“Domus Aurea è il suo nome ma aurea non è tanto per l’oro e i materiali preziosi che sicuramente facevano parte di essa, ma aurea era proprio la straordinaria luce di Roma che entrava in maniera abbondante all’interno di questi spazi. Due architetti, Severo e Celere, vengono descritti dalle fonti come machinatores, quasi come creatori di effetti speciali, capaci di manipolare luce, acqua, atmosfera, come se fossero materiale da progettazione e governavano questi spazi in maniera del tutto nuova.”
Stefano Borghini, curatore della mostra “Raffaello e la Domus Aurea. L’invenzione delle grottesche” (Roma, Domus Aurea – 23 giugno 2021, 3 aprile 2022).
Esiste un monumento che ha il nome che ricorda la luce di Roma, la Domus Aurea, che gli architetti avevano inondato di luce, facendone una architettura di luce. Nell’esposizione ci sono luci soffuse per ricordare gli studi che facevano gli artisti del Rinascimento calandosi nel buio, ma per ricordare la luce della villa, ogni venti minuti la mostra perde la sua rievocazione per sancire con l’illuminazione (ora luce artificiale) che aveva quasi 2000 anni fa. Roma ha sempre dato molta importanza alla luce. E questa villa è un grande esempio.
Nell’ambito della formazione OAR abbiamo sviluppato numerosi argomenti con corsi e webinar, con numerosi colleghi iscritti che hanno apprezzato sia i relatori che i temi che sono stati trattati. Nell’ultimo anno, causa Covid, siamo passati ai corsi on line, cosa che ha dato una nuova visione sui rapporti con gli Ordini di Architettura.
Abbiamo deciso di unire alla programmazione formativa un insieme di articoli che prendano in esame gli argomenti più importanti e parlino delle prospettive che ci sono, attraverso l’acquisizione di nozioni e riflessioni, fino ad ampliare e creare un metodo di confronto. Infatti questi articoli, con contributo dei docenti e dei nostri colleghi, possono diventare una vera e propria palestra di confronto sui vari temi.
Una delle tematiche più intriganti e ricorrenti è la luce, sia naturale che artificiale; insieme al vento, il suono e la pioggia, sono tra gli elementi più efficaci, da conoscere, per cambiare l’architettura contemporanea. In parte per il cambiamento climatico, e quindi interagisce con il risparmio energetico attivo, in parte per la resilienza. Nuovi temi che, saltando la civiltà dei combustibili fossili – in parte con la bioarchitettura che si è ricongiunta con il passato e d’altra parte con la resilienza – si stanno avvicinando al futuro.
La luce naturale rientra nel controllo della illuminazione solare e quindi il posizionamento del sole, o la luce soffusa filtrata crea un gioco di luci e ombre (ispirato ai suk orientali).
Viene in mente la palazzina del Girasole di Luigi Moretti, costruita nel quartiere Parioli negli 1947-50. Essa prende il nome del Girasole proprio per il rapporto che ha con la luce, la quale entra attraverso delle lamine laterali, e con una luce diversa, lavora con il prospetto principale, con un taglio per consentire alla luce di entrare e dilagare.
Campo Baeza “E alla fine del giorno sempre una finestra alta verso ovest fende nuovamente lo spazio introducendo l’ultima diagonale di luce, che ascenderà verticalmente lungo il muro opposto fino a svanire con le ultime luci del ponente.”
Nell’elettromagnetismo classico la luce veniva rappresentata come un’onda; Einstein, nel 1905, suppose che la luce, composta da corpuscoli, toccando gli atomi trasmetteva, agli elettroni più esterni, l’energia; la teoria della relatività non distrugge la teoria di Maxwell, ma in realtà la perfeziona.
Per fare un buon progetto di illuminotecnica (posizionamento e numero di lampade che servono per ottenere un’illuminazione adeguata e ottimizzata al meglio), bisogna avere competenze di: architettura, design, psicologia, fisiologia della visione, oltre avere l’aiuto essenziale di un programma elettronico. Inoltre bisogna sapere quali particolari devono essere valorizzati, l’atmosfera che si vuole ipotizzare, fino a creare degli scenari, che cambiano secondo le occasioni e illuminano le location, non in modo uniforme, diversificando nel tempo e nello spazio. È dunque importante avere sempre un’idea di illuminazione.
Una formula importante, che occorre conoscere, è quella del calcolo illuminotecnico:
Flusso luminoso totale = Em S / U M.
