il recinto perimetrale dell’orto botanico annesso, in terra cruda; una tecnica sostenibile e fortemente legata alla tradizione.
LA PROFESSIONE DI ARCHITETTO A ROMA, IN ITALIA, ALL’ESTERO
FA – Quali sono le maggiori difficoltà e quali le opportunità nell’esercitare la professione di architetto a Roma e più in generale in Italia?
GC – Roma è sicuramente uno dei contesti più difficili in cui svolgere la professione dell’architetto in Italia. I concorsi che si sono fatti a Roma negli anni per esempio raramente hanno portato alla realizzazione, che è francamente una condizione molto scoraggiante.
Ci è capitato anche di riscontrare difficoltà nell’approcciare alcuni concorsi i cui bandi, usciti in rapida successione, avevano delle deadline incompatibili, soprattutto per una piccola realtà come la nostra. È anche piuttosto chiaro dai numeri di questi concorsi degli ultimi anni che non siamo gli unici ad essere scettici sui concorsi a Roma: un concorso in due gradi, in Italia, mediamente raggiunge circa cento proposte, mentre in alcuni degli ultimi concorsi romani ne sono state presentate meno della metà.
JL – Anche al di là di Roma, quello della mancata realizzazione dei progetti vincitori dei concorsi è un problema riscontrabile in tutta Italia. Basta pensare a tutta l’operazione “Scuole Innovative”, promossa dal MIUR, attraverso cui si proclamarono 50 progetti vincitori, nel 2018, dei quali ad oggi solo una parte infinitesimale ha avuto seguito senza che si garantisse ai vincitori di portare avanti in prima persona il progetto. La maggior parte delle proposte sono finite nel dimenticatoio, tra queste il nostro progetto che era risultato vincitore per il Comune di Selargius.
Sono condizioni decisamente sconfortanti.
Inoltre c’è il grave problema della mancanza di chiarezza e di trasparenza di alcuni concorsi. Abbiamo partecipato recentemente ad un concorso per un polo scolastico a Paliano, in provincia di Frosinone; dove, oltre a noi, hanno partecipato anche affermati professionisti romani. È risultato vincitore il progetto presentato da una società di ingegneria, a nostro avviso discutibile da un punto di vista della qualità architettonica; dopo aver preso contatto con gli altri partecipanti abbiamo scritto congiuntamente una PEC al RUP del concorso mettendo in copia l’ANAC, l’OAR e il CNAPPC, contestando gli esiti del concorso ed evidenziando puntualmente gli aspetti lacunosi della proposta vincitrice.
ECD – Ad oggi la nostra unica opera di nuova costruzione realizzata, seppur da committenza italiana, si trova in Madagascar.
Nel 2017, abbiamo ricevuto l’incarico per la progettazione di una scuola con alloggi sull’isola di Nosy Be, a nord dello stato malgascio.
L’iniziativa, promossa e finanziata dalla ONG “Giovanna per il Madagascar”, prevedeva la costruzione di un edificio che potesse ospitare i bambini orfani dell’isola e accogliere le loro attività didattiche.
Attraverso una non facile direzione lavori, eseguita a distanza e in costante comunicazione con le maestranze locali, siamo riusciti a completare l’opera nel 2019, opera con cui abbiamo ottenuto il prestigioso riconoscimento di “Giovane talento dell’architettura italiana 2020” da parte del CNAPPC.
GC – Per quanto riguarda gli interventi di interior, sono stati da poco portati a termine i lavori per la rifunzionalizzazione di uno spazio all’interno di una scuola elementare pubblica ad Udine. Il progetto è frutto di una stimolante collaborazione con la “Fondazione Reggio Children” supportata da “Enel Cuore” per il progetto “Fare Scuola”.
Il progetto, ispirandosi all’idea di Loris Malaguzzi di spazio come terzo insegnante, propone uno spazio stimolante, dinamico ed appropriabile. L’aspirazione è stata quella di donare ai bambini della scuola un ambiente molto diverso dagli altri, la cui forte identità potesse instillare in loro il desiderio di frequentarlo.
L’intervento ha previsto l’inserimento di un dispositivo perimetrale che funge da seduta, cassapanca, teca, libreria, deposito, etc. La sua articolazione suggerisce attività che vanno dalla lettura al teatro, dalla musica alla botanica, senza definirle in maniera netta, al fine di massimizzare la flessibilità e permettendo la contaminazione dei saperi stimolando le dinamiche relazionali.
DR – Nonostante tutto, per il nostro approccio progettuale molto legato al contesto in cui si interviene, il territorio italiano è estremamente stimolante. Per questo ci piacerebbe molto poter lavorare sul patrimonio del paese nella maniera più fluida possibile.
FA – Avete mai lavorato a Roma?
JL – Sì, abbiamo progettato insieme ad Insula un hotel a Trastevere. Si tratta della rifunzionalizzazione di un edificio esistente, nato come residenziale e successivamente utilizzato come caserma. Si trova ora nelle ultime fasi di cantiere.
