“Ciò che, quando la pandemia sarà terminata, l’architettura e l’urbanistica dovrebbero fare è qualcosa di molto semplice: sviluppare le agende che erano già sul tavolo prima della pandemia; dobbiamo agire negli ambiti ai quali avevamo già pensato.
Quello che forse potremmo imparare da questo periodo è che abbiamo bisogno del pubblico.
I nostri governi devono essere più forti e avere più potere; bisogna costruire la città dal potere pubblico e con il potere pubblico.”
Con queste parole, forse ottimistiche ma certamente pertinenti, Javier Arpa Fernández riassume il suo pensiero sul contributo che la nostra disciplina può e deve dare per la ripartenza post-crisi.
Ospite al Festival SPAM, durante la giornata dedicata ad “architettura e politica”, Javier Arpa Fernández ha tenuto una caleidoscopica e stimolante lecture, esponendo alcune delle ricerche svolte in qualità di coordinatore presso la Why Factory – think tank e istituto di ricerca globale guidato da Winy Maas presso la TU Delft – e come caporedattore presso lo studio olandese MVRDV e come vicedirettore della rivista DOMUS nel 2019.
Everything is now è il titolo della lecture.
Creare nuove identità, esplorare l’idea dell’infinito, calcolare e immaginare le città del futuro sono alcuni dei principali temi di ricerca della Why Factory.
La visione della città futura immaginata in Why Factory è una città veloce, verde, divertente, “biodiversa”, produttiva, intensa, aperta, diversa, adattabile.
Ma, piuttosto che concentrarsi solo sul futuro, ci si chiede: come è il nostro presente?
I dati ci dicono che entro il 2050 la maggior parte della popolazione vivrà in città: contrapponendosi a questa previsione Javier Arpa Fernández dichiara che non vivranno in città, ma vivranno nelle periferie delle città. In questo senso, sostiene che il mondo non si sta urbanizzando, si sta periferizzando.
Guardando al presente, il quadro cui ci troviamo di fronte è catastrofico, al bordo di un precipizio: la crisi climatica, la perdita della biodiversità, la disuguaglianza sociale, il disordine politico, l’urbanizzazione rampante, la sovrappopolazione, la migrazione, la misoginia aggressiva, il suprematismo bianco, lo sfruttamento capitalistico della Terra, il rilievo dell’intelligenza artificiale, sono le componenti del nostro presente.
Cosa fare?
Abbiamo una visione?
Abbiamo un ordine del giorno per far fronte a questa situazione drammatica?
Come vogliamo diventare?
Tra le domande che Javier Arpa Fernández si pone, in maniera molto provocatoria, c’è anche questa: chi non vorrebbe vivere in un mondo più responsabile, aperto, curioso, verde, autosufficiente, “biodiverso”, umano, sociale, aperto, accessibile, democratico, libero, adattabile, diverso, eterogeneo, accogliente, storico, gradevole, bello, eccitante?
In breve, chi non vorrebbe vivere in un mondo meraviglioso?
Per farlo è necessario approfondire tutte le scale, dal molto piccolo al molto grande, perché tutto è urbanistica in questa visione esposta da Javier Arpa Fernández, una visione politica.
Due anni fa, in occasione della nomina di Winy Maas a direttore della rivista DOMUS, ha avuto inizio la ricerca che ha portato alla pubblicazione dei dieci numeri usciti nel 2019. Attraverso questa ricerca, The Why Factory ha attentamente analizzato i drammi che attanagliano il presente e ha immaginato nuove visioni.
Tra queste rientrano per esempio le riflessioni sull’acqua, sul tempo libero, sulla sensibilizzazione, sullo sfruttamento delle piantagioni intensive, sulla produzione di plastica PET, la Brexit, l’Europa, il turismo, i rifugiati, la propaganda politica, le nuove infrastrutture, il neocolonialismo, il ruolo dell’Africa e dell’India, la speculazione edilizia.
Come in una sorta di Grand Tour del Ventunesimo secolo, Javier Arpa Fernández per anni ha viaggiato soprattutto in Spagna, analizzando gli esiti derivanti dalla bolla speculativa dell’edilizia privata del periodo 1998-2008. Durante la lecture mostra i devastanti e orrendi risultati dell’urbanistica “fast-food”, così come la definisce e prova a chiedersi che cosa dovremmo farcene ora con i relitti che abbiamo creato.
Durante la lecture, in sostanza, Javier Arpa Fernández lancia al pubblico una serie che appare infinita – e molto sconfortante – di quesiti, problemi, domande.
Non ci resta che immaginare e pensare alle risposte, che non possono evidentemente più attendere, e così come Javier Arpa Fernández conclude, comprendere che abbiamo bisogno di visionari.
Federica Andreoni, Redazione AR Web