Otterremo così il flusso luminoso che, una volta diviso per la potenza della singola lampadina, ci darà il numero di lampade, a Led, esatto, necessarie per un’adeguata illuminazione.
La luce, come tutti gli elementi naturali, esiste indipendentemente dal costruito e interagisce con l’opera umana a prescindere dalla nostra volontà, possiamo quindi considerarla come una delle chiavi di lettura dello spazio.
Nel linguaggio visivo la luce è fondamentale perché condiziona la nostra percezione di ciò che ci circonda, cambiando il colore degli oggetti, evidenziando la loro forma, creando atmosfere particolari che ne modificano l’estensione dello spazio percepito. La luce proiettata su un elemento lo rende visibile, secondo la lunghezza d’onda della luce che gli oggetti riflettono, dandoci la sensazione del colore.
“La luce è una cosa che non può essere riprodotta ma deve essere rappresentata attraverso un’altra cosa, attraverso il colore. Sono stato contento di me, quando ho scoperto questo.”
Queste sono le parole sulla luce di Paul Cezanne, su come rappresentarla e sull’importanza del colore per la luce.
Anche J. W. Goethe si sofferma sul colore e in particolare su le sensazioni collegate:
“L’esperienza insegna che ogni singolo colore dona un particolare stato d’animo” (J. W. Goethe).
I colori hanno difatti molta influenza sulle condizioni psicologiche delle persone, l’effetto cromatico è importante per la realizzazione delle architetture (per stereotopi):
Isaac Newton scoprì che la luce bianca riunisce in se tutti i colori, che possono essere scomposti facendoli passare attraverso un prisma a dispersione. Il colore bianco ha in realtà molteplici sfumature, che possono andare dal colore bianco sporco (una cromia luminosa che trasmette relax), al colore bianco perla (è un colore freddo ma non cupo), al colore bianco avorio (un colore pregiato che illumina le volumetrie), al colore fiori di zinco (giallo pallidissimo) (e altre sfumature);
- Per la bioarchitettura i colori sono alternativi al loro posizionamento, colori caldi a nord, colori freddi a sud;
- Per la cromoterapia, i colori sono collegati alle azioni delle persone;
- Secondo il feng shui c’è un colore dominante delle stagioni.
Le Corbusier asserisce in suo pensiero del 1930 che: “bisogna dare a ognuno la possibilità di conoscersi riconoscendo i propri colori”, anticipando il rapporto tra i colori e il benessere fisico. Il colore, con tutte le variabili che abbiamo scritto sono dei mezzi (non gli unici), per vivere meglio.
La luce cambia durante il giorno i suoi colori (a parità di fenomeni meteorologici): Aurora (dal nero al viola, fino al rosso o all’arancio); Alba (dal rosso o dall’arancio al giallo); Mattino (dal giallo al bianco); Mezzogiorno (bianco tendente all’azzurro); Pomeriggio (dal bianco al giallo); Tramonto (dal giallo, all’arancio o al rosso); Crepuscolo (dall’arancio o dal rosso al viola, e poi fino al nero).
Claude Monet ha rappresentato con trenta dipinti questo cambio di colori durante il giorno, dipingendo la Cattedrale di Rouen, ma in realtà pitturava le sensazioni dei colori che cambiavano il suo stato e lo stesso oggetto. Quindi la sensazione impressionistica presente nel quadro andava quasi a interagire con le scoperte che si avranno in seguito con gli espressionisti, con il colore che cambiava, rimanendo una impressione di realtà.
La differenza della luce fredda e calda esiste anche nella luce artificiale (temperatura di colore della luce): una luce calda e dai toni ambrati, ha una temperatura inferiore ai 3.300 Kelvin; la temperatura di una luce naturale, di colore bianco, rientra tra i 3.300 ed i 5.300 Kelvin; una luce fredda, il cui colore vira sull’azzurro, ha una temperatura superiore a 5.300 Kelvin. La luce calda può essere consigliata per il riposo e il relax, mentre la luce fredda può servire negli ambienti lavorativi.
La luce, in generale è uno degli elementi fondamentali del linguaggio visivo, allo stesso piano di elementi fisici come la linea, la superficie, il volume, tutti fattori importantissimi nell’analisi di una qualsiasi opera d’arte, sia una pittura che una scultura o un’opera architettonica.
Nel 1923 Le Corbusier l’aveva scritto nel saggio “Verso una Architettura”, definendo quali sono gli elementi che formano il volume dell’architettura e ciò che riescono a formare con la luce:
“L’Architettura è il gioco sapiente, rigoroso e magnifico, dei volumi assemblati nella luce.