È stata la nostra prima esperienza nell’ambito dell’architettura ricettiva ed è stato molto interessante operare su una preesistenza del centro di Roma.
Successivamente siamo intervenuti anche sull’Hotel delle Muse, in zona Parioli. Si tratta di un progetto di interior che vedrà negli anni il rinnovamento completo della struttura che per il momento è iniziato con la realizzazione di alcune stanze mokeup.
ECD – Oltre a quello ci siamo occupati del progetto e della direzione lavori della nuova sede del ristorante Marzapane, in via Flaminia. Da novembre 2020 e gennaio 2021, in piena emergenza sanitaria, abbiamo portato avanti un cantiere velocissimo. Il locale, che si sviluppa su tre livelli, costituisce una vera e propria eccezione nel tessuto urbano della zona.
Inoltre è da poco iniziata un’importante ristrutturazione di una villa all’Aventino, progettata da Andrea Busiri Vici a metà degli anni ‘30. Una preziosa occasione per misurarsi e apprezzare, imparando, il lavoro di una delle figure più note nel panorama capitolino.
CONCORSI
FA – Nella vostra esperienza che peso e che significato ha lo strumento del concorso di architettura?
ECD – Riteniamo il concorso uno strumento preziosissimo. Tra l’altro mi preme raccontare che è solo dopo aver vinto un concorso di idee che abbiamo deciso di darci un nome e iniziare la nostra collaborazione in maniere continuativa.
Ci sono stati periodi in cui ci siamo dedicati più intensamente ai concorsi e altri meno, ma sicuramente è una parte fondante della nostra agenda.
DR – Sì, è importante per fare ricerca soprattutto, per misurarsi con qualcosa di nuovo. Per esempio con il concorso di Tivoli ci siamo confrontati per la prima volta con il tema, davvero molto stimolante, dell’auditorium.
Crediamo nello strumento del concorso, dunque, ma crediamo sia importante che vengano concepiti bene e con la consapevolezza che non siano concorsi fini a sé stessi. La qualità della giuria, la chiarezza del procedimento, la giusta retribuzione ai progettisti – anche in relazione alle richieste – sono tutti elementi che concorrono a rendere un concorso valido e utile a far lavorare bene i progettisti e le amministrazioni.
GC – Rispetto a qualche anno fa, sicuramente riconosciamo adesso una stagione più felice in cui vengono promossi più concorsi. Anche su Roma sono stati promossi diversi concorsi, resta ovviamente da verificare che si portino a compimento con le realizzazioni.
Un’altra questione che ci preme sottolineare è l’inadeguatezza che riscontriamo spessissimo, purtroppo, negli importi lavori dei concorsi. I riferimenti utilizzati per la stesura dei bandi sono opere realizzate anni prima e che non tengono in considerazione che, anche solo i criteri ambientali minimi dettati dalla normativa attuale sono decisamente più costosi di quello che viene stimato dalle stazioni appaltanti. Per cui non è raro trovare richieste di realizzare una scuola con 800 €/mq che è oggettivamente impossibile. È sicuramente un altro dei problemi che genera ritrosia dei professionisti nei confronti di certi concorsi.
CONTAMINAZIONI
FA – Quali altri settori, influenze e contaminazioni sono presenti nel vostro lavoro? Con chi collaborate o vi confrontate quando progettate?
JL – Già all’interno del mondo delle costruzioni ci siamo ritrovati spesso a collaborare con altri professionisti. Per il Nuovo nido di Manifattura Tabacchi, a Firenze, che è in fase di progettazione esecutiva, stiamo dialogando strettamente con geologi, impiantisti, strutturisti… Ci sono molte professionalità, che non parlano la nostra stessa lingua se vogliamo, e che come architetti abbiamo anche il compito di coordinare.
Inoltre, fino a qualche mese fa, per un periodo abbiamo condiviso lo spazio dove lavoriamo con una fashion designer con cui abbiamo collaborato nella progettazione di alcuni elementi di piccola scala per l’Hotel delle Muse, come le tappezzerie per esempio.
ECD – Per il ristorante Marzapane, abbiamo passato giornate intere in cucina! Abbiamo appreso dagli chef le necessità spaziali dettate dai loro movimenti e dai loro gesti.
NEXT – IL PROSSIMO PASSO
FA – In che direzione state andando? Su cosa vi state concentrando?
JL – Sicuramente vogliamo proseguire, parallelamente alle altre commesse, con i concorsi, soprattutto all’estero. Vorremmo ricercare più opportunità all’estero, anche nella speranza che le condizioni siano diverse, ma ovviamente ci piacerebbe poter lavorare in Italia.
Allo stesso tempo speriamo che si concretizzino gli incarichi dei concorsi che abbiamo già vinto e che si arrivi presto alla realizzazione del Nuovo nido di Firenze, che è in fase di progettazione esecutiva.
DR – Speriamo, insomma, di vedere premiati gli sforzi che abbiamo fatto finora.
Intervista di Federica Andreoni, Redazione AR Web