I nostri occhi sono fatti per vedere le forme sotto la luce; ombre e luci rivelano le forme; i cubi, i coni, le sfere, i cilindri o le piramidi sono le grandi forme originarie che la luce rivela; la loro immagine ci appare netta, tangibile, senza ambiguità.
È per questo che sono belle forme, le più belle forme. Tutti concordano su questo, il bambino, il selvaggio, il metafisico.”
La luce dà origine allo spazio ed esalta la terza dimensione facendo risaltare così il volume e di conseguenze le ombre.
L’architetto, attraverso la luce, ha gli elementi, quasi come lo scultore, per creare giochi di luce:
- la luce incidente che si ha quando una fonte di luce colpisce le superfici lateralmente, generando contrasti molto netti tra zone chiare e zone scure, determinando la consistenza dei volumi. In pittura questo effetto può essere ottenuto in vari modi, per esempio contrapponendo pennellate scure a pennellate chiare;
- la luce zenitale che illumina stanze, interni od oggetti da sopra creando una luminosità lieve ma allo stesso tempo connotata da atmosfere suggestive;
- la luce diffusa, quando ci sono diverse fonti di luce, come ad esempio una stanza con più finestre. In questo caso gli oggetti saranno percepiti con la massima chiarezza, ombra e luce di solito tendono a mescolarsi con delicatezza e non avremo stacchi evidenti tra zone chiare e zone scure;
- sulla struttura verticale di una facciata avremo i coni di luce a fascio stretto che accentuano l‘effetto di articolazione verticale;
- illuminazione uniforme per illuminare una facciata massiccia illuminata attraverso degli uplight e dei downlight (creano disturbi i coni); non fanno ombre portate i wallwasher, gli apparecchi ad incasso da pavimento sono invisibili dal punto di vista architettonico.
- la luce indiretta che si ottiene puntando su una parete che poi la riflette dà una sensazione di un luogo caldo e accogliente;
- se la sorgente di luce sta dietro l‘oggetto che osserviamo avremo l’effetto controluce. In questo caso lo sfondo risulterà molto chiaro e brillante e l’oggetto, invece, scuro e piatto contribuendo a effetti fortemente simbolici.
Fino a fare della facciata un foglio bianco dove proiettare opere di videomapping, come è successo per il Palazzo della Farnesina (‘Farnesina: Digital Art Experience’) e con altri edifici a Roma e nel mondo dove disegni a tre dimensioni si son succeduti per circa un’ora opere di Antaless Visual Design, Antica Proietteria, Apparati Effimeri, FLxER, Kanaka Studio, Luca Agnani Studio, Michele Pusceddu, MONOGRID, Mou Factory, Olo Creative Farm, OOOPStudio, Pixel Shapes, THE FAKE FACTORY e WöA Creative Company.
(PROGETTO – Bright ART: Farnesina Digital Experience (brightfestival.com)
Ci sono anche dei volumi, illuminati per lo più da luce artificiale, che diventano una lanterna (il Kursaal a San Sebastian di Rafael Moneo, il Museo Atkins di Steven Holl o la Mediateca di Sendai di Toyo Ito). Per lo più filtrate da estetiche provenienti da Oriente, dove la tradizione della carta di riso fa intravedere le ombre delle persone umane che vi abitano e dove oggi l’architettura, con le strutture completamente vetrate, può creare degli effetti molto dinamici.
È fin dal Rinascimento che la luce di forte intensità torna protagonista, seguita da quella teatrale e suggestiva tipica del Barocco. Qui nasce l’usanza di nascondere la fonte stessa della luce, avendone comunque spazi inondati.
Giacomo Balla con Lampada ad arco del 1909-1911 (New York, Museum of Modern Art), scrivendo ad Alfred Barr jr, nel 1954, in seguito all’acquisizione dell’opera da parte del MoMA, spiega la superiorità di un bagliore elettrico, rispetto all’ispirazione prodotta da un chiaro di luna romantico, facendo così nascere il secolo dei lumi.
Libro d’ombra è un saggio dello scrittore giapponese Jun’ichirō Tanizaki pubblicato nel 1933:
“V’è forse, in noi Orientali, un’inclinazione ad accettare i limiti, e le circostanze, della vita. Ci rassegniamo all’ombra, così com’è, e senza repulsione. La luce è fievole? Lasciamo che le tenebre c’inghiottano, e scopriamo loro una beltà. Al contrario, l’Occidentale crede nel progresso, e vuol mutare di stato. È passato dalla candela al petrolio, dal petrolio al gas, dal gas all’elettricità, inseguendo una chiarità che snidasse sin l’ultima particella d’ombra”.
Un’altra civiltà,un’altra concezione della luce.
L’ombra può creare anche dei disegni, tipico è il caso delle ombre cinesi, ma anche delle opere artistiche dove l’ombra è più importante della luce e i disegni si fanno manipolando l’oggetto che crea un’ombra.
Ma naturalmente, la natura incorporea della luce ne rende difficile la rappresentazione grafica, ottenibile in genere attraverso il disegno del suo negativo cioè l’ombra, pertanto si avvalgono di quest’ultima, gli strumenti più tradizionali della rappresentazione dell’architettura: il disegno geometrico, la pittura e la fotografia come metodo di verifica e di controllo progettuale.
Ne consegue l’aspetto imprescindibile tra luce ed ombra come fattore importante nelle arti visive. Innumerevoli sono gli esempi di pitture in cui il gioco del chiaroscuro è fondamentale nella rappresentazione d’insieme dell’opera. A maggior ragione nella scultura questo rapporto viene enfatizzato e in alcuni casi esasperato per raggiungere un esatto equilibrio dei volumi. In architettura questi aspetti assumono caratteri emozionali che rendono unici gli spazi generati.
Sappiamo che per ombra s’intende la zona di oscurità più o meno intensa che si ha quando un corpo di natura opaca viene interposto tra una sorgente luminosa ed un piano illuminato, generando due ombre, una propria, che è quella che si forma sull’oggetto e l’altra, quella portata, che è quella che l’oggetto proietta a terra. I maestri dell’architettura hanno spesso utilizzato questo rapporto tra luce e ombra per realizzare spazi di notevole intensità emotiva, che mutano con il passare delle ore del giorno, passando da contorni netti e definiti a contorni sfumati trasformando in modo continuo gli spazi architettonici. Di conseguenza l’utilizzo della luce come elemento architettonico è spesso accompagnato da ombre generate sulle superfici che sembrano dialogare tra loro.
Il variare della luce naturale determina il passaggio del tempo (la quarta dimensione). Sempre Einstein affermava che tanto aumenta la nostra velocità nello spazio, rapportata alla luce, più per noi rallenta il tempo. Il termine quarta dimensione è generalmente riferito a un’estensione degli oggetti ulteriore rispetto alla lunghezza , alla larghezza e alla profondità, che implica la necessità di un’ulteriore coordinata, oltre a quelle spaziali, per individuare univocamente la posizione dei punti.
Le Corbusier si appella alla quarta dimensione con linguaggio criptico: “la quarta dimensione è un momento di fuga illimitata, evocata dalla consonanza estremamente armonica dei mezzi plastici utilizzati”. Eredita dal Cubismo la sovrapposizione delle forme avvicinandosi allo spaziotempo inteso come entità indivisibile avvicinando la sua visone con quella di Einstein, con cui aveva avuto modo di scambiarsi alcune opinioni. Sempre la luce disegna le linee, le sovrapposizioni e la materia.
Mentre è noto il rapporto di Le Corbusier con la luce naturale, meno conosciuto risulta il suo lavoro sulla luce artificiale, realizzato a partire dagli anni ’20, poi insieme a Charlotte Perriand, collaboratrice nello studio in rue de Sèvres fin dal 1927 (e poi instancabile e versatile progettista), disegnando apparecchi utili tra cui “Lampe de Marseille”, ideata per illuminare gli appartamenti delle celebri Unitées d’Habitation realizzate a Marsiglia tra il 1947 e 1955, che permette di fare luce diretta e luce indiretta con doppia parabola tronco-conica.
Finora si è visto come la luce, assumendo un ruolo determinante all’interno dell’organismo architettonico, diventa elemento fondamentale dei caratteri che compongono l’architettura, questo succede soprattutto in quella sacra.
“La struttura determina la luce”, con questa espressione Louis Kahn intende per struttura la costruzione nella sua essenzialità. Kahn parla di spazi significativi, di temi architettonici distinti secondo la loro funzione profonda, attraverso la struttura e la luce. Questi i criteri che troviamo nelle sue maggiori opere, dove caratterizza l’impianto architettonico in funzione della luce, come ad esempio nella Prima Chiesa e Scuola Unitaria – Rochester, New York, USA, 1959-1967.
Nel volume centrale dell’opera architettonica, caratterizzato da linee elementari, la luce esalta il carattere di sacralità, scendendo all’interno dello spazio architettonico, attraverso delle torri-lucernario situate ai quattro angoli.
All’esterno il complesso si presenta come una scansione ritmica di elementi verticali, di masse scavate e piene dove il prefetto equilibrio tra luce ed ombra genera una qualità volumetrica interna attraverso il passaggio di una luce filtrata. Pertanto, la luce può assumere un carattere centrale di progettualità fino a poter delineare con la propria espressività un ruolo fondamentale all’interno dello spazio architettonico.
Altro esempio importante nel panorama architettonico è la figura di Tadao Ando che definisce la luce come materiale di costruzione: “Io credo che i materiali di costruzione non si limitino al legno o al cemento, i quali hanno forme tangibili, ma vadano oltre e comprendano anche il vento e la luce, che si appellano ai sensi”.
Nella Chiesa della luce – Ibaraki, Osaka, Giappone, 1987-1989, applica tali concetti, incidendo in una delle pareti minori una croce per tutto lo spessore della muratura. L’asse longitudinale della pianta dell’edificio è orientato in modo che l’altare e la croce di luce stiano a sud, così da accogliere i raggi solari più diretti durante l’arco della giornata. In questo modo il fascio luminoso proiettato nello spazio oscuro interno genera una tensione spaziale tra luce ed ombra.
Un altro aspetto fondamentale è la giusta valorizzazione di un’opera d’arte, esposta all’interno di uno spazio architettonico, questo può avvenire anche all’interno di spazi sacri che ospitano pitture o sculture. Molto spesso non diamo importanza alla posizione della fonte di luce che spesso modifica profondamente il nostro modo di percepire lo spazio. Il numero delle fonti di luce e la loro posizione sono elementi importanti da tenere in considerazione quando osserviamo un paesaggio, una fotografia o, a maggior ragione, un’opera d’arte. Spesso l’illuminazione è unica e frontale e l’effetto principale che si ottiene è l‘annullamento del volume dell’oggetto illuminato. Pertanto, è buona norma progettare una illuminazione generale ed una particolare per l’opera esposta, che naturalmente non sia eccessiva, considerando anche i colori, texture, rilievi ecc. in modo che vi sia una giusta resa dell’opera d’arte in rapporto all’organismo architettonico e calibrando opportunamente l’utilizzo di luce naturale e di luce artificiale.
Importante il pensiero di Bruno Zevi, secondo cui le quattro dimensioni non sono sufficienti a “contenere lo spazio interno (dell’architettura), quello spazio che non può essere rappresentato compiutamente in nessuna forma, che non può essere appreso e vissuto se non per esperienza diretta”.
Ricordando l’affermazione di Einstein sul rapporto tra la luce e il tempo, se la quarta dimensione è il tempo, la luce può essere considerata la quinta dimensione dell’architettura. (Su “Le dimensioni dell’Architettura”, vedi Elodia Rossi: http://www.elodiarossi.it/vi-le-dimensioni-dellarchitettura/)
La luce è, o meglio dovrebbe essere, sincrona con i tempi in cui è realizzata l’opera; occorre cioè pensare all’edificio illuminato da scenari opportunamente progettati, e rappresentati secondo gli usi che si fa dell’oggetto illuminato.
Un esempio significativo è il Mondo sospeso, presentato all’inaugurazione delle Olimpiadi di Tokyo 2020, dove hanno creato una Terra sospesa in aria composta da numerosi droni.
Una luce naturale che occorre progettare specialmente per il benessere di chi vi abita o di chi lo frequenta; una luce artificiale, sempre più costituita da led che occorre sincronizzare con gli scenari, sempre più spesso comandati dalla domotica; e la scenografia sempre più invasa da luci artificiali che sostituiscono disegni e cartongesso.
Lavori di videomapping, o i droni comandati da computer, sono le nuove prospettive della illuminazione d’arte e scenografica.
Alberto Giampaoli e Giuseppe Parisio
Alberto Giampaoli
Architetto
Componente del CTF, Comitato Tecnico Formazione Ordine Architetti P.P.C. di Roma e Provincia
Referente OAR, percorso formativo sulla Professione
Giuseppe Parisio
Architetto
Componente del CTF, Comitato Tecnico Formazione Ordine Architetti P.P.C. di Roma e Provincia
Referente OAR, percorso formativo sulla Tecnologia e Strutture
Nell’immagine di copertina: Porta Milano | Alberto Campo Baeza con Paulo Henrique Durao | Milano (competition), 2009.